La Meraviglia, per il Ministero del Turismo, è una Venere in minigonna che posta sui social le bellezze italiane, e pure la pizza, ma si dimentica di tutte le altre eccellenze enogastronomiche del Belpaese. Di cosa stiamo parlando, ormai, lo sappiamo: la campagna pubblicitaria che il ministro Daniela Santanché ha voluto per promuovere il nostro Paese all’estero è l’oggetto del dibattito di questi giorni.
Piace? Insomma. Al netto di qualcuno che la trova giovane, azzeccata e meno fané di tante altre, e al netto – bisogna dirlo – del confronto con i disastri precedenti (su tutti, Rutelli e la sua preghiera in italenglish che nemmeno Super Mario), il giudizio generale sembra essere negativo. Anche perché gli errori oggettivi sono tanti: un sito in sole quattro lingue, un claim che unisce italiano e inglese senza essere davvero comprensibile in nessuna delle due lingue, una scopiazzatura dalla Chiara Ferragni nazionale che dà un po’ la sensazione che non avessimo i soldi per pagare una vera influencer e allora voilà, eccone ritagliata una aggratis.
E le immagini della cantina Čotar in Slovenia, che è meravigliosa ma non rappresenta esattamente il vino italiano. Che va bene andare di immagini di stock, ma almeno sceglierle nazionali non sarebbe stato male, in un video che racconta il meglio che l’Italia ha da offrire.
Sono solo alcune delle cose che mettono in dubbio la qualità e l’efficacia di un progetto promozionale che punta a migliorare quello che dovrebbe essere il comparto di traino di questo Paese: il turismo.
Santanché e Lollobrigida, a quando una riunione vis à vis?
Non siamo mica noi a dirlo: è questo Governo che – giustamente – punta a risanare l’Italia grazie al turismo e alla promozione delle sue eccellenze. Soprattutto nel comparto enogastronomico, al punto da aver fatto del ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare un ministro chiave dell’immagine meloniana.
Un ministro che vuole salvare il Made in Italy (ma per carità, non chiamiamolo Made in Italy che i termini inglesi fanno così apertura verso l’esterno) e farne una bandiera d’assoluto orgoglio per il popolo italiano. Perché in fondo, si sa, i turisti stranieri vengono in Italia più per i prodotti agricoli che per i musei. Di nuovo, mica lo diciamo noi: a esserne assolutamente convinto è proprio il ministro Lollobrigida, che a quanto pare non è stato coinvolto nel briefing della nuova campagna “Open to Meraviglia”.
Perché, se c’è un’ulteriore cosa che manca a questa campagna incentrata sulla Venere 2.0, oltre al buon gusto, è proprio l’enogastronomia. Si dirà: ma non è vero, la Venere sta lì a mangiare una pizza, proprio come fece a suo tempo Chiara Ferragni. Ma quella pizza, in quel contesto, non è certo in rappresentanza delle eccellenze nazionali, quanto dell’infornata di luoghi comuni legati all’Italianità che fa rima con mandolino e pure con mafia, ma questo in un contesto di promozione turistica è bene tacerlo davvero.
Niente piccoli artigiani del cibo, niente agricoltori, niente vino (se non quello sloveno), niente super chef – eppure, su questo tema, di testimonial riconosciutissimi nel mondo pure ne avremmo. Niente cibo come motore dell’offerta turistica, se non in senso generico: “tanto cibo delizioso” – così viene presentato il settore sul sito legato alla campagna – suona un po’ come un’immagine del Colosseo con una Venere del Botticelli che si fa un selfie con il suo nuovo iPhone. In effetti, probabilmente, è così che il turismo vede la promozione dell’eccellenza enogastronomica itaiana: funzionerà? Forse, almeno finché non si scoprirà che quella pizza era presa da un’immagine di stock di una nota catena di pizzerie giapponesi.