È il 6 Febbraio 2022 e su Twitter con una foto di un tagliere di stuzzichini e un orrendo cocktail imprigionato nel vaso delle amarene Fabbri, Michela Murgia ha lanciato una petizione su Change.org dal titolo “L’apericena? No grazie!”.
All’interno della petizione, un testo indirizzato a un trascendentale GesuCristoMiu:
“Siamo di fronte a una pericolosa deriva, spacciata per moderna necessità da incompetenti in materia culinaria, che vorrebbe riformare le sane abitudini sociali italiane a suon di spritz e esangui bocconcini finger food. I promotori dell’ennesima follia, bandita sotto le insegne del politicamente fighetto, pur consapevoli che la soppressione della cena e dell’aperitivo in favore di un ibrido non si potrebbe mai applicare alla vita fuori dalle grandi città, predicano regole inaccettabili, col rischio di arrecare seri danni anche a carico di chi soffre di alcolismo e di patologie alimentari.
Volevo anche io provare l’ebbrezza di lanciare una petizione insensata, disperata, reazionaria e senza destinatario pretendendo che il mio gusto sia norma per tuttə. https://t.co/DPRaRy2EQT
— Michela Murgia (@KelleddaMurgia) February 6, 2022
I fautori dell’apericena, partita da una minoranza di esercenti milanesi imbruttiti che pretende di imporre la legge del prosecco a basso costo a un’intera nazione, esortano a sostituire due dei momenti conviviali della giornata lavorativa con un unico appuntamento che non è più l’uno né l’altro. Essi desiderano la sparizione della sequenza dei piatti tradizionali e le abitudini sociali che vi erano legate e vorrebbero nutrirci di cibi freddi e insalubri, studiati per essere consumati in economia e quantità, a base di ingredienti sapidi che stimolano il consumo di ulteriori bevande alcoliche. C’è anche chi va ben oltre e auspica che questa ridicola parodia del pasto serale sia consumata in piedi, in tristi piattini monouso, o al massimo seduti su uno strapuntino vista naviglio o strada provinciale.
Questo orrore che si vorrebbe introdurre a modificare l’uso culinario italiano corrente non è motivato da reali esigenze di alimentazione. È invece il frutto di un desiderio commerciale e modaiolo, intenzionato ad azzerare secoli e secoli di evoluzione culturale con la scusa della flessibilità degli orari di chi lavora. Se proprio si era stanchi della cena e dell’aperitivo, la nostra tradizione offriva la ben più blasonata alternativa piemontese della merenda sinoira, che suona pure meglio.
Dichiarandoci indinniati per questa pericolosa deriva, vi invitiamo a firmare sollecitando l’intervento delle Istituzioni, della Polizia alimentare, della magistratura e come estrema misura anche di nostro Signore GesuCristu, che certamente manderà uno strale su questi sconsiderati violatori della tradizione. Firmate anche voi contro l’apericena, indicando nome cognome e marca del voucher di buoni pasto che utilizzate di solito quando ci andate. No pasaran!”
La petizione, firmata ironicamente dal Senato dell’Accademia dei Cinque Cereali, non nasce ex abrupto ma è una risposta pregna di sarcasmo a un’altra petizione lanciata il 5 Febbraio. Il firmatario è Massimo Arcangeli, linguista e scrittore, Ordinario di Linguistica italiana presso l’Università di Cagliari, che protesta per l’utilizzo dello schwa, come riporta Open Online “Dopo che il ministero dell’Istruzione ha usato la schwa (ə) in una procedura concorsuale universitaria, tra l’altro per l’abilitazione a professore universitario di Organizzazione aziendale, nel settore delle discipline economico-giuridiche: il carattere schwa è usato per rendere neutri sostantivi e aggettivi, quindi né maschili né femminili”.
Nella petizione di Arcangeli, ripresa e ribaltata da Murgia parola per parola, si legge che “Siamo di fronte a una pericolosa deriva, spacciata per anelito d’inclusività da incompetenti in materia linguistica, che vorrebbe riformare l’italiano a suon di schwa” e poi anche che “lo schwa e altri simboli sono il frutto di un perbenismo, superficiale e modaiolo, intenzionato ad azzerare secoli e secoli di evoluzione linguistica e culturale con la scusa dell’inclusività”.
Il testo riportato da Arcangeli, appare firmato in calce dal presidente della Crusca Claudio Marazzini, dal professore emerito Luca Serianni, dallo storico Alessandro Barbero, dall’italianista Giovanna Ioli, dal filosofo Massimo Cacciari, dall’attore Ascanio Celestini, dalla poestessa e scrittrice Edith Bruck, nonché da altre professionalità in vari campi.
Un parterre pomposo che Murgia canzona in punta di coltello incasellando, uno dopo l’altro, una serie di luoghi comuni che sono piuttosto noti al popolo dei gastrofregni (nel 2019 il New York Times “bocciò” lo spritz dicendo che conteneva troppi zuccheri ed era preparato con ingredienti poco salutari): “Volevo anche io provare l’ebbrezza di lanciare una petizione insensata, disperata, reazionaria e senza destinatario pretendendo che il mio gusto sia norma per tuttə” scrive su Twitter anticipando il link a Change.org. Del resto, come commenta un utente in risposta alla petizione: “basta apericena, rivogliamo le antiche tradizioni italiche. Sotto le 6 portate è uno spuntino!”.
Se ci prendessimo sul serio – non lo facciamo – dovremmo dire che l’unico problema è questo: che se il dibattito sull’uso di schwa è interessante e potrebbe essere molto più costruttivo di così (scusa Accademia della Crusca), quello sull’apericena, e sull’uso di questa parola orrida, noi lo vorremmo archiviato da tempo (ne scrivemmo nel 2016) e sigillato in un baule in fondo al mare con sopra scritto “a mai più”.
P.s. Buon apericena a tuttə!