In questi giorni sto riguardando le bozze de “I Cento“, le guide locali a ristoranti e trattorie che conduco con i ben più blasonati Stefano Cavallito e Alessandro Lamacchia.
Escono a Torino, Milano e Roma, nella prima città ormai da nove anni, nelle altre due da un lustro.
Ma questo post non vuole affatto essere uno spot (quello lo farò a uscita imminente). Il fatto è un altro. La prima parte di ogni guida mette in classifica, da uno a cinquanta, i migliori locali delle rispettive città.
Le 10 migliori guide del 2015.
Come tutte le classifica è opinabile, ma il punto è che leggendo la guida di Torino e quella di Milano in rapida successione mi sono accorto di ciò: per ogni locale indichiamo un “prezzo medio”.
Bene, il prezzo medio del ristorante classificato CINQUANTESIMO a Milano è di molto superiore al ristorante classificato TERZO a Torino.
Più in generale, il prezzo medio dei primi cinquanta indirizzi meneghini si assesta attorno ai 100/120 euro (fino ai picchi del podio) mentre quello dei primi cinquanta sabaudi attorno ai 50/70 (anche in questo caso fino ai massimi dei primi nel ranking).
Non è strano. Non è nemmeno sbagliato. Anche a pari qualità, il mercato è il mercato: i prezzi si alzano dove i costi sono più alti e dove c’è gente disposta e pagarli e si abbassano dove avviene il contrario.
Ma penso, dunque, che mi piacerebbe tanto esistesse una guida che non esiste: quella dei migliori locali italiani per qualità/prezzo. Ove il prezzo può anche essere molto alto se corrisponde alla qualità.
Volentieri farei una gita per andare a provare un buon ristorante lontano, se il viaggio per arrivarci costasse meno che avere un’esperienza simile sotto casa.