Mentre il demi-monde culinario discute amenamente sui social e nell’internet tutto, se Starbuks è degno di aprire con il suo meraviglioso wifi e gli enormi cappuccini nella patria dell’espresso, o se Domino’s Pizza avrà successo in Italia, noi siamo andati a mangiare in un roman fast food.
Sulla carta sembra ancora più gratuitamente auto-punitivo che invitare a cena un vegano, anche perché appena aperto, Mezza Manica, questo il nome del roman fast food, si presenta come un franchising di cui al momento esiste solo la versione alle porte di Roma. In un centro commerciale. Stretto peraltro tra il Mc Donalds e un Roadhouse.
Nomen omen: Mezza Manica è proprio un fast food, con tutto quello che vi aspettereste di trovare in un fast food. Il bancone con le casse allineate, i tabelloni con il menu, i menu per bambini, le offerte, i vassoi, le file.
Sulle pareti vengono dichiarati gli intenti: cucina genuina, piatti della tradizione romana e italiana, ingredienti sani, uno sguardo all’ambiente (con l’uso di contenitori 100% bio).
E la gigantografia dello chef, che si chiama Alessio Pizzi.
Subito googlato scopro che: ha partecipato a “Chef per un giorno” dal 2006 al 2010. Programma trasmesso da La7 dove i critici gastronomici Fiammetta Fadda e Leonardo Romanelli con il cuoco-tv Alessandro Borghese assaggiavano piatti cucinati da un vip misterioso, che per tutta la giornata aveva cucinato con la brigata di un ristorante.
Comunque, l’aver partecipato al programma e a qualche puntata de La Prova del Cuoco dovrebbero giustificare la gigantografia.
Tornando alla sostanza: cosa e soprattutto come si mangia in questa “trattoria romana dove la necessità di una pausa veloce si incontra con la tradizione e il gusto della cucina di Roma e del Lazio. Un gusto italiano, originale e inimitabile perché creato secondo tradizione”?
Presto detto: come da nome del locale, pasta in formato mezze maniche con salse salse romane e italiane.
Si possono scegliere amatriciana, arrabbiata, carbonara, gricia, cacio e pepe, coda alla vaccinata (“vaccinata”, avete letto bene), ma pure ragù, tonno e burro e parmigiano.
Poi ci sono i fritti: patate, crocchette, supplì, baccalà e anche polpette, pollo con diversi contorni, compreso quello con i peperoni.
Ora, se immaginate le paste precotte di troppe pause pranzo al bar, quelle che, magra consolazione, il passaggio nel microonde ha reso abbastanza bollenti da soprassedere sul sapore, qualunque cosa s’intenda per sapore, siete fuori strada.
Alla cassa consegnano subito le bibite (che non sono alla spina nel bicchierone, ma neanche le bottiglie fighette di Lurisia), i fritti sono già pronti e esposti come nelle pizzerie al taglio, l’immancabile attrezzo vibrerà quando l’ordine è pronto. Il servizio è meno immediato rispetto a un fast food tradizionale, ma potete ingannare il tempo assistendo in diretta alla preparazione della vostra pasta prelevata da un dosatore simile a quello dei cereali, cotta a vista, infine spadellata con i condimenti richiesti.
Parte finale del post: siamo all’inevitabile lista dei sì e dei no a Mezza Manica.
Si, l’ambiente è invitante.
Se il locale avrà successo sarà anche perché ha le carte in regola per essere riconoscibile.
Si, se proprio dovete andare al fast food, questo è più sano di altri.
Con alcuni ma, che però sono su questioni facilmente migliorabili. Gli ingredienti, genuini e tradizionali (come recitano i corsivi alle pareti e le brochure negli espositori) non sono elencati da nessuna parte, non sono specificati né il pastificio né la provenienza di pomodori, verdure, ecc. Non è dichiarato se i fritti siano artigianali o precotti o surgelati. Non sono ingredienti biologici o locali, perlomeno non si dice da nessuna parte.
Si, i piatti sono abbondanti, la pasta non è scotta.
Non nella versione “al chiodo” che piace a me, ma è presentabile. Non aspettatevi carbonare, gricie e cacio e pepe da grande trattoria romana ma neanche insulti alla tradizione. Anzi, la carbonara è eleggibile tra quelle serie, niente a che vedere con la versione che servono i ristoranti acchiappa-turisti del centro. La pasta con la coda alla vaccinara –sorpresona– è stata la migliore: buona, con la carne sfilacciata e le verdure del soffritto ben in vista. Quella al ragù la peggiore, acquosa e aspra.
No ai fritti.
I fritti sono abbastanza banali, le patate a spicchi appena sopra la media.
No al pollo.
Il pollo lasciatelo sul menù, anzi sul tabellone, credetemi, un esperienza visiva e papillare da evitare. Secco, duro da tagliare con i coltelli, senza sapore.
No ai dolci.
Con il tiramisù ho avuto un deja vu, ho pensato a quello assaggiato da Domino’s Pizza a Milano, perché anche il mio era congelato. La torta della nonna, che era il dolce del giorno, decisamente anemica (che abbiano preso troppo sul serio il nome del dolce?).
Essendo da fast food, i prezzi sono la vera attrazione della festa: un menù combo pasta, fritto e bibita è intorno ai 10 euro. La sola pasta 5,90 euro.
Alla fine l’esperienza è stata migliore delle aspettative, mai partire troppo prevenuti. L’idea del fast food alla romana potrebbe anche avere successo, si adatta bene alla pausa pranzo e vi tiene lontani da catene di cibo veloce ben peggiori.
[Crediti | Link: Dissapore]