Palmanova, la città fortezza, è a forma di stella a nove punte ed è Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’Unesco. Circondata da tre cerchie murarie concentriche, realizzate all’epoca della Serenissima Repubblica di Venezia, ha una dichiarata vocazione di città militare come testimoniano le numerose e particolareggiate rievocazioni storiche e come emerge a livello architettonico, ma non solo. Ecco perché abbiamo individuato cinque motivi gourmet per visitarla, perché il cibo, come in tutto il Friuli Venezia Giulia, è parte integrante del suo Dna.
La Caffetteria Torinese
La Caffetteria Torinese dovrebbe essere in ogni città italiana insieme al suo patron Nereo Ballestriero. Solo la lungimiranza di un uomo aperto alla curiosità e alle eccellenze del mondo può infatti trasformare una caffetteria di paese (Palmanova non raggiunge i 6 mila abitanti) in una mecca gastronomica nazionale. Qui si viene dalle colazioni all’aperitivo, complice l’annesso bistrot e la proposta per pranzi e cene (il lunedì si mangia trippa, qui preparata con crema di Montasio). Ma seppur le offerte dolci per l’inizio della giornata siano di tutto rispetto, sono quelle salate che fanno esclamare chapeau, ma chapeau veramente.
Cominciamo dal pane, quello di Orso Bakery 1962 di Aiello del Friuli (Ud): fragrante, ben cotto, preparato con lievito madre e farine macinate a pietra è il giusto sodalizio con i salumi e i formaggi tra cui scegliere. E qui non c’è che l’imbarazzo della scelta, a cominciare da quel “formaggio zingaro” che Josko Sirk de La Subita affina in fossa. Stiamo parlando di Montasio, Latteria, Tome di malga e Tolminc (della vicina Caporetto) che Sirk porta ad affinare a Roncofreddo (Fc) da Renato Brancaleoni che utilizza solo determinate erbe di sfalcio dei suoi campi per realizzare “la magia”.
Bene, alla Caffetteria Torinese, così chiamata perché fondata nel 1938 da due giovani albesi di cui nessuno conosce il nome, questo formaggio si può ordinare per colazione. Come si possono scegliere degli assaggi di pane con cui gustare erbe spontanee come il tarassaco o il Radic di Mont, un radicchio di montagna che si raccoglie, in un tempo limitato, dopo il disgelo o ancora le sarde in saor, il baccalà mantecato, le ostriche della Bretagna (importate da Jolanda de Colò che ha la sede proprio a Palmanova), la trota salmonata e i salmerini di Friultrota o la selezione di prosciutti crudi di Zuanon di Carpacco di Dignano (Ud). E poi ci sono il Frico servito caldo e filante con patate e Montasio o ancora la Pitina (carne affumicata delle prealpi carniche e presidio Slow Food) realizzata con carne di maiale e altra carne macellata all’occorrenza come capra o cervo. La Pitina assomiglia a un salame ma non è un insaccato ed è avvolta da farina di mais. Podio, infine, allo speck di Molinaro realizzato a Villuzza di Ragogna (Ud) stagionato anche 30 mesi.
Mangiare in città
E se la Caffetteria Torinese è una certezza a tutte le ore della giornata, non mancano in città altri riferimenti gastronomici per cui vale il viaggio. Uno di questi è la pizzeria Il Melograno che realizza impasti a lunga maturazione a base di pasta madre, farina di Tipo 1 e grano 100% italiano da agricoltura sostenibile. Tra le pizze in carta spicca l’Insolita realizzata con pasta madre al succo di melograno, passata di datterino giallo, stracciatella di burrata, cipolla rossa caramellata e semi di sesamo nero. Al Convento la tradizione è servita in tavola con i pesci dell’Adriatico e i prodotti friulani accompagnati con i vini tipici della regione: Collio, Collio Orientale, Isonzo e Aquileia. E poi ancora il Terra Madre Bistrot con piatti che vanno da un’ampia selezione di prosciutto di San Daniele alle trippe e al baccalà (ma anche il gulash, del resto il Friuli Venezia Giulia è terra di confine) o ancora La Tavernetta che propone una cucina casalinga capace di spaziare dalle aringhe alle seppie in umido.
