Questa è l’estate di pagamenti col Pos. L’estate in cui, anche in Italia, come succede generalmente all’estero, potrete andare in giro senza contanti, ché tanto basterà la carta per pagare pure un semplice caffè.
C’avete creduto eh? E invece campa cavallo.
Già, perché se è vero che dal 30 giugno 2022 si è reso obbligatorio per tutti gli esercenti accettare i pagamenti elettronici, è altrettanto vero che le sanzioni per chi trasgredisce sono praticamente ridicole, e non bastano certo a sradicare un malcostume diffuso e largamente accettato e condiviso.
Pos obbligatorio: cosa dice la legge
La decisione sul Pos obbligatorio per gli esercizi commerciali è più vecchia di quel che crediamo: già nel 2013 era stato deciso, anche se l’applicazione delle sanzioni per chi non si metteva in regola era prevista a partire dal 2023. D’altronde vuoi non dare dieci anni di tempo agli Italiani per installare una macchinetta e una linea telefonica a supporto?
Che poi, in effetti, c’è poco da scherzare, visto che non ne sono bastati nove. Lo scorso 30 aprile infatti, il Decreto PNRR 2 ha anticipato l’avvio delle sanzioni previste per chi non accetta pagamenti con il Pos al 30 giugno 2022.
Le sanzioni
Dunque, via libera durante l’estate ai pagamenti con carta e bancomat. Stop ai contanti, limitando così le azioni di evasione fiscale (assai diffuse, inutile dirlo) e garantendo ai consumatori una notevole agilità nei pagamenti.
E invece no.
Perché, a ben vedere, le irregolarità restano tante. Cartelli che avvisano i clienti che i Pos non funzionano, che i pagamenti con il bancomat non sono ammessi, che si paga solo in contanti. Le segnalazioni sono moltissime, e facilmente sarà capitato anche a voi di incappare in una di queste casistiche.
La spiegazione è molto semplice: l’era dei pagamenti elettronici, in Italia, non è ancora arrivata, nonostante una legge apposita. Ma cosa rischio, io esercente commerciale, se non accetto i pagamenti con carte e bancomat? Nulla. O meglio, una sanzione ridicola, che ammonta a 30 euro, più il 4% del valore della transazione su cui è avvenuta l’irregolarità. Indipendentemente dal fatto che questa sia reiterata, o che addirittura sia la prassi più o meno dichiarata accettare solo pagamenti in contanti.
Avete bisogno di un esempio? Facciamolo. Devo spendere 100 euro di cena, non me li fanno pagare con il bancomat, chiamo le autorità per denunciare il fatto. Bene. Al ristoratore verrà fatta una bella multa di ben 34 euro. Roba da mandarlo in rovina. Così, per un cliente che si prende la briga di denunciare, ce ne sono altri nove che avranno accettato – magari malvolentieri – l’irregolarità, e avranno fatto incassare (magari in nero, ché a pensar male spesso ci si azzecca) importi ben superiori a una misera multina.
Le commissioni per il Pos
Ma poveretti questi commercianti, si dirà, ti pare che per un euro e cinquanta di caffè devono pure pagarci sopra le commissioni? Lo dicono loro a gran voce, lo rilanciano i politici gettando come di consueto benzina sul fuoco. Uno su tutti, l’avvocato Carlo Taormina, che sui social tuona che “bisogna rifiutare il pagamento con carta di credito e con pos”, perché “le banche si fregano miliardi al giorno di commissioni”. Peccato che le tasse non riscosse in Italia, paese dove l’evasione fiscale dilaga aiutata dall’abitudine dei pagamenti in contanti, abbiano superato nel 2022 i 1100 miliardi di euro. 1110 miliardi, altro che commissioni alle banche.
Che poi, a quanto ammontano queste commissioni? La percentuale è variabile a seconda dei circuiti e delle carte utilizzate. In generale, parliamo di circa uno 0,45% per le carte domestiche (come il Bancomat), e di un 1% per i circuiti internazionali. A cui sono da aggiungere i costi fissi per il Pos, che si aggirano intorno ai 10-15 euro al mese. A questo, si aggiunge la considerazione che sui micro pagamenti (un caffè, per dire) si sono aggiunte diverse agevolazioni, e spesso le commissioni sono azzerate. Per esempio, le soluzioni come Satispay, permettono di non pagare commissioni per gli acquisti fino a 10 euro (e per le transizioni superiori si applica una commissione fissa di 0,20 centesimi). Insomma, parliamoci chiaro: il costo è generalmente irrisorio, e anche se non lo fosse (ma lo è, anche paragonato al resto dei paesi europei, dove le commissioni sono più alte e i pagamenti elettronici molto più diffusi e accettati) si potrebbe perfino spalmare sull’anno con un piccolo ricarico sui prodotti una tantum. Se il caffè aumenta di 2 centesimi (5 centesimi!), nessuno se ne accorge e l’esercente è rientrato della perdita che eventualmente ha per quel cliente che vuole pagarlo con il bancomat. Una pratica molto diffusa e poco regolamentata, in altri casi (vedi alla voce aumenti delle bollette), ma che non si applica per i pagamenti con il pos. E al perché di questa reticenza c’è solo una risposta, e si chiama evasione fiscale. E figurati un po’ se si può contrastare con una multa da 30 euro.