“La ‘ndrangheta è passata dai reati tipicamente predatori da estorsione sul territorio a reati a connotazione economico-imprenditoriale, e quindi le evasioni fiscali e le bancarotte”: così ha dichiarato fa Alessandra Dolci, coordinatrice della direzione distrettuale antimafia di Milano, a seguito dell’operazione “Cavalli di razza” conclusasi due giorni fa con la collaborazione delle procure di Milano, Reggio Calabria e Firenze, portando all’arresto di un centinaio di persone su tutta Italia. A fronte di definizioni come una ” ‘ndrangheta 2.0: la ‘ndrangheta società d’affari”: è presumibile che gli interessi delle organizzazioni di stampo mafioso nella ristorazione siano sempre maggiori. Specialmente in un momento tanto delicato per la ristorazione, che tenta di riprendersi dalle chiusure prolungate obbligate dalla pandemia.
Interessi che proprio con Alessandra Dolci abbiamo cercato di indagare, intervistandola in esclusiva. Insieme al giornalista Cesare Giuzzi (Corriere della Sera) e all’ex presidente della commissione antimafia del Consiglio Comunale di Milano David Gentili, abbiamo tracciato un quadro composito, più ampio di quanto sospettabile. Ragioni e intenzioni che vanno dal controllo del territorio all’organizzazione di summit, dalla necessità di fare rete al welfare criminale nella quale le organizzazioni fanno vivere, lavorare e prosperare parenti e adepti. Fino, naturalmente, al riciclaggio di denaro, indispensabile per rendere la liquidità disponibile alle organizzazioni mafiose.
Abbiamo provato a riassumere questo tema in un bignami dedicato, un video che si ascrive in un ciclo di puntate settimanali dedicate alla mafia nella ristorazione, pubblicate qui su Dissapore ogni giovedì.