A Castenaso, nella prima fascia della provincia bolognese (a circa 15 minuti dal centro), da inizio estate trovate Posto ristoro, negli stessi locali che fino all’anno scorso erano occupati dall’Officina del gusto: un avvicendamento che segna anche una decisa svolta nella proposta gastronomica.
E non solo, perché Posto Ristoro, il locale più inclusivo che potrete incontrare, ha uno staff composto di sole donne, che deve il proprio nome a una citazione da “Altri Libertini” di Pier Vittorio Tondelli: il luogo di ritrovo e accoglienza della fauna metropolitana dello scrittore emiliano non è stato scelto a caso.
Noterete i bagni gender free? Sicuramente, a meno che non andiate a Castenaso per una toccata e fuga (e questo non è uno di quei ristoranti: mettete pure in conto un menu degustazione da 60 euro con tutti i vizi e le coccole del fine dining). Di certo farete caso alle icone femminili, Loredana Bertè compresa, appese alle pareti blu, in un locale dai toni scuri mai cupi, illuminati dalle grandi vetrate che danno sull’esterno. E potreste persino arcuare un sopracciglio al passaggio della titolare, Nora Tadolini, che in un locale così elegante si aggira per una sala dove nulla è lasciato al caso in pantaloni della tuta e t-shirt.
Sbagliereste, o forse no. Non lo so, citofonate Vice.
Io non mi deconcentrerò, mi soffermerò sulla grande cantina al centro della sala, sui tavoli tondi che soffrono solo quando vengono accostati per ospitare più commensali, ma soprattutto sulla cucina. Perché, anche solo stando a quella, vi anticipo: Bologna ha bisogno di ristoranti così, più del pane e dei tortellini.
Posto Ristoro: il menu, la cucina
La cucina ha lo sguardo puntato verso la grande ristorazione europea, con piatti basati su pochi ingredienti e una grande attenzione alle materie prime da cui si estraggono tutte le potenzialità anche grazie a cotture attentamente calibrate, all’uso della fermentazione e agli ottimi fondi di cottura.
Il menu è diviso in tre sezioni con altrettante degustazioni: selvaggina, pesce e vegetariano/vegano dal quale si possono scegliere anche i singoli piatti alla carta, ma il percorso di 5 piatti più il benvenuto e la piccola pasticceria finale rimane la scelta consigliata. Non potendo descrivere tutte le portate dei tre menu degustazione, mi soffermerò solo su alcuni piatti particolarmente interessanti.
La selvaggina
Il benvenuto dei tre menu consiste in a tre amuse-bouche declinati per adattarsi al tema delle degustazioni. In questo caso l’assaggio più divertente è la piccola coscia di piccione magistralmente impanata e fritta accompagnata da una leggera maionese, praticamente un KFC nobilitato. Ottima la battuta di daino (o cervo a seconda delle disponibilità) in cui si può apprezzare la freschezza e la sapidità della cacciagione che, quando viene trattata in modo corretto, non ha mai sentori di selvatico.
Le due portate di eccellenza sono sicuramente il piccione e il cinghiale. Il primo, dalla cottura perfetta, viene servito con un’indovinata glassa di cioccolato e arachidi, mentre non sembra troppo azzeccata l’associazione con il peperone che risulta un po’ coprente. Il carrè cinghiale, tenero e leggermente rosato all’interno è accompagnato dalla prugna e dal cipollotto lessato nel latte di cocco che ne esaltano i profumi con un contrasto dolce-salato.
Il pesce
Anche in questo caso il benvenuto è composto da tre piccoli assaggi su cui spicca la piccola polpetta fritta di moscioli e vongole con maionese al wasabi. L’unica cosa che si può dire è che dovrebbe essere illegale portarne soltanto una a tavola.
Ottimo anche il cefalo che viene servito con crauti fermentati in casa e fragole sciroppate che creano un aromatico fondo dolce e acidulo. Su tutti vince l’interpretazione dello sgombro in doppia veste: cotto in piastra e marinato. In entrambe le soluzioni il gusto è intenso e sorprende per la cottura basilare, ma perfetta, il filetto arrostito.
Il vegetariano
Buona la carota arrostita di cui si apprezzano le note del rafano che l’accompagna e davvero sorprendenti i classici tortellini alla bolognese ripieni di cicerchie affumicate e cardoncelli conditi con una crema delicata di caprino (assente nella versione vegana) e ricoperti di tartufo. Un vero tripudio per tutti i palati, anche non vegetariani.
Il seitan fatto in casa (onore al merito per l’impegno) viene ricoperto con un’intensa demi-glace di verdure a cui sono accostati cetrioli e ravanelli in agrodolce.
La melanzana è protagonista di un piatto in tre diverse versioni tra le quali una caponatina perfettamente bilanciata.
Al termine dei tre menu è possibile scegliere tra una selezione di caprini, oppure i dolci che vanno dall’ottima crema catalana al pistacchio, al dessert a base di pesca profumato di amaretto e rosmarino fino alla notevole barretta di cioccolato profumata di Lagavulin in cui spiccano le tipiche note affumicate del whisky torbato che si sposano alla perfezione con il cioccolato Alpaco.
Non sarebbe una fine degna senza la piccola pasticceria che viene gentilmente offerta in cui vincono la frolla al lemon curd e, soprattutto, il cioccolatino bianco ripieno di gelatina di lampone.
Opinione
Posto ristoro compie una scelta coraggiosa all’interno di un panorama cittadino chiuso e autoreferenziale in cui ristoranti come questo sono più che necessari, anche al di là del giudizio di merito (che rimane più che positivo): una ventata d’aria fresca, uno sguardo che porta lontano.
PRO
- Un rapporto tra la cucina e il prezzo ottimo
- La cucina creativa "in Bologna", senza dubbio
- Un gran bel locale
CONTRO
- Non aspettatevi piatti dal taglio italiano, soprattutto la pasta è praticamente bandita
- Alcuni accostamenti tra gli ingredienti possono risultare azzardati