Pino Cuttaia è lo chef della memoria. I suoi piatti, spesso, nascono dai ricordi, da quel legame imprescindibile con la famiglia, con il territorio, con il mare che ama considerare un orto. Ed è a La Madia di Licata (Ag) che la sua cucina tocca vette estreme raccontando con una semplicità disarmante piatti dalla realizzazione complessa e dai gusti netti, decisi, concreti. Uno di questi è la Nuvola di Caprese che ormai da una decina di anni rappresenta uno dei simboli visivi e gustativi della sua cucina.
Tra latte e mozzarella
“Il piatto è nato osservando la pellicina che si forma sul latte quando bolle. Lo stavo preparando per una bagna càoda – spiega Cuttaia – e la pelle che si è creata durante la sua cottura mi è sembrata così perfetta da contenere una mozzarella al suo interno”. Immaginazione e realtà spesso si intrecciano nella mente visionaria di chi è capace di guardare oltre. E così, quasi da un gioco e da un esperimento nasce uno dei piatti più conosciuti dello chef siciliano cresciuto a Torino (ecco spiegato il richiamo alla tipica salsa piemontese che si prepara facendo bollire l’aglio nel latte e poi, una volta ammorbidito, aggiungendolo a olio extravergine di olive e acciughe).
Il richiamo dunque, tra latte e mozzarella è stato immediato: “Mi è venuta alla mente in quel momento – prosegue Cuttaia – la mozzarella di bufala appena fatta, ancora calda e piuttosto compatta: ecco perché ho voluto creare questo piatto capace di realizzare un’illusione visiva mettendo sotto questa pellicina qualcosa che fosse l’esatto contrario del mio ricordo”.
La lavorazione è complessa: la mozzarella è centrifugata con l’aggiunta di panna di bufala, quindi è messa a riposare per un giorno. Dopo essere stata filtrata si separa il liquido che viene montato e avvolto nella pellicina del latte: la finta mozzarella è a questo punto servita su una spremuta di pomodoro datterino profumato con aglio e basilico che viene anche usata a completamento della portata per insaporire del pane, come fosse una panzanella. Potremmo definirla una caprese poetica che guarda al piatto simbolo campano trasformandolo in una versione quasi eterea elevandola a proposta di un ristorante due stelle Michelin.
Gli altri piatti icona di Pino Cuttaia
Ma i piatti che richiamano alla mente lo chef siciliano con il Piemonte nel cuore sono davvero molti e compongono un mosaico di portate capace di raccontare la sua storia e passaggi importanti della cucina italiana.
Memoria Visiva è tra questi: il Tonno Alalunga qui diventa un omaggio alla fettina, all’amore delle mamme e alla memoria. “Un po’ tutti siamo cresciuti con la fettina – racconta Cuttaia – che, sottile e tenera, era condita con il limone. In questo piatto il seme di limone lasciato sul tonno è un’imperfezione voluta perché simboleggia il ricordo e la vita stessa”.
Il Quadro di Alici in acqua di mare è di un’essenza disarmante e nasce ricordando il lavoro dei marinai siciliani in mare. Sono loro ad aggiungere al pesce appena pescato l’acqua salata e il ghiaccio per conservarlo meglio. E così, Cuttaia, tratta le alici in questo modo, alternandole al carbone del nero di seppia: la cornice è una maionese di bottarga di tonno che dona sapidità al piatto, mentre cipolla e semi di pomodoro servono a rinfrescare il palato.
E poi ci sono la Scala dei Turchi, omaggio al territorio attraverso la massima espressione del mare, il riccio: qui Cuttaia ricrea la sensazione di un’immersione attraverso una sfoglia di seppia farcita di ricci di mare in purezza giocando su un’apparenza volutamente monocromatica.
Ma ecco anche la Ninfea di carciofo spinello che, con la presenza della salsa di acciughe, ricorda la bagna càuda e la fusione tra il Nord e il Sud che appartiene allo chef o ancora la Pizzaiola: merluzzo all’affumicatura di pigna o l’Uovo di Seppia.
Il primo, delimitato da una cornice di pane che ricorda una pizza, è un’altra illusione della memoria che conduce lontano dallo spazio del piatto: il merluzzo in questo caso è affumicato con la pigna che gli conferisce profumo ed eleganza e ricorda, nella mente dello chef, la sua infanzia quando raccoglieva le pigne per accendere il camino. Dopo essere stato marinato e tagliato crudo a fettine, il merluzzo è completato con spuma di patate, polvere di pomodoro e origano fresco che richiama nella memoria collettiva proprio la pizzaiola. Il secondo è invece un uovo realizzato con la seppia che protegge un tuorlo ed è servito su una crema al nero di seppia e ricotta.
Pino Cuttaia e La Madia
E proprio l’Uovo di Seppia è il nome che Pino Cuttaia ha dato a due locali aperti dopo La Madia: uno a Licata e un secondo a Milano. Quello di Licata è un negozio dove acquistare eccellenze del territorio, ma anche piatti della tradizione siciliana firmati da Cuttaia. Quello di Milano è un bistrot, un ristorante di quartiere in cui si esprime il sapere della cultura culinaria non solo siciliana. Un luogo quotidiano dove la cucina, come in Sicilia, diventa conforto per l’anima.
Già, la Sicilia. Da qui Cuttaia nel 1981 approda a Torino dove resta per vent’anni: dopo gli studi in città e il lavoro in fabbrica, scopre l’amore per la cucina e trasforma negli anni la passione in un mestiere che lo vede lavorare a Il Sorriso di Soriso (No) e a Il Patio di Pollone (Bi). Poi la scelta di tornare in Sicilia dove, con la moglie Loredana, apre La Madia. La prima stella Michelin arriva nel 2006 e nel 2009 si accende la seconda. Le capacità di Cuttaia sono molteplici, ma la sua firma unica: evocare in ogni piatto, con la delicatezza di un sogno, memorie, emozioni e luoghi come nessun altro.