No, i camerieri robot non ruberanno il lavoro agli umani (ma possono migliorarlo)

No, le macchine non ci ruberanno il lavoro. Come i camerieri robot possono integrare le nostre professionalità, in pratica.

No, i camerieri robot non ruberanno il lavoro agli umani (ma possono migliorarlo)
In collaborazione con: Bob Robotics

Forse li avete già visti nel vostro ristorante preferito: scattanti robot su ruote, dotati di un sorridente touchscreen, girano per la sala con il loro vassoi carichi di vivande, seguendo i percorsi prestabiliti ed evitando, grazie ai loro sensori, ogni ostacolo si possa presentare sulla via dal pass in cucina alla sala, portando fino a quaranta chili di carico. I camerieri robot attivi in Italia superano ormai le 250 unità, e il trend non accenna a fermarsi. Sono numeri davvero stupefacenti per un mondo, come quello della ristorazione italiana, spesso poco incline all’innovazione, e che devono indurre alla riflessione. E la prima che salta alla mente, come in ogni fase storica di cambiamento in qualsiasi settore, è la più ovvia e controversa: le macchine ci ruberanno il lavoro?

Di necessità virtù

bob robotics al ristorante

 

Vi spoilero subito la risposta che, con sorpresa di pochi se non nessuno, è no. E chi promuove questi camerieri robot non ha nemmeno l’ambizione di farlo. Ma come tutte le innovazioni di successo, questa idea è partita da una necessità urgente, che si è poi rivelata condivisa da molti. È il caso di Leonardo Fontana, imprenditore dietro al successo di Bob Robot Cameriere, formazione in economia e ristoratore di famiglia, che come molti si trovò nel periodo immediatamente successivo alla pandemia in sofferenza sul fronte del personale, soprattutto sul fronte di runner e stagionali, trovandosi oggi a raccontare centinaia di storie simili, che hanno portato i suoi robot ad operare in realtà ristorative totalmente diverse tra loro, dalla catena di fast food alla piccola pizzeria a gestione familiare.

Chi è sostituibile?

bob robotics al ristorante

Quello della sala è un mestiere affascinante, fatto tanto quanto di tecnica quanto di empatia, che giova di un approccio multidisciplinare, dall’ambito più prettamente gastronomico a quello più gestionale e manageriale, che permette a un professionista di essere un vero punto di riferimento del locale in cui opera. Eppure, spesso erroneamente ridotto al ruolo di “porta piatti”, non gode di grande appeal, complice anche la grande visibilità mediatica riservata alla cucina. Un mix di circostanze micidiale che rende quindi la manodopera base, spesso poco formata e ancora meno motivata, vedendo quella del cameriere come un’esperienza giovanile e di passaggio, merce sempre più rara. Ecco quindi l’occasione di alleggerire l’attività della parte meno qualificante, e fisicamente più impegnativa.

Attività robotiche vs. attività umane

È lo stesso Fontana a confermarci che maitre e sommelier qualificati, e in generale chi si è appassionato al lavoro in sala, non vedrà la sua professionalità minacciata dai robot: “Il 90% dei locali dove abbiamo installato un Bob lo usa come sostituzione del runner. Il cameriere professionista continua a stare in sala, ad aumentare lo scontrino medio perché ha più tempo per comunicare col cliente”. Insomma, tra risparmi economici e burocratici, bassi costi di gestione, e la valorizzazione delle professionalità già esistenti, con conseguente aumento degli incassi, è facile capire come la diffidenza iniziale nei confronti di un’idea che sembrava più fantascientifica che ristorativa si sia rapidamente tramutata in curiosità, ed è chiaro che il ricambio generazionale tra umani e robot sia solo all’inizio, e sarà sempre più al centro del dibattito.