“And the winner is… Massimo Bottura, with Osteria Francescana!” Applausi. Gioia, lacrime, commozione, senso patrio, tutto assieme.
Questa è stata la reazione di noi italiani alla proclamazione di Massimo Bottura quale miglior cuoco del mondo alla 50 Best Restaurant 2016, questo l’orgoglio per il successo dello chef modenese che rappresenta la cucina italiana, quella buona, quella diversa dal solito cliché tutto pizza e ragù, una cucina capace di incantare palati e fini e non, moderna senza dimenticare le sane radici della cucina tradizionale più buona del mondo.
E noi, noi Italiani che Modena ce l’abbiamo qui a due passi, vuoi non avere il legittimo desiderio di andare a casa dello chef stellato per assaggiare le sue meraviglie e vedere un po’ che aria tira, per dare un’occhiata, per provare?
Almeno una volta nella vita. Almeno per avere modo di dire agli amici “io ci sono stato”. Se “prima” ci avevate soltanto pensato, ora il tarlo della curiosità sta scavando senza sosta.
Peccato che lo stesso desiderio ce l’abbiano pure altre centinaia di appassionati o solo curiosi che come noi anelano al posto al sole, nella recondita speranza di vedere il messia del Parmigiano in 5 stagionature, il guru del Bollito non Bollito, che magari si avvicina al nostro tavolo e lo ammanta di luce e gloria con la sola mistica presenza.
Ma noi siamo fermi, decisi, risoluti e con i consigli ricavati da chi c’è stato veramente avremo un quadro più chiaro dell’avventura “voglio andare da Bottura”.
La prenotazione
Ovviamente scordatevi di prenotare oggi per sabato o per l’anniversario della dolce metà la prossima settimana, non esiste proprio. La lista di attesa per avere un posto nel rinomato locale, da Bottura così come al Noma e tutti gli altri luoghi della combriccola dei migliori al mondo, è di mesi. Tanti mesi. Quattro, cinque, sei.
Un’attesa che manco una risonanza magnetica urgente alla ASL riesce a pareggiare, e quindi mettetevi l’animo in pace: d’altronde, si muovono masse di gente da ogni parte della terra, e il locale non è certo uno stadio.
Come ogni buon investimento (è il caso di dirlo), la puntata all’Osteria va programmata e prevista con largo anticipo, non c’è scampo. E anche la prenotazione stessa, online o telefonica, impiegherà non meno di quattro o cinque ore di refresh continui sulla pagina web del ristorante o altrettante ore di continue chiamate telefoniche.
Ma noi siamo decisi e le più aspre difficoltà non ci spaventano. D’altronde, il gioco vale la candela, le nostre vogliose papille gustative non rimpiangeranno di aver aspettato tanto. Nel frattempo, il ristorante sotto casa potrà benissimo provvedere, come ha fatto finora, alle vostre esigenze culinarie.
L’atmosfera, il mood e il food
Quando si decide di andare in uno dei templi mondiali del gusto non ci si va certo per “mangiare un boccone”, o per provare semplicemente un nuovo ristorante. Per questa funzione, continuano ad andare bene i ristoranti della vostra città e i nuovi locali modaioli e alternativi che sbucano come funghi ogni giorno.
All’Osteria, come negli altri locali par suo, ci si va per fare un’esperienza culinaria e gastronomica, quasi “mistica”, con buona pace di Santa Teresa d’Avila. Ci si va per assaporare, certo, ma anche per capire quello che lo stellato chef ha voluto comunicarci con il suo piatto, per assaporare un po’ della sua aura (mai termine fu più azzeccato per la personalità cerebrale di Bottura).
Insomma, ci si va, in fondo, anche per contemplare delle opere d’arte che non sono appese al muro ma hanno come tela un piatto candido, e quindi anche il locale e la relativa atmosfera saranno in linea: non aspettatevi di gozzovigliare e darvi alla crapula come alla Locanda degli amici davanti a un piatto di coniglio in porchetta.
Qui l’atmosfera è, pure lei, mistica, e l’ambientazione tale da farvi godere di quanto proposto nel piatto/tela con l’adeguato rispetto.
Un silenzio assordante accompagnerà il vostro sommesso (sommesso, avete capito?) mandibolare, e camerieri deferenti ed ossequiosi, forse fin troppo, saranno sempre vicino a voi, come degli angeli custodi, attenti a ogni vostra minima esigenza, che va dal riempirvi il bicchiere di liquido ogniqualvolta sarà terminato ad ascoltare ogni richiesta.
