Siamo a Lissone, a una ventina di chilometri da Milano, in una piccola ma vivace pizzeria che negli ultimi anni ha fatto tanto parlare di sé: Pizzeria P. Ecco la nostra recensione.
Ne è passato di tempo da quella finale del Campionato della pizza 2017 di Dissapore, svoltasi tra Francesco Martucci de I Masanielli di Caserta contro Daniele Ferrara di Pizzeria P, che ha visto il maestro campano uscire vincitore dopo un’ardua sfida. Ne è passato di tempo anche dal sentito addio di fine Marzo 2018 da parte Ferrara alla stessa pizzeria dei fratelli Daniele e Giulia Pozzi, quella P che ha contribuito a rendere famosa, lasciata per coronare il suo sogno a Salerno, la sua casa, dove aprirà lo stesso Agosto I Borboni insieme all’amico Valerio Iessi.
Dopo i saluti, i Pozzi non sono certo rimasti a guardare.
Saranno riusciti a conservare la stessa, potente aura di un tempo? Beh, non siamo qui per stabilirlo; chi vi scrive non ha provato la pizzeria ai tempi di Ferrara, e può solo darvi un giudizio disinteressato sul livello attuale, senza sconti o pregiudizi.
Diamo quindi il via alle danze.
L’ambiente
Situata in una piccola piazzetta di uno dei tanti caotici comuni dei dintorni di Milano, Pizzeria P è un locale relativamente piccolo, dagli interni curati ma abbastanza impersonali; nel periodo estivo, grazie a due ampi gazebo, è possibile pranzare o cenare all’esterno.
Una volta dentro il locale lo sguardo punta inevitabilmente sul bancone situato a destra, dove Cristian Caristo, Francesco Granato e il giovane Khaled stendono, condiscono, infornano e terminano le pizze; la routine è frenetica ma schematica e ordinata, e si svolge attorno ad un modesto forno a legna.
Il menu e i prezzi di Pizzeria P
Come di consueto, sono gli antipasti ad aprire la carta, una selezione che non brilla certo di originalità e fa sentire la mancanza dei fritti tipici della cucina napoletana: due o tre bruschette da 3.50 euro, gli sfizi da 8 euro e le insalate da 10 e 11 euro.
Sono invece 15 le pizze (di cui 8 classiche e 7 stagionali), più le “speciali” del mese e della settimana; la volontà di personalizzazione della proposta è evidente e ravvisabile fin dalle pizze più tipiche, grazie anche all’utilizzo di ingredienti di indubbia qualità e alla rotazione delle materie prime.
I prezzi vanno dai 6 euro della P3 (di fatto la Marinara del locale, con pomodoro San Marzano DOP, origano di montagna, aglio rosso di Nubia Presidio Slow Food, olio EVO e basilico fresco), ai 7 euro della P1 (la Margherita, con pomodoro San Marzano DOP, fior di latte di Agerola, Parmigiano Reggiano DOP 24 mesi, olio EVO e basilico fresco) fino ai 16 euro della P14 (fior di latte di Agerola, Blu di Bufala, porchetta di Ariccia IGP, cipolla rossa di Tropea in agrodolce, capperi di Salina Presidio Slow Food tostati, rosmarino fritto e olio EVO), decisamente più caratteristica e particolare.
I dolci sono un ulteriore orgoglio per il locale, tutti a 6 euro: Salamisù (tiramisù con crumble al cioccolato salato e mandorle), Forse Nevica (piccolo Monte Bianco composto da una panna cotta alla vaniglia, crema ai marroni, meringa croccante e zucchero a velo), Capri di Notte (torta caprese a base di farina di mandorle e cioccolato fondente, servita su fonduta al cioccolato), Mandarino e Spagnoletta (Mousse leggera servita con tartare di mandarino e arachidi caramellati) e tre varianti di Cannolo Siciliano (classico, con crema al pistacchio o metà e metà).
Si può fare di più con le bevande: la carta vini è abbastanza scarna e pure la selezione birre non dice granché; l’artigianale è, come spesso accade, relegata alle bottiglie, in questo caso del birrificio abruzzese Mezzopasso, che a quanto pare produce anche la birra “P”, per la pizzeria.
Caffè e coperto 1.50 euro.
La pizza di Pizzeria P
Sarò sincero: ad oggi affronto spesso le pizze napoletane “moderne” con i piedi di piombo.
Stiamo parlando di quella fenomenologia frutto della moda degli ultimi tempi, fatta di impasti idratati e cornicioni esplosivi, al pari del quantitativo di foto pubblicate su Istagram.
