Siamo stati alla Pasticceria Pintauro, la più antica sfogliatelleria della città di Napoli, che fu di Pasquale Pintauro. La nostra recensione, per scoprire se vale la pena e se merita la sua fama.
Avete già avuto l’opportunità di vedere come le suore dei monasteri campani siano state di incredibile importanza per la crescita gastronomica nostrana: ad esempio, avete fatto lunga conoscenza con le consorelle napoletane nel lungo articolo dedicato ai dolci natalizi napoletani (e circondario). Le abitanti dei vari conventi si sono rese protagoniste di alcune pagine di pasticceria tra le più belle e golose, tra le quali quella dedicata alla sfogliatella.
Conca dei Marini è un posto meraviglioso: incastonato letteralmente in Costiera Amalfitana è a guardia del mare. Quello che ci interessa particolarmente di questo locus amoenus è il Monastero di Santa Rosa, luogo che a quanto pare profumava di zucchero. Un posto che profuma di zucchero ha sicuramente qualcosa di buono da dire.
Un giorno, nel 1600 circa, ad una suora particolarmente ispirata restò un po’ di ricotta ed un po’ di semolino: ne arrangiò così un ripieno, aggiungendoci della frutta secca e del limoncello per arricchire. Dopodiché, ficcò il tutto in un guscio di pastasfoglia, che chiuse a mo’ di cappuccio di monaco.
Era nata la sfogliatella. O perlomeno, era nata la parente lontana di quella che poi sarebbe stata la sfogliatella, qui chiamata Santarosa e che perdura ancora nel versante salernitano con diversi nomi (apollinea, coda di aragosta e appunto santarosa).
Complici un po’ la distanza, un po’ la gelosia del segreto da custodire, questa versione ci mise circa 200 anni per arrivare da Conca dei Marini a Napoli, però lo fece in grande stile.
Ci pensò un oste, uno dei più famosi e conosciuti a Napoli ad oggi: parliamo di Pasquale Pintauro. C’è addirittura un detto a Napoli su di lui: Pintauro si frusciò, cioè Pintauro si vantò, quando portò la sfogliatella a Napoli. Presente anche nelle varianti Pantusco si frusciò e Si fruscia Pintauro.
Pasquale Pintauro io me lo immagino già: uno scugnizziello marittimo, a quanto pare nipote o parente in qualche forma di una delle monache del Convento di Santa Rosa a Conca dei Marini. Pasquale era oste in una trattoria a Via Toledo, ‘nu cantiniere dice la storica filastrocca a lui dedicata. In ogni caso, riuscì ad entrare in possesso della ricetta della sfogliatella Santa Rosa dalla zia monaca e la portò a Napoli, circa nel 1818. Altre versioni, invece dicono che Pintauro prese la ricetta dalle monache del convento cittadino, che producevano un dolce molto simile. Quale che sia la storia, da bravo apprendista stregone, la modificò: togli la crema, togli la frutta secca, aggiungi golosi canditi. La sfogliatella riccia divenne così famosa a Napoli che l’oste Pintauro convertì la sua trattoria in una pasticceria.
Il suo forno delle sfogliatelle, oggi diventato una piccolissima pasticceria con un po’ di assortimento, è ancora lì. Siamo andati alla Pasticceria Pintauro per fare una passeggiata nella storia, per assaggiare le sue sfogliatelle e darvi foto e prezzi.
E soprattutto, per dirvi se ne vale ancora la pena.
L’ambiente
Se propriamente dobbiamo parlare di ambiente, questa mini-pasticceria si affaccia su Via Toledo, esattamente di fronte la famosa Via Santa Brigida, sede di innumerevoli uffici e boutique. Il via vai di persone è impressionante: potete immaginare che la quantità di dolci sfornata ogni giorni è sensibilmente alta. La pasticceria Pintauro tende a confondersi un po’ nel susseguirsi incessante di bar, pasticcerie e negozi, per questo vi consigliamo di attenevervi a poche indicazioni utili: guardate sempre il lato di Via Toledo che si inerpica per tutta una serie di vicoli e vicarielli su per i Quartieri Spagnoli. Ad un certo punto, vi ritroverete sicuramente una folla di persone in fila oppure già in possesso delle magiche sfoglie.Da tenere ben presente è l’abbastanza inomprensibile chiusura estiva di Pintauro, che si protrae per mesi e mesi. Passi il caldo, passino le ferie, però Napoli allo stato attuale esplode di turisti in ogni momento dell’anno, non c’è bisogno di chiudere sei mesi. Per citare un altro luogo iconico, che so, è come se Pasteis de Belem chiudesse inspiegabilmente da dicembre a marzo causa forte vento lisboeta.