La Prosciutteria di Dok Dall’Ava
Dal 1955 la famiglia Dok Dall’Ava lavora nella realizzazione di prosciutti stagionati in quel di San Daniele del Friuli (Ud) e da qualche anno ha aperto la sua Prosciutteria Ristorante all’interno di uno dei cinque villaggi italiani della collezione Land of Fashion. Trasformato in una galleria d’arte a cielo aperto grazie alla collaborazione del maestro internazionale di Street Art Geometric Bang, il Palmanova Village ospita dunque enormi dipinti, elementi tridimensionali e di lighting design, ma anche negozi di moda e di design accessibili 7 giorni su 7; in questo contesto il locale di Dok Dall’Ava che propone una selezione delle sue eccellenze insieme ad altri prodotti di qualità locali.
Il San Daniele di Dok Dall’Ava proviene da cosce selezionate di maiali allevati in Pianura Padana, lavorate con il sale e con il tempo: sono infatti 16 i mesi minimi di stagionatura per i prosciutti. Dall’Ava li propone in differenti tipologie: N.10, stagionato oltre 20 mesi e lavorato solo con sale marino di Margherita di Savoia (Puglia); il Fumato, leggermente affumicato con legno di faggio; il Patadok, una coscia di suino Iberico Romanico de Bellota, lavorato con le tecniche tradizionali del San Daniele e stagionato almeno 24 mesi; Nebrodok, ottenuto dal suino nero dei Monti Nebrodi, in Sicilia, allevato allo stato brado e nutrito con la vegetazione spontanea del sottobosco; Hundok, razza ungheresek, dolce e morbido, ultimo nato in casa Dall’Ava.
Jolanda De Colò
È di Palmanova questa insegna del gusto che negli anni ha aiutato a scrivere la storia della gastronomia italiana. Aperta nel 1976 da Alana de Colò e dal marito Antonello Pessot, l’azienda ha le proprie radici nella produzione di salumi d’oca e foie gras, oltre che nell’affumicatura naturale di carni suine e ittiche. Negli anni Jolanda De Colò si è ingrandita diventando un vero e proprio punto di riferimento per l’alta ristorazione grazie anche alla guida del figlio Bruno Pessot: qui si produce, ricerca, seleziona e distribuisce il meglio delle specialità alimentari provenienti da tutto il mondo, con una particolare attenzione, come è ovvio che sia, per la produzione friulana.
Ed ecco che prodotti come la Pitina, il salame d’oca o il foie gras che da sempre caratterizzano l’azienda, affiancano eccellenze d’importazione come la Manzetta Prussiana, il gambero blu della Nuova Caledonia, l’agnello norvegese North Lamb o i fiori commestibili dell’Insalata dell’Orto coltivati in Italia.
La vicinanza a La Subida Sirk
Venti minuti di macchina separano Palmanova da Cormons, il regno de La Subida e della famiglia Sirk: e quindi la città a forma di stella è il punto di partenza ideale per una gita sul Collio. Qui, da tempo immemore, si trova questo luogo del gusto e dell’ospitalità che comprende il ristorante Trattoria al Cacciatore (stella Michelin dal 2007), l’Osteria la Preda de La Subida vocata alla tradizione e l’esclusivo borgo immerso nel bosco dove soggiornare in assoluto silenzio e lontano dai mezzi di comunicazione per vivere a stretto contatto con la natura. La Subida è un’esperienza di gusto, di affetti, di bellezza.
La storia del ristorante stellato guidato da Alessandro Gavagna inizia negli Anni 80 con Josko Sirk e la moglie Loredana, che decidono di trasformare l’osteria di famiglia in un riferimento gastronomico del territorio, riuscendoci a tutto tondo. Alla Trattoria del Cacciatore il benvenuto è con la polenta morbida cotta nel paiolo, il Montasio in fossa e il prosciutto crudo d’Osvaldo, ma poi si possono assaggiare anche La Trilogia di Sclopit (il fresco del pesto, le foglie croccanti e il tortello ripieno), i mitici Girini, briciole di pasta buttata serviti con i primi germogli dei campi fioriti, coniglio e fiori eduli, oppure il filetto di cervo scottato alla brace con uova di trota, ma anche il Sorbetto e l’Aceto di Casa Sirk. Già, perché Josko Sirk, papà di Mitjia e Tania Sirk è (anche) produttore di aceto e fondatore degli Amici Acidi, quel gruppo di professionisti che lavora per rivalutare l’aceto nella cucina italiana. E, proprio nel bosco, si può visitare anche l’Acetaia di Sirk de La Subida dove, partendo da uva intera di Ribolla Gialla, si produce un prodotto che per sentori e complessità non ha nulla da invidiare ai vini del luogo.