Non perché non ne vada matto, anzi, è forse la tipologia di napoletana che più apprezzo, ma solo se fatta con rigore e logica; in caso contrario, il rischio è quello di andare incontro ad un effetto gomma devastante già alla seconda fetta, dato che il pizzaiolo è più preoccupato dell’aspetto social-fotogenico più che della cottura degli amidi, che come sappiamo è il vero imperativo per una pizza perfettamente digeribile.
La pizza di P è come me l’ero sempre immaginata: bella, affascinante, perfetta nella forma, nella stesura, nella cottura e nella farcitura. Taglia L, il cornicione pare scolpito, equamente distribuito in tutta la sua lunghezza ma soprattutto cotto a puntino senza sbavature o bruciature evidenti, sinonimo di una gestione impeccabile del forno.
Sotto la cottura potrebbe essere migliore, in quanto zone più bianche si intervallano ad altre ben eseguite ma con un piccolo eccesso di farina nera in corrispondenza del bordo.
Insomma, a parte qualche piccola imprecisione, è una pizza stupenda da fotografare, un fattore che aumenta ancor di più il mio timore iniziale.
Eppure, l’impasto è qualcosa di indescrivibile.
Morbido, dal cornicione non completamente vuoto ma comunque asciutto, evanescente, colmo di quell’effetto “zucchero filato” tipico degli impasti ottenuti con una percentuale di tipo 1 nel mix.
La fetta tutto sommato tiene il peso degli ingredienti quando sollevata, e sparisce letteralmente in bocca in pochi morsi.
Ve lo assicuro, ho messo alla prova in tutti i modi l’impasto di P, ma non c’è stato verso: anche dopo un raffreddamento forzato, l’ultima fetta rimasta risultava ancora pienamente godibile, con addirittura un leggerissimo crunch in alcuni punti.
Ho provato la P7, con pomodoro San Marzano DOP, provola affumicata di Agerola, pepe nero, olio EVO e basilico fresco: encomiabile la scelta dell’oro rosso, ma la vera sorpresa è lo sprint regalato dal pepe nero e amplificato dalla sapidità della provola.
Un abbinamento semplicissimo, ma di grande potenza.
Incuriosito dal suo ripetersi tra gli ingredienti, ho poi voluto scegliere qualcosa che contenesse dei salumi di Maiale Tranquillo di Bettella, un animale che si nutre di cereali essiccati, non mangia grasso e cresce lentamente nelle campagne cremonesi, raggiungendo una pezzatura di oltre 300kg e la cui carne presenta una marezzatura e una tenerezza distintive.
La scelta è ricaduta sulla P10, con provola affumicata di Agerola, carciofini selvatici, pancetta croccante di Maiale Tranquillo “Bettella”, pepe szechuan agrumato e prezzemolo riccio; il gusto della pancetta è a dir poco stupendo, pieno, equilibrato, rotondo, ma nel suo complesso mi sarei aspettato una pizza dalla profondità aromatica maggiore: il sapore del carciofino era poco evidente, mentre provola e pepe agrumato scompaiono di fronte all’intensità del salume.
Del prezzemolo riccio, inoltre, c’era ben poca traccia.
A stupire è comunque l’enorme attenzione dedicata alle pizze, che vengono stese con estrema cura, farcite, portate sulla pala e allargate ulteriormente, per poi essere infornate, cotte con minuzia e lasciate asciugare per bene a bocca di forno.
Nondimeno, vengono terminate su una griglia rialzata che impedisce alla condensa di rovinare la base, e tenute al caldo grazie ad una lampada a infrarossi.
Insomma, nonostante l’ambiente relativamente impersonale e qualche perplessità sulle farciture, l’impasto impressionante e la lunga serie di attenzioni dedicate alle pizze fanno di P un locale dove la moderna concezione della napoletana può esprimersi in tutto il suo splendore, senza il rischio di regalare ai clienti gomme da masticare al gusto di pomodoro.
Informazioni
Pizzeria P
Indirizzo: Via Padre Reginaldo Giuliani 10, Lissone
Numero di telefono: 039 9405197
Orari di apertura: Dal Martedì al Sabato dalle 12.30 alle 15.00 e dalle 19.30 alle 23.30, la Domenica dalle 19.30 alle 23.30
Sito Web: http://www.pdipizza.it/
Tipo di cucina: Pizza napoletana a canotto
Ambiente: informale, lievemente impersonale
Servizio: rapido e cordiale