Nel 1936, appena aperta, Felice al Testaccio era un’osteria dove i clienti portavano la cena da casa e l’oste serviva da bere. Le cose cambiano quando il figlio del proprietario, Felice Trivelloni, prende in mano l’attività, trasformandola in una trattoria simbolo di romanità.
— Per la buona cucina: tonnarelli cacio e pepe, piatto simbolo del locale, completati al tavolo dal cameriere con l’aggiunta di olio di oliva (?!), carciofi al tegame, abbacchio, minestra al brodo di arzilla.
— Per l’onestà dei prezzi.
— Per l’impronta essenziale (ruvida, dicono in molti) data al locale.
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Lui faceva tutto, era il proprietario, l’amministratore, il cuoco, il cameriere e il lavapiatti. Non c’era insegna all’esterno, i tavoli erano in formica, le luci al neon. Famoso il vezzo di allontanare i clienti anche se il locale sembrava vuoto, in realtà erano tavoli prenotati dagli abitanti del quartiere. Ma il posto per operai o muratori lo trovava sempre, il comunista Felice.
Felice muore nel 2009, i suoi eredi ristrutturano la trattoria che perde parte del suo fascino ma diventa un vero ristorante, con mattoncini alle pareti e dettagli curati, che guadagna diversi coperti grazie all’annessione di locali attigui. Piatti slow e ritmo serrato, il tempo di sedersi e già ti hanno chiesto cosa mangi e portato l’acqua. 80 posti, due turni a pranzo, tre a cena.
Sacra e inviolabile rimane invece la romanità dell’unica sede, testaccina con orgoglio fin dal nome.
E invece?
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Invece 81 anni dopo l’apertura Felice avrà un’altra sede e soprattutto l’avrà a Milano, precisamente in via del Torchio.
“Da qualche anno avevamo in mente di provarci all’estero, magari in America –dice Franco Trivelloni, tra gli attuali conduttori del locale–, ma ci siamo resi conto delle difficoltà: tanti c’hanno provato, e tanti si sono fatti male”.
Ragione per cui il progetto è stato accantonato.
“Milano ci è sembrata la scelta migliore –continua Trivelloni–. Abbiamo scelto una zona centrale, per raccogliere un bacino ampio, milanesi e turisti. Non è stato facile trovare il locale giusto, ma questo spazio ci permetterà di lavorare in modo molto simile a quanto facciamo a Roma”.
Nel locale milanese, che ospiterà 85 coperti, verrà distaccata una parte del personale romano di Testaccio, o meglio, come dice Trivelloni “una costola della nostra cucina romana”, sia in cucina che in sala, sarà guidata da Alessia, pronipote del fondatore.
Milano è stata scelta perché ritenuta una “buona opportunità commerciale, con un’organizzazione migliore e un’educazione civica diversa”.
E non spaventano certo gli altri locali tipici che in tempi recenti hanno aperto sotto la Madonnina: “c’è posto per tutti”, conclude poco romanamente Trivelloni.
[Crediti | Link e foto: Gambero Rosso, Scatti di Gusto]