La prima volta che assaggiai un piatto preparato da Mariangela Susigan, chef de La Gardenia (fino a pochi giorni fa una stella Michelin a Caluso, in provincia di Torino) era il novembre del 2017. Era un raviolo di segale e salampatata. Ruvido, corposo, pieno, buono. Ricordo di aver pensato che nelle mani di quella donna gentile che lo cucinava ci doveva essere una grande forza, perché gran parte era rimasta chiusa in quel raviolo. Semplice, in effetti. Cucina povera, diremmo e avremmo detto. Ma efficace, aggiungo io, e non solo perché era gustoso, ma anche perché mi aveva detto qualcosa di chi avevo davanti, cosa che probabilmente i cuochi dovrebbero sempre fare.
Cosa è successo dopo?
L’ultima volta che ho mangiato da Mariangela Susigan, alla Gardenia di Caluso, era l’estate del 2022. In termini gastronomici, neanche troppo tempo fa. Quel che ho visto, in una bella giornata di sole non troppo caldo, mi è piaciuto davvero, tanto che mi ero promessa di ritornare al più presto, magari accompagnata dai miei bambini (non è successo, ma succederà). Un ristorante di campagna, circondato dal verde, con un orto e un lavoro sul vegetale interessante. Magari non d’avanguardia, ma delicato e rispettoso della materia prima.
Non a caso Mariangela Susigan era stata una delle primissimissime a ricevere la Stella Verde, nel 2021. Prima di Enrico Crippa, per dire.
Quanto alla cucina, mi avevano colpito (e in effetti, portato a Caluso) i prezzi del menu, interessantissimi, che a pranzo partivano da 35 euro. Nulla, per uno stellato, per quanto uno stellato un po’ fuori mano. La cucina era una cucina per lo più di tradizione, molto verde, con qualche piatto un po’ meno comprensibile in quel contesto (i gamberi rossi e le capesante ricordo che mi avevano lasciato un po’ perplessa, per quanto fossero servite in un orto di verdure) e con qualche piatto più divertente, più giocoso, che mostrava la volontà di una chef d’altri tempi di confrontarsi non solo con il passato e la tradizione, ma con la modernità.
Il Ramen in Canavese (un tajarin di canapa con kimchi di rucola, miso di Piattella, brodo di bucce e zenzero), ad esempio, mi era piaciuto molto. Sia nell’idea che nella presentazione che nella sostanza. Ancora una volta semplice, agreste, come quello che avevo intorno.
Ero andata via da quel pranzo con una bella sensazione, complice anche la bella giornata e il giardino fiorito.
Cosa è successo dopo, da lì a quando la Guida Michelin, due giorni fa, ha deciso di togliere la stella a Mariangela Susigan e al suo La Gardenia, non saprei dirlo. Di certo, la Michelin sembra non amare Torino e il Piemonte in questi anni: la caduta della stella de La Gardenia pesa quanto quella di Casavicina dello scorso anno, e un po’ gli somiglia. Due ristoranti storici, molto legati al territorio, forse un po’ troppo uguali a se stessi, anche se questa cosa, alla Michelin, normalmente non sembra dispiacere. Di certo, in entrambi i casi, non le peggiori espressioni del fine dining di zona che ci vengono in mente.
Eppure la Guida Michelin qualcosa ha visto, evidentemente, per prendere una decisione così drastica. Cosa, forse, ce lo dirà il tempo. O forse no.