Lo so, non vi preoccupate. Questa sarà la milionesima recensione sull’Osteria Francescana di Modena in cui vi imbattete, e Massimo Bottura è anche il soggetto preferito per le gare di celolunghismo gastrofregno tra le varie penne del food, per cui facciamo così: vi risparmio pipponi introduttivi e convenevoli.
D’altronde se foste alla ricerca di una sua biografia potete tranquillamente guardarvi Chef’s Table, se voleste entrargli in casa ci sono le Kitchen Quarantine su Instagram, se aveste intenzione di percularlo c’è un apposito articolo su Dissapore, ma una cosa posso farla: c’è il nuovo menu degustazione ispirato ai Beatles, (costa 290 euro, unica alternativa alla scelta dei piatti à la carte) intitolato “With a Little Help from my Friends”, e posso dirvi com’è. E magari ispirerà qualche valutazione inedita sul cuoco più valutato del mondo.
Disclaimer: le foto delle portate descritte sono sinonimo di “artigianalità”, come si dice nel settore delle calzature. Visitiamo i ristoranti in incognito e le immagini sono frutto di un’esperienza reale; troverete scatti patinati degli stessi piatti altrove.
Massimo Bottura oggi, piatto per piatto
Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band
LSD
Un inizio decisamente quieto, anche se il riferimento al trip acido avrebbe fatto presagire altrimenti, ma l’approccio alla psichedelia dei Beatles non è certo quello dei Monster Magnet: è un viaggio sereno, dilatato nel tempo e nello spazio, in cui tre accomodanti tartine ci accompagnano accarezzandoci con acidità pacate e contrasti melliflui. È un benvenuto, poco più di un aperitivo e per ora va bene così.
A Day in the Life
Pane sfogliato, annodato con miele di Casa Maria Luigia e cristalli di sale
A cos’altro si potevano accostare i concetti di giorno e di vita? Il pane è sempre stato centrale nel Bottura pensiero, tanto che il fuoriclasse modenese è stato tra i fautori della rivoluzione del suo servizio nella ristorazione, passando da cataloghi di arte bianca varia con decine di varietà a una sola, religiosa pagnotta, da spezzare a mano e condividere. Ecco, tutto meraviglioso, ma mi resta il dubbio sul senso di servire in un degustazione da 11 piatti un intero panificato da un paio d’etti (vado a occhio) a metà strada tra un panettone e un Kouign-Amann. Arrivare alla fine dà la sensazione di avere scalato un sarcastico crescendo orchestrale, ingollando l’ultimo boccone si culmina in un MI maggiore tanto opportuno quanto artificiosamente stiracchiato, esattamente come nel finale nella traccia di chiusura di Sgt. Pepper’s. Che sia questo il vero riferimento musicale?
Cellophane Flowers & Kaleidoscope Eyes
Seppie, nero di seppia, cappesante, cozze e bottarga
L’ultima incarnazione della Caesar Salad della casa. L’architettura è quella, col cespo di insalata a dare struttura e base ritmica, tanti contrappunti croccanti e un paio di sincopi sapide, ovvero ikura e caviale. Sfogliando sfogliando la parte erbacea emerge come vero soggetto del piatto, mentre cefalopodi e molluschi sono golosi ma rotondi.
Yellow Submarine
Rombo, patate, ananas, daikon, fiori
Uhm. Qui il rapporto ambientazione musicale/piatti comincia a scricchiolare. Yellow, va da sé che si fa un piatto giallo, prendiamo lo zafferano e siamo a posto. Submarine, si fa un piatto di pesce, abbiamo svoltato. Rombo con le patate e risotto allo zafferano riassunti in una crocchetta. Funziona, non c’è niente che non vada: è pur sempre un fritto accompagnato da dei punti d’acidità, cosa potrebbe andare storto? Nulla, anzi, il lavoro sulla salsa di ananas alla griglia è assolutamente interessante. Ma chiunque abbia frequentato queste tavole potrà rendersi conto che un piatto così, che farebbe la fortuna di qualsiasi monostellato rampante, giusto un paio di stagioni fa non avrebbe avuto la dignità di essere considerato più di un aperitivo. L’ispirazione musicale aveva portato alle dissonanze al buio dell’Omaggio a Thelonius Monk, la riflessione sul fritto alla frittura istantanea di albarelle con gelato di carpione; è la mancanza di profondità che lascia perplessi.
