Non sono certo io a riscoprire la cottura sul fuoco –nel 2017 la manifestazione Fuoco! In Sicilia fu amatissima– ma, cavolo, è giunta l’ora di farla tornare mainstream.
A forza di sottovuoto (che producono anche effetti miracolosi, per carità) ci siamo dimenticati la consistenza, la tenacia, la forza, le sfumature, l’intensità dei cibi cotti sulla fiamma, sulla griglia, sui carboni.
[Si chiama reverse searing, è la cottura che rende insuperabile la bistecca]
[Vi spiego perché Fuoco! è diverso da tutti gli altri festival di cucina]
[I segreti della cottura lenta, di Slow c’è anche il Cooking]
Da quando l’asador Etxebarri e gli spagnoli in genere hanno rinnovato l’arte del bisteccone il vento ha cominciato a soffiare un poco anche da noi: sono arrivati i forni Josper, il green-egg, il BBQ. Pesci e carni e verdure hanno cominciato a riprendere quel buon odore di fumo (qualcuno esagera, in effetti), quel sapore di campagna, di tempi andati.
Ma noi italici –son tempi di sovranismi, no?– abbiamo una tradizione di cottura sulla fiamma che lèvati: dal lungo sobbollire delle zuppe sulle stufe –da noi in Piemonte si chiamano potagé– agli spiedi che girano sui camini.
Non sono tanti i piatti che rimangono incisi nella memoria per sempre. Bene, tra i miei, due sono questi:
– una zuppa tipica del canavese cotta sulla legna con cui, ragazzi, ci sfamarono dopo che aiutammo quelli dell’azienda agricola Cieck a schiccare i raspi per fare il passito;
– l’incredibile capretto arrosto che Cesare Giaccone ad Albaretto della Torre prepara semplicemente lasciandolo girare “per benino” sul camino (nessuno che l’abbia provato può dimenticarlo).
E poi c’è il forno a legna, diamine, un enorme protagonista della cucina italiana ormai prevalentemente dedicato alla pizza. Ma nelle sciamadde liguri, per dire, nel forno a legna si cuociono torte, acciughe ripiene, pesci (oltre alle farinate, naturalmente).
E i fornelli pugliesi? Cosa sarebbero le bombette senza brace?
Gli arrosticini abruzzessi? Arrossisco se penso che c’è chi li arrostisce –anche nei locali– in pentola, sulla piastra, facendoli diventare secchi come sassi.
E la stigghiola palermitana? Mai potrebbe essere cotta se non sulla griglia.
E il pollo a legna napoletano?
La mastodontica tradizione sarda?
Lo splendore della cottura delle carni in Toscana?
Basta, mi fermo che mi viene fame.
Concludo, allora, alla King: I have a dream.
Che si diffondano per l’Italia tutta dei “ristoranti con forno a legna e camino”. Ci sono località già ben fornite –penso soprattutto all’Italia centro-meridionale– ma nelle città c’è un disperato bisogno di fuoco.
Non per le strade, per carità, nelle cucine.