Si chiama Grand Tour Italia, la nuova avventura di Oscar Farinetti e, almeno sulla carta, sembra effettivamente molto più convincente del vecchio FICO Eataly World di cui prende il posto. Un po’ (troppo poco) parco dei divertimenti, un po’ (troppo) gigantesco supermercato del cibo, FICO non era mai davvero entrato nel cuore del pubblico e, alla fine, a settembre 2023 ne era stata annunciata la chiusura. O meglio, quella che in un primo momento sembrava essere una chiusura, con Oscar Farinetti che si era affrettato a specificare che si trattava solo di uno stop temporaneo, giusto per prendere fiato in vista di un nuovo progetto, ancora più FICO.
Alla fine, bisogna dare atto a Farinetti di aver tenuto fede ai suoi propositi: è di questi giorni l’annuncio dell’apertura (il 5 settembre) di Grand Tour Italia, una FICO rinnovata, con l’aggiunta di un fil rouge tematico che sembra dare maggior senso e una lettura più chiara all’intero progetto. Qui viene infatti raccontata l’enogastronomia di tutte le regioni italiane, una dopo l’altra, in una sorta di mini Expo nazionale che riorganizza in maniera intelligente la vendita dei prodotti alimentari, facendone un viaggio attraverso lo Stivale. Di FICO rimane molto, a ben guardare, tra la parte commerciale, quella dedicata agli eventi e ai congressi, e perfino quella legata al parco dei divertimenti con il Luna Farm, lo spazio per le famiglie, che resta attivo. La sensazione però è che questa nuova riorganizzazione aiuti a raccontare e a dare un senso a un progetto che prima si faceva un po’ fatica a inquadrare. Anche se, secondo Oscar Farinetti, le difficoltà di FICO erano meno di quelle che la stampa voleva far passare.
Come sarà Grand Tour Italia
Farinetti, ci racconta questo nuovo progetto?
“È abbastanza facile da raccontare: la vision rimane quella di FICO, cioè raccontare la biodiversità agroalimentare italiana, mentre cambia la mission, che da orizzontale diventa verticale. Quindi prima raccontavamo agricoltura-trasformazione-cucina-piatto, ora raccontiamo un viaggio in Italia, un po’ come fece Goethe, quando c’era la moda dei Grand Tour in Italia. Ci saranno venti porticati, visto che l’Italia è il paese dei portici, all’interno delle quali troveranno spazio le diverse regioni, con un’osteria del territorio e la vendita di prodotti tipici“.
Quindi ci saranno venti diversi ristoranti?
“In realtà saranno 23, perché abbiamo aggiunto un’osteria dedicata al centro congressi che si chiama Trattoria Bologna, una pizzeria e un’osteria solo di pasta fresca, oltre a quattro grandi caffè e al bar del Lambrusco che all’ingresso accoglierà tutti i visitatori con il benvenuto di Bologna: la rosetta piena di mortadella e un bel bicchiere di Lambrusco a cinque euro. Ma non ci sarà soltanto questo“.
E cos’altro?
“Un sacco di altre cose: otto aule didattiche dove Slow Food terrà i suoi corsi, ci sarà l’agricoltura narrata insieme a Coldiretti, e poi la libreria dei Capolavori, in collaborazione con la Scuola Holden di Torino, in cui si troveranno i 1.200 volumi più importanti della storia; un museo, con una mostra fotografica sul cibo nelle fotografie Magnum dagli anni Quaranta a oggi; il parco avventura dedicato ai bambini e una bellissima pista di go kart elettrici e tante altre novità“.
Quindi non ha abbandonato l’idea del parco dei divertimenti?
“No, perché il divertimento è assolutamente importante abbinato al cibo“.
FICO non è stato questo grande errore, semmai è la stampa che l’ha dipinto così
Guardandosi indietro, qual è stato l’errore di FICO e in che modo Grand Tour Italia pone rimedio?
“Lo abbiamo già analizzato miliardi di volte, non ci sono mica stati così grandi errori. Forse non dava abbastanza motivazioni per tornare, ma ci sono state cose molto peggiori in Italia, Fico ha funzionato benissimo per un anno e mezzo, prima del Covid. Venendo a Grand Tour Italia, questo formato è più piccolo, con l’aggiunta di molte attrazioni: riteniamo che offra più occasioni per tornarci. Mi dicono tutti che è veramente bello, che si respira un’atmosfera diversa da prima: poi vediamo come andrà, ma noi non molleremo mai“.
Ma se l’errore non è stato così grande, perché la percezione di FICO era così negativa?
“Ma io credo che si sia scatenata una certa stampa che non mi gradisce molto: io sono un imprenditore partigiano che ha una sua visione, e magari sto antipatico a qualcuno. Poi nella vita chi fa impresa le azzecca e le sbaglia, i grandi imprenditori mediamente ne sbagliano di più di quelle che azzeccano, l’importante è che poi a livello valoriale le cose che azzecchi valgano più di quelle che sbagli, che è quello che è successo a me, che se mi lamentassi sarei un disgraziato. Diciamo che dovevo restituire un po’ della grande fortuna che ho avuto investendo in questo progetto, mantenendo 150 posti di lavoro, finendo un incompiuto. Anche Leonardo da Vinci sbagliava sei opere su dieci, ma quelle quattro che azzeccava erano pazzesche, poi ogni tanto certi incompiuti si metteva lì e li finiva: io molto umilmente, senza volermi paragonare a lui che era un genio, cercherò di prendere esempio“.
Avete già ipotizzato un rientro dell’investimento fatto?
“Noi puntiamo a fare nel 2025 un milione e mezzo di visitatori, con una trentina di milioni di fatturato: lì c’è il break even. FICO il primo anno ha fatto tre milioni di visitatori, è stato un grande successo enorme, sono stata io pirla a dire che ne avremmo fatti sei l’anno successivo. Io spero possa andare così: poi se non succede non fa niente, siamo capienti, non abbiamo debiti, possiamo permetterci di durare anche più a lungo. Tuttavia ci proviamo“.