Siamo tutti multitasker supremi: caffè e computer, posta sullo smartphone e radio accesa, telefono e fornelli.
Cosa che fa di noi i clienti ideali dei servizi che consegnano cibo a domicilio.
Servizi di delivery che hanno intercettato la domanda di pasti per asporto in un mercato in continua espansione e promettono di consegnarlo in 60 minuti –meglio se in 30– senza brutalizzarlo in modo irreparabile: pagamento con la carta di credito online o in contanti alla consegna.
Questo è vero in particolare per il milanese, sistematicamente sopraffatto dagli impegni: pranzo in ufficio, riunioni fino a sera quando si rientra troppo esausti anche per i Quattro Salti in padella.
E proprio su Corriere Milano, la giornalista e food writer Roberta Schira, ha messo alla prova i diversi servizi di delivery che operano nel capoluogo lombardo: tanti, efficaci e abbastanza costosi.
Scopriamo com’è andata.
Pizza / Bacchetteforchette: si può fare meglio
La pizza è un test valido, l’antesignano di ogni delivery food. Si sceglie da Bacchetteforchette, servizio a domicilio per Milano e hinterland, oltre che per Rimini. Consegna promessa entro la canonica ora.
La giornalista del Corriere sceglie la pizzeria, ‘A pazziella, che richiede un codice rilasciato da Bacchetteforchette. Procedura complicata.
Il post ordine non va benissimo, trattandosi di pizza quaranta minuti d’attesa e il trasporto si fanno sentire. Mozzarella crollata verso il centro, cornicione molliccio. Risultato finale: abbastanza “immangiabile“.
Hamburger e giapponese / JustEat: benino
Gli esperimenti di Corriere Milano approdano a JustEat, colosso danese del delivery food quotato in Borsa con 40 milioni di euro di fatturato; dalla sua ha un alto numero di ristoranti aderenti (la giornalista ne conta 227 nel suo raggio d’azione), di ogni tipo. Ordine minimo 20 euro, consegna dai 2 ai 7 euro che però può essere gratis (per alcuni) oltre una certa soglia.
Dopo aver fatto i conti con il pagamento elettronico che fa le bizze, ecco la scelta del piatto: sushi à la mode milanese, cinese, pizza o ancora burger? Vada di american burger, ristorante scelto: Vintage Bakery, nel cuore del quartiere Isola.
Il primo ordine ha dei problemi: sebbene il cibo sia ancora tiepido, il panino è sbagliato e, in più, la consegna non è al piano causa dati errati.
Nel frattempo, non contenta, Roberta Schira fa partire un altro ordine, affidandosi però al raffinato ristorante giapponese Bon Wei (di cui abbiamo ampiamente parlato). Alti costi di consegna: 7 euro per ordine minimo di 20.
Stavolta l’esperimento va meglio: confezione perfetta, cibo ancora caldo, involtini croccanti, consegna quasi 15 minuti prima dello scadere del tempo. E’ abbastanza per l’assoluzione?
Sushi e sashimi / Foodora: promosso a pieni voti
Stress test anche per Foodora. Stavolta, protagonista sono il Maxi Sushi e Sashimi del ristorante This is not a sushi bar; consegna complicata da un’uggiosa serata di pioggia (disclaimer: Foodora è partner di Dissapore).
Con professionalità un sms avvisa che uno dei piatti scelti non è disponibile e propone un’alternativa. Nonostante il diluvio il fattorino brandizzato arriva con il suo carico di giapponeserie. E ne esce bene: il sushi è di deciso gradimento.
Cose da tenere a mente
Che per ora il food delivery non è tutto uguale, incidono soprattutto i cibi scelti. Ce n’è di più e meno adatti alla consegna a domicilio: la carne può creare dei problemi, la pizza resta difficile.
Fritture cinesi, se a regola d’arte (Bon Wei insegna), ben confezionate, possono resistere alle intemperie. A patto che si rispettino gli orari.
L’olimpo del delivery è rappresentato dal sushi. Quello fatto bene, però.
[Crediti | Link: Corriere Milano]