Mangiare all’aperto, quale incredibile abisso di possibilità si prospetta da domani, lunedì 26 aprile, per buona parte dell’Italia, aka zona gialla. In una città come Napoli – ‘o sole e ‘o mare – potrebbe significare la salvezza: già immagino i vostri pensieri, gente spaparanzata a Via Partenope, affollando ogni anfratto libero e ogni pizzeria.
Ecco, sì, è una scena verosimile che di sicuro si verificherà e lo diciamo anche a beneficio di quei media che si sperticheranno in foto con didascalia “liberi tutti” durante il weekend del 1-2 maggio.
Ricadiamo in questa nenia trita e ritrita, però, se e solo se non conosciamo bene la conformazione della città ed alcune problematiche cittadine. Tolta Via Partenope, alcune vie dello shopping al Vomero e qualche piazza, il Centro Storico napoletano è completamente inutilizzabile per le attività ristorative.
Napoli: conformazione urbana
Napoli ha il centro storico più vasto d’Italia, patrimonio mondiale dell’UNESCO dal 1995, crocevia di architetture sovrapposte che formano il melting pot delle culture principali del Mediterraneo. Tradotto in termini semplici: Napoli ha una conformazione urbana fatta degli ormai arcinoti vicoli e vicarielli; parte del Centro Storico è giustamente a traffico limitato e, comunque, si presenta di difficile gestione. C’è il traffico dei mezzi dei residenti ed un notevole traffico umano pedonale.
Certamente, senza la possibilità del turismo quest’ultimo risulta più contenuto, ma vi sfido: a Via dei Tribunali se si mettono molti tavoli, occupando gran parte della strada, si impedisce de facto il traffico umano. Questo, a favore di camera, si trasforma facilmente in “assembramento” (sempre per i media all’ascolto).
Vi faccio allora qualche esempio illustre di attività destinata a non poter servire ai tavoli: l’Antica Pizzeria da Michele, ad esempio; la Pizzeria Di Matteo; Gino Sorbillo ai Tribunali; una pletora di osterie e trattorie che negli anni – complici il turismo e le università – sono nate oppure sono cresciute.
E cosa diciamo, di quelle osterie/pizzerie/attività di vario tipo che si affrettano a mettere dueddue tavolini fuori? Che probabilmente il gioco non vale la candela; però da qualche parte si dovrà pur iniziare, quindi avete il nostro supporto, ma pensateci bene prima di richiamare il collaboratore dalla CIG, perché tra orari ridotti e spazi frantumati, rischiate quasi di non farci uscire la giornata.
Il dehors: una cosa “da provincia”
Beh allora, chi potrà beneficiare degli spazi esterni? Come abbiamo visto poco più su, al netto di alcune “strade commerciali” come quelle del Vomero (Via Luca Giordano ad esempio) e di un paio di piazze che si vedranno letteralmente assaltate, il Centro Storico di Napoli resterà pressappoco invariato ed inviolato; poco meglio della zona rossa-arancione, insomma. Durante alcuni sopralluoghi per motivi lavorativi, ho potuto constatare in prima persona quanto fosse vuoto il centro storico, a discapito di un certo fracasso di Via Toledo e Via Partenope prontamente riportato sui social.
La tattica degli spazi esterni/dehors, invece, può avvantaggiare delle attività in provincia dove – complice lo spazio esterno, molto più ampio rispetto alle città – si rende molto più semplice l’apertura di molti bar e locali che sfruttavano spesso giardini e pedane semi-esterne. Ad esempio, alcuni locali sfruttavano degli spazi catalogati come “esterni” anche per l’inverno, utilizzando pareti amovibili. Ora, tolte le pareti, sono effettivamente degli spazi esterni utilizzabili secondo le modalità vigenti.
Che fare?
Il dato di cui prendere atto è che, sicuramente, molte realtà estere si sono affacciate alla riapertura con questi primi, timidi passi: come la Svizzera, dove le prime riaperture sono state appunto quelle dei ristoranti all’aperto. Non resta che sperare in un passo molto breve verso la riapertura dei locali anche con lo spazio interno, perché alla lunga questa situazione non si rende granché sopportabile.
Probabilmente in vista dell’estate si potrà puntare molto alla modalità mista: possibilità di consumare all’interno dei locali e nel frattempo favorire l’impianto di posti all’aperto, magari con tariffe agevolate sul suolo pubblico (il sindaco De Magistris, a Napoli, non è nuovo nel favorire appunto queste modalità), fermo restando che città come Napoli (un altro esempio? Venezia) con centri storici sì estesi ma nei fatti con viabilità minima sono destinati a lavorare in modalità molto ridotta.