“Bocconcini morbidi di sella di coniglio su letto di valeriana fresca all’aroma di timo con pomodorini confit e odor di cipolla caramellata”.
No, quello sopra riportato non è il verso di un poema cavalleresco dei poveri, bensì, come tutti noi sappiamo, la descrizione di un piatto, di quelle che oggi inflazionano irrimediabilmente i menu dei ristoranti.
Una moda che ci meritiamo, in realtà, perché due o tre righe di descrizione hanno il potere di farci catalogare un ristorante tra quelli degni di una nostra visita, mentre un semplice “bocconcini di coniglio con insalata” ci fa percepire il locale come modesto e di bassa levatura.
Ma per fortuna la moda dei nomi aulici sta per essere soppiantata da descrizioni meno prolisse, o meglio, da immagini colorate che evocano i piatti stessi: le emoji.
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Accade per esempio, e ve lo abbiamo raccontato, al Gaggan. Da tre anni in fila il miglior ristorante asiatico secondo la Asia 50 Best Restaurant, il locale di Bangkok, in Thailandia, presenta il suo menu con una serie di piccole immagini colorate scelte personalmente dal talentuoso chef Gaggan Anand.
E accade anche nel ristorante londinese Little Yellow Door, nel quartiere posh di Notting Hill, il cui proprietario, Kamran Dehdashti, ha pensato di semplificare la vita dei clienti con un menù tutto a base di emoji, senza le ormai logore e ridondanti descrizioni a cui siamo abituati.
Faccine, disegni raffiguranti mucche sorridenti, baguette o vegetali prendono sulla carta il posto di descrizioni, versi e aggettivi, per lasciare posto a un linguaggio, quello basato sui pittogrammi, semplice e informale. Una tendenza che sta prendendo piede non solo tra locali e ristoranti, ma anche tra le società di delivery food, e che punta a una comunicazione più moderna e giocosa, dove c’è ampio spazio per leggerezza e divertimento.
Le emoji non sono comunque una novità: le divertenti e colorate immagine esistono da quasi due decenni, anche se sono state a lungo confinate in Giappone, loro paese di origine. Qui infatti furono ideate nel 1998 da Shigetaka Kurita –un dipendente della DoCoMo, grande azienda giapponese di comunicazione mobile– per esprimere più concetti nello spazio limitato di un messaggio.
DoCoMo non tutelò però l’invenzione con il copyright e così, nel 2011, quando Apple incluse le immagini nell’update del suo sistema operativo iOS5, le emoji iniziarono a contagiare il mondo sostituendo le vecchie emoticon. E ora, dopo aver conquistato gli spazi virtuali di web e social, sono sbarcate nei menù dei ristoranti.
Secondo il titolare del Little Yellow Door, dov’è possibile anche ordinare usando le emoji via WhatsApp, i clienti hanno accolto bene la novità: le immagini aiuterebbero a creare con il cameriere di turno un ambiente informale e divertente, molto distante dal formale “Cosa desidera?” che stabilirebbe una sorta di fredda distanza tra personale di servizio e cliente.
“Non stiamo cercando di rivoluzionare nulla – ha ammesso candidamente Dehdashti -, stiamo solo cercando un po’ di divertimento”.
E anche se non sarà divertimento puro, sarà comunque meglio dei soliti, prolissi menu pseudo-poetici che orami ci piacerebbe parecchio spianare con un bulldozer.
[Crediti | Eater, Standard Evening, Dissapore]