Capito? Submarine, profondità… santo cielo mi sa che sto cominciando a entrare nell’ottica del menu.
Strawberry Fields
Riso con gazpacho di fragola, lambrusco, gamberetti, mozzarella affumicata e pepe Sechuan
Risparmiatevi pure le battute sul risotto di Enrico Bartolini e gioite nuovamente degli apparentemente infiniti doni dei munifici anni ’80. Una versione gourmet da manuale del classico risotto fragole e champagne, col lambrusco ideale sostituto della bollicina francese. Netto, brillante, goloso e con più carattere di qualsiasi piatto l’abbia preceduto. Abbiamo comunque un’altra conferma che l’ispirazione beatlesiana sia un vestito posticcio, che in questo caso ha lanciato un fortunoso assist alla frutta, ma un menu dedicato alla tabella Pantone avrebbe offerto spunti ben più calzanti.
If l’m Wrong l’m Right
Merluzzo in salsa di curry verde
Un piatto, ci spiegano, dedicato ai detrattori, agli haters della prima ora che non coglievano (usiamo un eufemismo) lo spirito avanguardistico di Bottura. Bisogna dargliene atto, gliene hanno dette e fatte di tutti i colori, e il nostro –a parte qualche dichiarazione di circostanza a Striscia la Notizia– non ha mai fatto un passo indietro. Giusto quindi concedersi un piatto celebrativo non di sé stesso ma di questa attitudine, e una bomba di speziatura, piccantezza, acidità, grassezza come il curry verde sarà il veicolo ideale per un bel dito medio a benpensanti, gastrotalebani e affini. Per questo trovarmi di fronte ad un riassunto così ingentilito del curry mi lascia un po’ spiazzato. Piacevole, preciso, con un lavoro magistrale sulla cottura del merluzzo, si ferma lì: esattamente come un sacrosanto e necessario vaffanculo che al momento topico si trasforma in un “gnignigni”.
We Are All Connected Under One Roof
Ravioli, pancia di maiale affumicata, vongole di Goro e New England clam chowder
Ve lo confesso: gli esperimenti sui ravioli tra oriente e occidente qui alla Francescana non li ho mai capiti. Da quelli gamberi e cotechino a questo, è evidentemente un mio limite, perché ci ritrovo coerenza di idee ed esecuzione, ma non riesco mai a trovare un capo e una coda al piatto finito. Capiamoci, sono preparazioni golosissime, e il profumo di maiale arrostito che invade le narici all’arrivo del piatto innesca una salivazione atavica, così come l’intento narrativo dell’usare la pasta ripiena come una sorta di esperanto culinario, punto di contatto con tutte le culture è il sogno di ogni gastrofregno che comunica il suo antirazzismo ingurgitando zampe di anatra in ristoranti nei quali non traducono manco il menù, perché fa troppo mainstream. Ma è sempre l’integrazione tra le due idee che sfugge nel piatto, e l’aggiunta della cucina americana a quella emiliana e a quella orientale accenta le incompatibilità. Segno dei tempi e affilato commento geopolitico?
Who’s Afraid of Red Yellow Green and Orange
Piccione glassato con mirtillo e sambuco, salsa di ciliegie, crocchetta di piccione con albicocca e savor
Wow. Ecco, qui mi ritrovo in via Stella a Modena e percepisco la capacità di Massimo Bottura di fare col cibo quello che vuole, onnipotenza gustativa del quale l’ospite può solo essere in balìa. Tecnica stratosferica ma soprattutto sensibilità palatale che gli permette di scorgere le più intime sfumature della materia prima. Se frutti rossi e piccione non paiono certo un abbinamento avveniristico, è il rapporto tra tannino dei mirtilli, nota ematica del petto e parte vegetale delle erbe a generare una vibrazione amara, terragna ed elegantissima. Dolce e acido danno completezza, e la crocchetta di rigaglie chiude già nell’ottica del piatto successivo.
