No il caffè non mi piace, preferisco un ginseng. Tazza grande o tazza piccola? Ma è già zuccherato? Che siate o no tra gli amanti di questa alternativa al bar, vi sarete di certo accorti come questa sia un’abitudine in crescita costante: fatta eccezione per le vere e proprie caffetterie e specialty coffee, non c’è locale che sia privo ormai della macchinetta per erogare la miscela nocciolata/caramellata/non-ben-identificata che gli italiani apprezzano sempre di più, e che ormai riconoscono come una normalissima scelta accanto a cappuccino, espresso, macchiato e tè.
Come siamo arrivati a questo punto, e come sia possibile che proprio qui abbia attecchito una bevanda del genere è un mistero: non eravamo noi, sul globo terracqueo, i più puristi dell’espresso? Quelli che “Starbucks fa schifo perché non vende caffè ma dessert” (in riferimento ai “venti” e ai “grande” fantasiosi che la Sirena propone in tutto il mondo)? Eppure siamo qui, che al mattino al posto dell’espresso in purezza da veri duri scegliamo il ginsenghino (d’altronde siamo gli stessi che sottostimano la margherita fatta all’estero ma in Italia apprezzano tacitamente la presenza della pizza con wurstel e patatine su tutti i menu).
La promessa di energia extra
Senza dubbio, il ginseng come alternativa al caffè è nato nei primi anni duemila grazie a una comunicazione marketing geniale. Sì perché ricordo bene che nessuno puntò sul gusto o sul piacere di un nuovo sapore, bensì su quella “percentuale di ginseng” che teoricamente avrebbe dato la stessa carica del caffè ma senza essere vincolati alla caffeina. Non dico che volessero sembrasse una cosa salutare, ma il concetto mistico della radice naturale che ti migliora la concentrazione e “tonifica” era ben presente. Peccato che, esattamente come il caffè, nemmeno il ginseng è un alimento che di fatto ci appartiene.
Per noi è una novità, la versione ultra-commerciale e ultra-processata di un ingrediente usato invece da millenni altrove. Questa pianta è originaria dell’Asia orientale e del Nord America, ed è conosciuta per le sue proprietà medicinali. La radice di ginseng è infatti utilizzata nella medicina tradizionale cinese per migliorare l’energia, la concentrazione e il benessere generale. Da qui, i vari integratori per una resa maggiore nello studio, fino ad arrivare anche al ginseng al bar fatto per chi crede in un effetto analogo ma facendo colazione. Insomma se il boom di panacee commerciali come l’Aloe Vera messa ovunque e i semi di Chia come presenza fissa in yogurt e pudding ha attratto per poco tempo, incredibilmente il ginseng del bar in Italia perdura.
Molto meglio l’orzo, a questo punto
Il periodo dell’orzo è lontano, quasi nostalgico: c’è ancora, molti bar hanno a disposizione la macchinetta erogatrice del caffè d’orzo, ma è impolverata e messa nell’angolo come Baby in Dirty Dancing. Quella che eroga ginseng, invece, è sempre bella fresca e attiva. Non sveliamo nulla di inedito o straordinario affermando che gli ingredienti del ginseng sarebbero da evitare, tra aromi, latte in polvere, stabilizzanti, una quantità esagerata di zucchero.
Senza considerare il fatto che (oltre al danno, pure la beffa) la percentuale di ginseng è talmente infinitesimale da perdersi come un granello di sabbia nel Sahara. Fosse almeno una percentuale bassa ma di “nettare puro” o dell’essenza estratta dalla radice mistica sarebbe anche accettabile. Invece no: è il ricordo di radice di ginseng, che nulla può fare per la nostra concentrazione e la nostra rigenerazione cellulare. Non ha alcun “potere tonificante”, non fa nessuna “sinergia con il caffè” e di certo non è “più salubre della caffeina”.
Ginseng anche a casa, non solo al bar
Talmente normalizzato e diffuso, il ginseng, da non riguardare più solamente la sfera della pausa caffè al bar. Ha invaso anche le case, a suon di preparati solubili, di capsule adattabili per le macchinette del caffè, addirittura di miscele al ginseng prodotte da grandi marchi (Lavazza, per esempio, ma non è l’unica).
In quest’ultimo caso diciamo che la cosa può essere anche interessante: conferire alla moka o al caffè filtro un’aromaticità differente, come chi aggiunge un pizzico di cannella per esempio, non è un reato. Sui preparati solubili invece meglio non addentrarci in considerazioni troppo caustiche: le etichette parlano già di per sé.