Cornicione gonfio e forbici d’oro per svelarne i cavernosi alveoli, impasti colorati e l’immancabile Jamme ja!: sono i marchi di fabbrica di Vincenzo Capuano, pizzaiolo napoletano (ma va’?) che è diventato una faccia (e una voce) riconoscibilissima sui social, e sta aprendo locali a un ritmo impressionante in tutta Italia: talmente veloce che lui stesso, o meglio il suo sito, non riesce a starsi dietro, e questa nuova pizzeria a Torino, a due settimane dall’apertura ancora non c’è online.
Ma c’è già una consistente fila di persone in carne e ossa fuori, complice il fatto che il locale non accetta prenotazioni, come oramai è d’uso nelle catene dei marchi storici partenopei (una mossa con cui si prendono i classici due piccioni, ché da un lato consente di tenere il locale sempre pieno, dall’altro è uno strumento di marketing che funge meglio della cartellonistica 6×3).
Vincenzo Capuano a Torino dov’è
Certo ci vuole anche la posizione, e Vincenzo Capuano a Torino l’ha scelta centralissima, proprio come i colleghi-conterranei Michele e Sorbillo (leggi le nostre recensioni): vicino a piazza San Carlo e a Porta Nuova, a due passi dalla scicchissima via Mazzini. In particolare a via Andrea Doria, poi, ce ne stanno altre due, la partenopea Assaje e la storica Lampara proprio di fianco (saranno felicissimi).
Il locale si sviluppa su due piani, terra e un meno uno abbastanza deprimente. L’ambiente è “contemporaneo”, scritte al neon, pavimenti a scacchi e divanetti verdini alle pareti (che non sono proprio comodissimi per mangiare, soprattutto la pizza). La musica un po’ schizofrenica tra il tamarro e Pino Daniele.
Il servizio è eccellente quanto a velocità, anche in momenti di affollamento, un po’ da mettere a posto per il resto. Come confidiamo saranno messe a posto in breve altre piccole e grandi stranezze: per esempio, i bagni senza chiavi (!).
Il menu di Vincenzo Capuano
Il menu di Vincenzo Capuano è introdotto dalla foto col nonno, e a ribadire la scritta “pizzaioli da tre generazioni”. Dopo una breve ma completa sezione di antipasti (montanare, crocché, frittatina, bruschette, mozzarellone…) e tre insalate tanto per, si passa alle pizza.
Che sono divise in più sezioni, la cui logica però rimane un po’ oscura: le Tradizionali (8), i calzoni (2), le Innovative (5), Pizze Social di stagione (boh, comunque 4), le Iconiche della mia famiglia (2, però in giallo), le Uniche del maestro Capuano (7). Per un totale di 28 pizze.
La parte del bere è, come al solito purtroppo in casi simili, imbarazzante: tre birre alla spina (semplicemente bionda rossa e weiss), e se si chiedono informazioni sulle birre artigianali, come suggerisce il menu, ti portano un’ipa di Baladin e stop.
Le pizze di Vincenzo Capuano
Ma al di là di tutte le perplessità dovute alla presentazione, e al possibile fastidio per l’ostentazione social, come sono le pizze di Vincenzo Capuano? Buone, c’è poco da dire – anche se non prive di qualche manchevolezza, e forse proprio dove meno uno se l’aspetterebbe.
Ma partiamo dagli antipasti, o meglio dalle fritture: sia le frittatine di pasta che le montanarine sono un po’ unte, ma per il resto notevoli. Le pizze fritte in particolare funzionano con gli abbinamenti: la classica accoppiata burrata e alici è impreziosita dalla buccia di limone; fonduta di grana padano e zucchine fritte cita la pasta alla Nerano; pistacchio mortadella e ricotta è più scontata. Ci sarebbe stata bene, nel tris, anche la tradizionale sugo e formaggio grattugiato, ma poi si nota che non compare affatto nel menu, in favore di una “al ragù”.
La pizza di Capuano è – altro tormentone social del pizzaiolo – contemporanea. Cioè con una idratazione più alta e il cornicione spinto, anche senza arrivare agli eccessi del canotto. Il risultato è bello da vedersi, la forma di alcuni dischi è irregolare ma questo non è un problema; certe volte però la cottura è un po’ troppo sbilanciata verso la parte superiore: cornicione bruciacchiato e fondo un po’ pallido. E l’interno stesso del cornicione non è così “cavernoso” come si vede su Instagram, qualche volta addirittura un po’ ammassato, quasi crudo. Sono pur sempre difetti minimi eh, ma se il tuo punto forte è l’impasto, si notano.
L’altro punto forte dichiarato è la qualità degli ingredienti, e qui bisogna dire che la sfida è vinta: sia nelle pizze semplici che negli abbinamenti originali. Alto livello la margherita classica, un po’ acquosa quella con la bufala (non facile, si sa). Nella Diavola il salame piccante è quasi non pervenuto; per il resto è un trionfo di abbondanza e sapori. La Melanzanella (con pomodorino cotto a bassa temperatura, burrata e fiordilatte oltre alle melanzane a funghetto) è tra un ricordo di parmigiana e uno di pasta alla norma. Don Egidio, dove la zucchina si presenta in doppia veste, di vellutata alla base e fritta insieme alle polpettine, è uno spettacolo. Le polpettine fritte tornano nella Napolitudine, con risultati altrettanto notevoli.
Il conto è sopra i 20 euro a testa (quanto ci si aspettava, da un menu che mette la margherita a 8 euro e quasi tutte sopra i 10). La digestione è in certi casi impegnativa ma tutto sommato si conclude bene.
Opinione
Apertura sotto la Mole del pizzaiolo protagonista sui social, la pizzeria di Vincenzo Capuano a Torino esprime pregi e difetti delle sempre più estese catene di origine partenopea. Vale comunque una visita.
PRO
- I condimenti, soprattutto la qualità delle materie prime
CONTRO
- La carta del bere: solo birre, poche e scontate