Insomma, un pasto tranquillo e in silenzio, un silenzio che a volte potrà portarvi a un leggero stato di soggezione, ma anche a un pasto lontano da brindisi di paese e marmocchi urlanti tra i piedi. Finalmente.
La spiegazione del menu
Non piatti ma quasi opere d’arte moderna, abbiamo detto. Che certo, a volte assumeranno queste fattezze (il piatto si chiama “This little piggy went to the market”, citazione di una ninna nanna anglosassone) e magari vi faranno domandare se siete capitati casa di uno chef stellato o alla recita di fine anno della figlia del cameriere, con annesso rinfresco e biscottini manufatti dalla festeggiata ottenuti con lo stampino a forma di porco.
Ma, piccoli maialini a parte, gli attenti camerieri provvederanno a spiegarvi ogni portata nonché il pensiero che sta alla base della loro creazione. Ma non solo. A volte sarà Bottura stesso (!) a uscire dalla cucina, sedersi con voi al tavolo (come se non bastasse la soggezione creata dal clima leggermente monacale presente in sala) e illustrarvi la sua creazione, come è nata l’idea di quel piatto, come è stata realizzata e cosa egli stesso abbia voluto comunicarci.
E’ comunque degno di nota il fatto che l’autore si interessi del commensale e voglia condurlo proprio là, proprio nel luogo dove la sua idea è nata, e che per lui non sia indifferente che il cliente capisca cosa lo chef abbia voluto comunicare con quel piatto.
I menù degustazione al momento sono tre: Tradizione, con i piatti più famosi di Bottura a 180 €; Innovazione: con i nuovi piatti ideati dallo chef a 195 €; un terzo menù con i piatti provenienti da entrambe le carte chiamato Supermenu a 210 €. Altra possibilità: non scegliere un menù degustazione e ordinare i piatti singoli dalla carta. Una scelta non particolarmente conveniente.
Il cibo
Quando vai all’Osteria Francescana il cibo buono lo dai per scontato, per sottinteso, per ovvio. La ricerca degli ingredienti migliori, le impeccabili tecniche di esecuzione, la continua ricerca di un’originalità discreta ma nettamente percepibile, nonché il tocco da maestro, sono elementi che in locali di questo tipo non vengono, o mai dovrebbero venire meno alle aspettative.
I piatti sono pensati, studiati, eseguiti con la maestria e la competenza che ci si aspetta dai migliori cuochi del mondo, e spaziano dalla cialda di pane con gelato salato al coniglio, ai macaron al coniglio, l’ostrica fritta su brodo di prosciutto condensato o le lenticchie cotte nel brodo di anguilla con emulsione di rapa, o anche al maialino cotto a bassa temperatura con gelatina di zafferano, per finire col croccante di foie gras all’aceto balsamico.
Piatti che chi ha avuto la fortuna di assaporare ha descritto come una delle esperienze sensoriali più voluttuose a cui sia andato incontro.
Il prezzo
Sì, va bene, il cibo, l’atmosfera, il messia, lo spiego, va bene tutto ma…il prezzo?
Se purtroppo appartenete alla categoria di persone di cui Onassis diceva ” se chiedi il prezzo, vuol dire che non te lo puoi permettere”, alla fin fine vorrete avere almeno una vaga idea, un’ordine di grandezza di quanto spenderete per le vostre tre ore di piacere eno-gastronomico firmato, di quanta parte del vostro sudato stipendio andrete –letteralmente– a mangiarvi, in una sera.
Bene, contate sui 300 eurini di media (come Bottura stesso ha spiegato a Dissapore), centinaio più, centinaio meno: mica vorrete stare lì a fare i pidocchi su cento euro, vero, dopo che vi siete voluti imbarcare in quest’impresa e dopo tutta la fatica per prenotare e i mesi di trepidante attesa?
Ma chi li ha spesi, o meglio investiti, è stato contento e non li ha rimpianti, e questo è l’importante, impiegare tempo, energie e risorse (finanziarie) in qualcosa che meriti, in qualcosa che valga la pena.
E l’Osteria Francescana vale la pena.
[Crediti | Link: Dissapore, Vice]