E’ stato il caso gastronomico milanese di fine estate. Dall’assolata Polignano a Mare, “quelli di Pescaria” hanno fotocopiato il format del locale e lo hanno esportato al Nord.
Rispettando diligentemente le 3 “F” del Fast Food and Fish con i panini di pesce che hanno fatto gridare al miracolo, Pescaria è stata sotto le luci della ribalta fin dai primi giorni.
Sì, perché appena sbarcato tra le nebbie il locale è stato letteralmente preso d’assalto:
— code inimmaginabili
— attese infinite
— schiere di fan adoranti
e, di conseguenza, aspettative arrivate alle stelle.
Ho atteso un po’. Ho chiesto in giro. Ma la risposta era sempre la stessa “FILA”. Ho aspettato ancora con la speranza di un fisiologico sfollamento progressivo. Ho fallito miseramente.
Allora un sabato, ho dato appuntamento a un’amica alle 12,30 davanti all’insegna più fotografata della città, insieme agli immancabili panini.
E’ ora di pranzo, ma ancora piuttosto presto, mentre cammino spedita tra i grattacieli di Porta Nuova col freddo pungente di inizio dicembre, mi auguro con tutto il cuore che tanta gente, anche solo per oggi, abbia scelto di pranzare altrove.
E invece.
La fila per ordinare è notevole (anche se scorrevole), i minuscoli tavoli tutti pieni, le tante persone in piedi si guardano intorno smarrite in cerca quantomeno di un appoggio.
Fame e disagio.
L’offerta è varia: ci sono i piatti, i panini, un banco pieno di sfiziosità marittime (ho lasciato il cuore sul croissant ripieno di gamberoni e rucola), e ancora fritture, insalate, crudo e piatti del giorno.
Noi comunque abbiamo scelto prima ancora di buttarci nella mischia, dato che il menu, furbescamente, è appeso anche fuori dall’ingresso.
Scegliamo due panini e una porzione di verdure fritte, una bottiglietta d’acqua e due calici di rosato della casa: è mezzogiorno, ma è pur sempre weekend.
— E poi l’attesa.
— E ancora attesa.
— E il caldo, e il rumore, e l’attesa.
La corsa al tavolino è in puro stile fantozziano. Dopo un paio di tentativi di fiondarci sui malcapitati che hanno già consumato e che si infilano la giacca schiaffeggiando i vicini a distanza ravvicinata, capiamo di non avere speranze.
Anche perché scopriamo dei veri professionisti del lancio della sciarpa per occupare quei 25 centimetri quadrati di seggiolino.
Stiamo in piedi, conquistiamo un pessimo angolo di appoggio in cui rischiamo di fare la fine del topo ogni volta che si apre la porta.
Dopo un quarto d’ora abbondante arrivano le verdure fritte: porzione generosa di peperoni, melanzane, zucchine non proprio croccanti come millanta il nome del piatto, e a dirla tutta nemmeno troppo di stagione, ma comunque golose, si sa che il fritto…
Poi, dopo un altro quarto d’ora, nel bel mezzo del delirio umano, qualcuno grida il mio numero.
Mi sbraccio dall’angolino che ci è concesso di occupare ed ecco arrivare il mio panino sopravvissuto non si sa come alla fiumana affamata di Pescaria.
Ho scelto la versione con polpo fritto, cicoria aglio e olio, mosto cotto, ricotta e pepe, salsa al profumo di alici.
Il panino è una gran bella soddisfazione: sostanzioso, carico, con i tentacoli di polpo fritto croccanti e saporiti. Il pane è morbido, ma “sostenuto” senza somigliare a quello artigianale degli hamburger. Un pizzico di limone in meno sarebbe stato gradito.
Il tempo che intercorre tra l’arrivo del mio e il panino della mia compagna è notevole, quasi da far perdere le speranze, ma non certo la fame.
Vi basti sapere che la mia digestione era ben avviata quando, con una hola di coppia, abbiamo potuto accogliere l’arrivo del secondo round.
Il ragazzo cancella diligentemente dal nostro scontrino anche l’ultima voce: direi che ce l’abbiamo fatta.
E’ stata lunga, però il panino ha un gran bell’aspetto.
Promosso a pieni voti il panino con tartare di salmone, fior di latte, zucchine fritte, lattuga, pesto al pomodoro secco e salsa al peperone arrosto.
Regala soddisfazioni, è decisamente abbondante e gustoso. Verrebbe quasi voglia di ordinare una tartare finale al posto del dessert, così per finire in bellezza.
Ma il pensiero di ricominciare con l’attesa scoraggerebbe anche il più famelico dei clienti.
– Magari se non fosse sabato
– magari se fossimo arrivate prima
– magari, magari…
Cose che sì e cose che no
SI’: il cibo è buono, abbondante, generoso nella quantità e nei sapori.
Le ricette dei panini sono ben articolate, tanto che è difficile sceglierne uno solo. Non male anche il rosato della casa.
Prezzi accessibili, i panini valgono tutti i 10 euro e non serve di certo il bis per uscire soddisfatti.
NO: mangiare a scaglioni non è così simpatico, nemmeno dover captare i segnali di fumo che i camerieri, poveri, lanciano uscendo dalla cucina all’altra parte della sala. Tipo messaggi nella bottiglia che si spera arrivino a destinazione.
Certo, ce la siamo cercata in mezzo a tutta questa folla, ma il rischio di non tornare per non farsi ulteriormente male c’è eccome.
E sarebbe un peccato, visto che i panini meritano una visita. Magari anche due. Un po’ di arsura pomeridiana in allegato.