“È colpa del Reddito di Cittadinanza”: lo abbiamo sentito dire più volte, in questi mesi – che si apprestano a diventare anni – in cui i ristoratori e i gestori di locali di tutta Italia hanno avuto un enorme problema con il reperimento di personale.
Mancano i camerieri. I cuochi. Gli aiuto cuochi. I lavapiatti. I sommelier. E, più di ogni altra cosa, quest’estate – e anche quella precedente – sono mancati i lavoratori stagionali appartenenti a tutte queste categorie, perché ai problemi preesistenti si sono aggiunte le vacanze estive (vorrai mica rovinarti le ferie al mare). Il problema è diffusissimo e ha proporzioni davvero gigantesche, tali da mettere in crisi il settore della ristorazione: come si porta avanti un ristorante se manca personale adeguatamente formato – o anche da formare? Gli chef di tutta Italia si trovano nella stessa situazione ormai da tempo, e si rubano l’un l’altro le poche risorse rimaste. Poco elegante, forse, ma la necessità diventa più forte della correttezza.
Perché non si trova personale?
Che la colpa non fosse tutta del Reddito di Cittadinanza, in realtà, ne avevamo già la percezione. Certo, può anche essere che la prospettiva di prendere un sussidio dallo Stato fosse più allettante di quella di guadagnare uno stipendio poco più alto sgobbando in un bar o in una trattoria. Ma se la questione era davvero questa, quella di un mondo della ristorazione in cui una retribuzione era meno allettante del RdC, significa che era davvero l’ora di porsi delle domande serie sul settore. Ed è anche vero che ristoratori e beneficiari del Reddito di Cittadinanza se ne sono in alcuni casi approfittati, ed è successo in tutta Italia, da Nord a Sud. Ma si è trattato di episodi, appunto, spesso scoperti e puniti.
In realtà, in molti casi, le prospettive economiche (e di carriera) proposte dai ristoratori erano anche interessanti, eppure a offerta di lavoro corrispondeva – nei casi più fortunati – una manciata di curricula.
Da lì la domanda: cosa è successo al mondo della ristorazione contemporaneo? Perché mai è diventato così poco allettante, quando fino a pochissimi anni fa era il sogno di molti ragazzi e ragazze, e quando più o meno da sempre un lavoro in un locale era il modo più semplice di arrotondare per qualsiasi giovane studente?
La colpa, ce lo siamo sentiti dire più volte, ripetutamente e con forza, era tutta del Reddito di Cittadinanza. Ce lo hanno detto gli imprenditori (vedi alla voce Flavio Briatore), lo hanno ribadito i politici (ricordiamo un come sempre agguerrito Vincenzo De Luca) Ogni ristoratore intervistato, grosso modo e con qualche eccezione virtuosa, sosteneva questo. Così il Governo li ha ascoltati, e ha tolto il Reddito di Cittadinanza, sostituendolo con il Sistema Informativo per l’Inclusione Sociale e Lavorativa, che dovrebbe proporre offerte di lavoro a chi ne ha bisogno.
Dunque, problema risolto? Ora che il Reddito di Cittadinanza non c’è più, di colpo ricompariranno i giovani lavoratori della ristorazione? È sicuramente presto per dirlo, ma siamo abbastanza convinti che non sarà così. E lo dimostra anche il caso degli Stati Uniti, dove l’abolizione dei sussidi simili al Reddito di Cittadinanza non si è tradotta in un aumento dei camerieri – il Wall Street Journal ha chiaramente riportato che gli Stati che hanno interrotto anticipatamente i sussidi di disoccupazione non hanno visto alcuna differenza nella crescita dell’occupazione.
Perché evidentemente il problema di attrattiva della ristorazione, dei suoi tempi e modi e dei suoi stipendi era molto ma molto più complesso. E come spesso accade, la sensazione è che si sia persa l’occasione per una riflessione seria sul tema.