In and Out of Style
Crème caramel con latte, foie gras, caramello e miele di Manuka
Solo a vederlo arrivare si capisce che questo piatto gioca un altro campionato, con un impiatto di essenzialità disarmante, e un nipponico rapporto tra linee e curve. Dalle rigaglie al fegato grasso, pensando ai dessert in arrivo. Una saturazione lipidica classica per il foie, appena accennato ma gestito con intelligenza ed eleganza.
Summer Is Coming
Crumble con spuma di yogurt, granita di piselli, fragole, carote, azuki e shiso, origami di patate e basilico
Un collegamento oriente/occidente che sicuramente funziona più dei ravioli. È la temperatura glaciale a dare ordine nel caos, dando ad ogni elemento la giusta configurazione per esprimersi alla sua massima intensità sensoriale.
In The Sky Without Lucy
Pesche arrosto, salsa di mirtilli, sciroppo di betulle, gelato di rosmarino, meringa di rose, zucchero filato e amaretti
È tutto scritto lì.
Sgt. Pepper’s Loney Hearts Club Band (reprise)
Vignola, Camouflage, macaron di lampone, madeleine allo yuzu
A riassaggiare il camouflage, oltretutto in quella dose omeopatica, scende una lacrimuccia. L’intensità e complessità del Bottura che ha cambiato la cucina italiana è tutta lì. Un amarcord doloroso.
Ormai credo che il messaggio fosse già chiaro almeno sei piatti fa. Che siate gastrofregni navigati in attesa che Bottura distrugga per l’ennesima volta ogni vostra certezza, o dei neofiti che vogliono capire cosa porti a Modena gourmet da tutto il mondo, questo non è il menù giusto.
Intendiamoci: l’ex miglior chef del mondo non è in declino e non si è improvvisamente dimenticato come si cucina. È palese che un percorso di questo tipo non capiti così, ma sia frutto di una scelta, ben ponderata e messa in pratica con altrettanto mestiere.
L’Antonio Lubrano che è in me fa sorgere spontanea una domanda: perché? Già.
Per rispondere dovrò uscire dalla mia comfort zone e intraprendere un’avventura nel luogo che più temo: il mondo reale. Perché il “problema” se di questo si tratta, nasce proprio lì. L’Osteria Francescana, che piaccia o no, non è più solo patrimonio esclusivo del gastrofregnismo. Massimo Bottura cucina per Gucci, il suo instagram è popolato di vip e star hollywoodiane più della homepage di Netflix, ed in questo è superiore a chiunque, si tratti di Redzedpi, dei fratelli Roca, o qualsiasi altro membro di quel club.
E attenzione, questa non è certo l’ennesima storia di un professionista obnubilato dal successo, anzi. È la consapevolezza di questo cambio di pubblico potenziale e della sua vastità esponenzialmente più ampia, rispetto al serbatoio da cui possono pescare tutti gli altri “poveri” tristellati, a dettare la scelta. Una degustazione alla Francescana non è più una montagna russa, ma più tipo i Corsari di Gardaland. Non più un concerto rock fatto di elettricità e sudore, ma lo spettacolo patinato di una pop star, non certo meno impegnativo per chi esegue, ma sicuramente più trasversale per il pubblico.
Ce ne faremo sicuramente una ragione, aspettando e sperando che i tempi permettano un ritorno di un degustazione d’avanguardia o almeno di un percorso dei piatti storici ad affiancare la svolta pop.
Per dare un voto all’Osteria Francescana oggi, devo considerare quando ho speso e quando altrove spenderei, per piatti di questo livello, e soppesare il tutto con ambiente e servizio. E purtroppo questo è un 7: I’m not half the Bottura I used to be.
Informazioni
Indirizzo: Via Stella, 22, Modena MO
Sito web: 059 223912
Orari di apertura: aperto tutti i giorni a pranzo e cena; chiuso domenica e lunedì
Tipo di cucina: fine dining pop
Servizio: basso profilo, alte prestazioni
Ambiente: galleristico