Il mini-ambiente è angusto e – quando è aperto – perennemente affollato. Durante la mia visita ad inizio novembre, le vetrine esterne erano invase già da roccocò troneggianti e struffoli senza miele. Le scaffalature recano altri dolci tipici napoletani, non di produzione di Pintauro, come il cosiddetto torrone dei morti, un blocco di cioccolato fatto a forma di bara, diffuso nel periodo di Ognissanti. Sarete pervasi dall’aura fucking kitsch.
Pintauro: le sfogliatelle
Per questa prova ho preso i dolci simbolo della pasticceria, sfogliatella frolla e riccia. Così doveva essere a mio parere, poco valeva la pena spingersi ad altre cose. Le vetrine, stracariche di roccocò e struffoli, risentivano ancora del clima caldo del novembre napoletano.
Il prezzo di due euro a sfogliatella (sia riccia che frolla) penso che sia il più alto della città.
La sfogliatella riccia di Pintauro è tremula, nel senso che le pieghe della sfoglia si aprono qua e là a ventaglio senza troppa vergogna. Ci viene servita calda – a tratti bollente – quindi l’apro rapidamente per lasciar evaporare un po’ di aromi e soprattutto di calore. Mi sarebbero serviti i tergicristalli agli occhiali. Non presenta fuoriuscite di ripieno in ogni caso, nè difetti evidenti di cottura come bruciature. Un rapido sguardo all’interno, mostra l’assenza di residui di crudo. Il test visivo è ampiamente superato, passo al morso.
Il crunch della sfoglia non delude: persistente, lascia sulle labbra un po’ di effetto Labello causa l’untosità, sicuramente aiutata dalla temperatura di servizio. Il ripieno d questa sfogliatella riccia non è particolarmente goloso: c’è un eccesso di semolina sensibile che va a coprire la ricotta, eccesso che non guasta il boccone ma che appiattisce molto sul gusto di semola: come se avessi mangiato una buona sfoglia con cucchiaiate di una crema che non ha molto sapore. Anche se dalla foto non si direbbe, i canditi ci sono: li ho piluccati dal ripieno prima che cadessero per strada. Questi erano buoni, grossi e rettangolari. Siccome un po’ sono golosa e un po’ smaliziata, faccio la prova con i bocconi rimasti dopo circa un’ora. La sfoglia si difende bene anche da fredda, il ripieno si è rappreso ed ha perso consistenza.
La sfogliatella frolla si presenta già con il difetto di fabbrica, cioè si è praticamente smascellata su se stessa: decisamente aperta, viene da pensare ad un trauma post-cottura, visto che comunque il ripieno non risulta bruciato e/o fuoriuscito. Anche qui la temperatura è calda ma, grazie alla rottura, meno incandescente della precedente. La pastafrolla non ha praticamente odori: sembra una scorza neutra dove hanno ficcato il ripieno, sinceramente si scolla anche con la stessa sensazione. Come se stessi sbucciando un’arancia, fusione tra guscio e ripieno non pervenuta.
Stupisce piacevolmente l’assenza, anche qui, di difetti evidenti di cottura: la pastafrolla è umida al punto giusto senza mostrare “cedevolezze” interne e bagna eccessiva, ma è davvero troppo spessa ed “insapore” per essere apprezzata. Il ripieno è sostanzialmente uguale a quello della sfogliatella riccia: presenza marcata del semolino, poca ricotta, dolcezza non eccessiva ed aromi non distinguibili. Bella la presenza di un filetto di cedro candito, molto gustoso e dalle dimensioni XXL.
Conto e opinioni
Come anticipato, il costo di due euro a pezzo rende questa sfogliatella costosa. Se ne vale la pena, lo dice la fila dei clienti in paziente attesa, dopotutto. Non sarà la sfogliatella più esaltante della loro vita, però, mi auguro che abbiano abbastanza giorni napoletani da provare qualcosa dal gusto più esaltante e meno piatto. Il richiamo storico fa ancora la sua sporca parte per quanto riguarda la Pasticceria Pintauro: in effetti, la sensazione solenne che ti assale entrando ed uscendo da quel loculo, è forte. Però, come tutti i grandi marchi, non si può vivere di sola storia. Sebbene l’esecuzione sia perfetta in quanto a cottura, il ripieno risente molto della presenza marcata della semolina, atta a “nascondere” la poca ricotta presente. Da riprovare.
Informazioni
Pasticceria Pintauro a Napoli
Indirizzo: Via Toledo 275, Napoli
Sito Web: Non presente.
Orari di apertura: tutti i giorni 09.00-20.00 orario continuato – salvo chiusure stagionali
Tipo di cucina: pasticceria classica napoletana
Ambiente: solo asporto
Servizio: informale e velocissimo