Nativa, recensione: se un ristorante vegano a Roma riesce a riempire la sala alle 19.30

Nativa, ristorante vegano a Roma, riesce a riempire la sala alle 19.30. Ecco come si sta e come si mangia nella nostra recensione

Nativa, recensione: se un ristorante vegano a Roma riesce a riempire la sala alle 19.30

Quando visiti Roma da turista ti accorgi di due cose. La prima: i romani cenano tardi. La seconda: i ristoranti che vale la pena visitare sono difficili da raggiungere. Nativa, ristorante vegano in zona Valle Aurelia che proprio centrale non è (tre quarti d’ora a piedi dal Vaticano contati con queste gambe), riesce nel miracolo. Ovvero, riempire la sala alle 19.30. Di lunedì. E parlo di romani, di gente del quartiere. Noi, turisti (anche stranieri) e inseguitori del gusto, siamo in netta minoranza.

Vi dirò di più: Nativa, che in buona parte rivisita i classici della cucina romana e casalinga in maniera aggraziata e originale, riesce pure a essere transgenerazionale. In sala non si contano le tavolate di famiglia, nonni genitori nipoti. Addirittura nonni che ordinano per tutti, altro che boomer perennemente contro “nuove” diete e novelty foods. Alla faccia di tutte le polemiche che si accendono (online e offline) al solo menzionare la parola “vegan”.

Nativa riesce a fare quello che purtroppo buona parte dei ristoranti nella capitale (non parlo solo di vegani) fatica a realizzare. Mettere tutti d’accordo senza svendersi, senza peccare di hubris creativa ma neanche scadere nel banale e nel già visto. Soprattutto, restare rilevante e appetibile agli occhi di visitatori e aficionados, grazie a un menu legato al territorio e alla stagione che punta molto sulla familiarità con una dose calcolata di verve. Ecco, dall’ambiente al menu ai piatti, la recensione di Nativa.

Ambiente

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A una prima occhiata Nativa somiglia proprio alla classica trattoria romana. Tavoli e seggiole in legno, tovagliette di carta al posto della stoffa, pavimento in cotto, palette panna e marrone. E poi la madia vecchio stile usata come stazione, il frigo dei dolci, il cameriere giovane in camicia e grembiule che dà invariabilmente del lei. Persino il percorso che porta al bagno, un corridoio sul retro, ha il sapore della pizzeria di provincia.

No frills, direbbero gli americani, niente fronzoli: ma qui sta la sua forza. Nel rustico che suona familiare e accogliente, pur mantenendo elementi di distinzione conclamata. Gli stencils vegetali alle pareti ad esempio, oppure il menu QR code erede della pandemia. Dispiace per i feticisti della carta, ma io sono pro. Un po’ per la filosofia no spreco (però a questo punto mettete le tovaglie); un po’ perché ha senso con un menu che cambia in continuazione.

Il menu di Nativa

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Strettamente stagionale dicevamo, a un ritmo di rinnovo ogni tre mesi. Il menu di Nativa si immerge nel disponibile secondo stagione e ne tira fuori vere e propri Odi (al carciofo che ho assaggiato, all’asparago attualmente in carta) che sanno valorizzarne tutte le parti. Altro aspetto encomiabile è il largo uso di materie prime autoprodotte, dal tempeh ai formaggi vegetali in diverse consistenze e stagionature.

Va aggiunto che questa mossa dell’online è vincente per il fattore estetico. L’immagine in anteprima (che peraltro corrisponde esattamente a cosa ci sarà nel piatto) fa da guida e aiuta nella scelta, e qui torniamo alla clientela meno avvezza di cui sopra. Se intelligenza e serietà di un ristorante si misurano anche dalla presentazione, a impiattamento e fotografia non c’è nulla da eccepire. In questo senso l’amuse-bouche (qui una frittellina zucca e porri semplice ma esplosiva) di benvenuto è un biglietto da visita assai promettente.

I piatti: come si mangia da Nativa a Roma

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Il diagramma di Venn su cui si sviluppa la cucina di Nativa è costituito da tre elementi che si incrociano in continuazione: stagione, familiarità, interpretazione. Nei piatti troverete sempre ingredienti del momento, declinati ora in ricette classiche, ora in esecuzioni signature. In molti casi fanno le veci di, vedi carbonara, arancino, maki in versione vegana. Non si scade mai nella pura e semplice imitazione: più che a una cover siamo di fronte a un riarrangiamento.

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Questo ritorno ai classici si vede soprattutto nella sezione primi. Amatriciana, risotto di mare, tortelli ripieni sono piatti immediatamente riconoscibili che avvicinerebbero anche il pubblico meno convinto e ripagano, ampiamente. Sono comfort food solo all’apparenza, realizzati con abbinamenti non scontati, consistenze cremose e croccanti al punto giusto, stacchi sferzanti di contrasto che funzionano alla grande.

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È passando ai secondi che la cucina sembra scatenare la fantasia e premiare su tutti il fattore succulenza. In questa sezione i piatti stuzzicano, si scrocchia di più, si scopre la gamma inventiva delle non-carni vegetali. Che convince e, nonostante nomi come Picchiapò di Non Pollo e Vebab, mai ha la pretesa di “sapere” di carne. E di nuovo, nonostante i “cordon bleu” o “scrambled madame”, c’è inventiva, rovescio delle aspettative, cura dei sapori e della presentazione dei piatti, impreziositi da carpacci di frutta, fermentati, salse esplosive.

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Si punta molto infine sui dolci, classici e meno classici. Da un Tiramisù tra i migliori mai assaggiati all’assai valida Torta della Nonna (crostata con crema e pinoli). Fino alle creazioni da pasticceria boutique come Eros, Lunatica, Nocciola e Limone con una combinazione di tecniche e consistenze quali mousse, pralinato, crumble, gelée.

In sintesi, da Nativa si sta e si mangia bene, e a giudicare da foto e recensioni ci si invoglia, si pregusta, si arriva già con acquolina e imbarazzo della scelta. In questo senso si sente la mancanza del menu degustazione, per ora purtroppo non disponibile. Statemi a sentire Nativa, ne vale la pena. Anche perché a provare un piatto per portata, porzioni giuste e mai abbondanti, prezzi medi assolutamente onesti se ne esce con meno di 50€ a persona bevande escluse. Tanto basta a fare la fila fuori alle 19.29, a convincere i nonni, e a bramare spaghettate di carbonara e amatriciana vegetali nella patria del maccarone m’hai provocato e mo me te magno.

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Opinione

ristoranti

Nativa è senza dubbio uno dei ristoranti vegani migliori e più interessanti di Roma. L’atmosfera familiare, i prezzi medi, le proposte di menu fra il classico e creativo costituiscono una formula collaudata che funziona e lo rende accessibile a tutti.

PRO

  • Il menu strettamente stagionale
  • La pasticceria
  • Le ricette della tradizione convincenti anche in chiave veg

CONTRO

  • Non c'è menu degustazione
VOTO DISSAPORE: 8 / 10
Voto utenti
Nativa Ristorante
Nativa Ristorante
Via Umberto Moricca, 100, Roma, RM, Italia
Opzioni Vegano