Tre uomini si confrontano intorno a un tavolo (virtuale o reale che sia) sul perché nel mondo della cucina non ci sono donne chef. È più o meno quello che è successo nella puntata di ieri del programma radiofonico di Radio 24 La Zanzara, ed è il più lineare e limpido racconto di cosa sia il mansplaining, superato probabilmente solo dalla mascolinissima tavolata di Porta a Porta in cui si discuteva dell’interruzione volontaria di gravidanza.
E poco importa se Max Mariola, David Parenzo e Giuseppe Cruciani abbiano sostenuto cose giuste o sbagliate (indovinate un po’? Erano sbagliate, e chi l’avrebbe mai detto). Quel che importa è che un tema espressamente di rilevanza femminile (le donne sono in grado di reggere la fatica di una cucina?) è stato, ancora una volta, trattato da un parterre di soli uomini, che si sono sentiti perfettamente in diritto di dare la loro personalissima soluzione alla questione, senza che mai a nessuno di loro sia venuto in mente di chiedere a una donna cosa ne pensasse.
Le donne in cucina
Perché sarebbe stato interessante farlo, invece. Le donne in cucina esistono, e qualcuno dovrebbe presentarle a Mariola, chissà che non imparasse qualche insegnamento gastronomico che vada oltre al preparare una sexy carbonara erotica al tavolo dei suoi clienti, come racconta (sempre ridacchiando cameratescamente) ai microfoni de La Zanzara.
Le donne in cucina esistono, e se sono ancora poche (questo è tristemente vero, ed è sotto gli occhi di tutti, pure della Guida Michelin) non è tanto perché il lavoro è troppo duro, quanto perché la loro vita professionale è resa impossibile (dalla mancanza di ammortizzatori sociali, per esempio, o di orari che permettano a loro, come a chiunque altro di conciliare esigenze personali e lavorative). E se questo non cambia, è semplicemente perché alle loro difficoltà non siamo capaci di dar voce. La voce, quella, è sempre degli uomini, che continuano a sostenere che il lavoro dietro ai fornelli è troppo duro per il corpicino esile di una donna, che al massimo può occuparsi di pasticceria.
E allora basta. Basta chiedere a Gianfranco Vissani, a Max Mariola, finanche a Massimo Bottura o a Ferran Adrià come mai non ci sono donne in cucina. Loro, nella migliore delle ipotesi, diranno che nelle loro cucine le quote rosa sono rispettate e troveranno (giustamente) il modo di elogiare le colleghe donne. Nella peggiore, invece, diranno che non ce la fanno, che in cucina, con gli orari terribili della ristorazione, non ci potrà mai essere posto per una mamma. Diranno quello che ha detto Max Mariola con il consenso di Giuseppe Cruciani, insomma.
E allora basta chiederlo a loro, visto che non sanno tirare fuori argomenti più interessanti di questi, gli stessi da anni, nonostante il successo di grandissime chef internazionali. Chiediamolo a loro, com’è lavorare in cucina da donne (noi lo abbiamo fatto, più di una volta), e cerchiamo di capire perché non si riesce ad andare oltre. Non accettiamo di appaltare il discorso sul genere al genere maschile, sapendo già che questo non potrà portare a nulla, perché il genere maschile si limiterà sempre (come è sempre stato) a portare il contributo della sua visione a un dibattito unilaterale. Chiediamo alle donne cosa serve per poter essere mamma ed essere chef. E magari sì, chiediamo anche agli uomini se hanno mai sentito l’esigenza di starci un po’ loro con i loro figli, mentre la mamma era in cucina a lavorare.
E non accettiamo risposte banali, scontate, sessiste o – peggio – infastidite dai discorsi femministi di chi chiede solo di essere parte in causa attiva nel dibattito, oltre che oggetto dello stesso.