Primo ristorante etnico sull’italico suolo premiato dalla guida Michelin con la stella, Iyo a Milano riconferma ogni anno il prestigioso riconoscimento, nonostante il locale con proposta gastronomica creativa, ispirata al Sol Levante, sembri rientrare meno nei riti meneghini, improvvisamente risucchiato in un cono d’ombra mediatica dopo oltre 15 anni di successo.
Qualcosa ci sfugge? Si può parlare di declino per il ristorante di cui Claudio Liu è l’avveduto proprietario? Tornarci è il modo migliore per rispondere.
Design e ambiente
Simbolo del nuovo sguardo del Giappone all’Occidente e al suo gusto anche nell’ambiente, Iyo sembra enorme, ben oltre gli 80 coperti della sala.
A dilatare gli spazi provvedono lievi tocchi di modernità condivisi con la cucina a vista: le grandi vetrate che danno sulla strada, gli specchi alle pareti, lo spazio ampio tra i tavoli, le colonne separè in mattoni finto-rustico. Non mancano soluzioni spettacolari e tecnologicamente ardite come i lucidi banconi, nel bel mezzo della sala, dove i cuochi lavorano il sushi.
Servizio
Per mandare avanti il ristorante di cucina fusion che i milanesi frequentano da molti anni (nel weekend intasano, possiamo confermare), lavorano 35 persone tra sala e cucina.
Personale italiano, giapponese, coreano, cinese e brasiliano, guidato da Michele Biassoni, trentenne, che si è fatto le ossa in Spagna e Francia, appena tornato dal suo stage a Tokyo.
La sala, diretta da Danilo Tacconi, s’identifica in Claudio Liu, l’imprenditore che ha voluto il ristorante etnico migliore di Milano. Si servono tè provenienti da ogni parte del mondo misurando l’infusione al minuto, con tanto di clessidra, e si mangiano con le bacchette quasi tutte le portate. Si parla molto e si sorride anche, nonostante le luci cupe.
La cucina e tutti i piatti provati
Decisione da prendere nei minuti che precedono la vostra ordinazione da Iyo: vi dedicate a nigiri, carpacci e tempura, o alla cucina giapponese occidentalizzata, quasi mediterranea, che rappresenta la consolidata mitologia del locale milanese?
Perché il sushi, perdonate la banalità della similitudine, si scioglie come burro, e merita un assaggio più corposo dell’accenno presente nel menù degustazione che abbiamo provato noialtri.
Alice Temaki
Prezzo 5 euro
Apre il pasto un’alice marinata nell’aceto di riso e yuzu (l’agrume orientale prezzemolino: è ovunque!) con ricotta di bufala al wasabi fresco, spinacino novello, polvere di alga kombu e tobiko, vale a dire uova di pesce volante, in questo caso croccanti e dalle belle nuance aranciate.
Si arrotola con le bacchette e si mangia in un boccone solo, senza salsa di soia o aggiunte alcune.
Karisu
Prezzo 8 euro
Abbinamento antico in Giappone, ho scoperto, quello tra ginepro e mela, richiamato da (preparatevi): un’ostrica della Normandia in gelée d’ostrica e alga kombu, con granita di daikon –pianta bianca e un po’ piccante in uso nelle cucine orientali– all’aceto di riso e yuzu, completata da una goccia di Gin Elephant.
Tutto viene preceduto dall’Oyster leaves, la “foglia d’ostrica” giapponese lievemente sapida che sovrasta il piatto.
Sappiamo cosa pensate: dell’ostrica con la granita ci saremmo anche stancati, e pensare che invece a noi l’inevitabile brivido freddo scaricato sul palato convince ancora.
Ika somen
Prezzo 20 euro
Lo spettacolo vero è nel taglio e nel successivo impiattamento del calamaro, che recita la parte dell’albume d’uovo intorno al tuorlo, in questo caso di quaglia, impreziosito da pochi granuli di caviale Kaluga Amur, verdure croccanti e salsa soba sashi, alla base.
Sembra indubbio che le figure internazionali presenti in cucina, divise tra Italia e Giappone, assicurino ancora originalità, tecnica e rigore che trova pochi pari altrove.
Mushi gau
Una novità, per ora presente soltanto nel menù degustazione (95 euro per nove piatti). Per i vostri appunti su probabili omaggi all’Italia provenienti da oriente, i protagonisti sono i pomodori datterini rossi e gialli. Insieme alle cozze cotte al vapore, al dashi e ai cetrioli carosello.
The King crab
Prezzo 28 euro
Un italiano in partenza potrebbe predisporsi al viaggio in Giappone mangiando questa insalata di granchio reale, con avocado, sedano croccante, asparago di mare e cipolla di Tropea marinata in salsa di soia e aceto.
Sapori decisi tra i quali spicca la salsa kimizu, con tuorlo e aceto.
Nigiri misto
Dai 3,50 ai 10 euro al pezzo
Per come viene presentato il menù degustazione, il misto di nigiri appare come il piatto principale. Ci sono venuti a noia per quante volte li abbiamo mangiati ma da Iyo il sushi merita, e riesce ancora a sorprendere.
Riuniti nello stesso piatto nigiri classici e speciali, con vistose comparsate di prodotti mediterranei, che mettono in ombra tanti apprezzamenti sulle portate precedenti. Spiccano i tagli, le consistenze del pesce quasi tutto nostrano e della carne. Spiccano angus, erba cipollina e salsa di soia affumicata, e il “Samba”, con branzino, lime e capperi di Pantelleria.
Ito Yori
Prezzo 22 euro
Non capita tutti i giorni di mangiare il pesce con le squame, appena scottato in olio bollente. Accompagnano gelatina di limone allo zenzero e una focosa crema di peperoncino jalapeño, accanto ai cipollotti al sesamo.
Miso venere
Prezzo: 12 euro
Il dolce è una mousse di riso venere color lilla su frolla di miso e nocciole, con crema dulcey e miso strisciata sul piatto, completato da lamponi e un alga, infilata in stile chips coreana, nel gelato.
Prezzi
Considerando il coperto (5 euro a persona), per provare il menu degustazione di Iyo spenderete 100 euro: in linea con la spesa media in un ristorante stellato. Se ci andate per la prima volta è la scelta migliore, visto che scegliere alla carta tra tempura da 18 euro o piatti di Angus a 28 euro, può farvi spendere di più.
I nostri amichetti più sgamati suggeriscono di scatenarsi con il sushi, che dipingono come un mostro di virtù di cui non ci si stanca mai. Tutti presenti i classici del Sol Levante: sono una buona idea i gunkan (bignè sushi con crudo di pesce), che costano dai 14,50 euro ai 18 euro, per otto pezzi.
Grandi nomi italiani e internazionali nella carta dei vini, con la lista dei sakè chilometrica e ben presentata. Ne esce bene anche la birra, considerando la disattenzione dei ristoranti stellati per la bevanda: in carta birre artigianali sia giapponesi che italiane.
Conclusioni
Arrivati per capire come mai si parla meno di Iyo, un caposaldo della cucina fusion in Italia, non siamo stati capaci di trovargli un difetto. Sarà rincoglionimento? Chi può dirlo, ma sembra impensabile non consigliarlo a chi ama lo stile che mescola con talento, tecniche e sapori di cucine differenti, meglio se esotiche.
Perfino dimensioni e luci, che potrebbero spaventare qualcuno, non riescono a impedirgli di essere un locale conviviale.
[Foto: Chiara Cavalleris]