È arrivato a Giacarta, in Indonesia, Marco Miglioli, per lavorare come executive chef del ristorante italiano Amalfi. Una nuova sfida per questo chef torinese “nomade” formatosi alla corte di Antonino Cannavacciuolo sul Lago d’Orta, per poi approdare a Milano nel Trussardi alla Scala all’epoca capitanato da Andrea Berton e quindi a Londra da Michel Roux Jr. Nel 2018, insieme a Fabrizio Tesse, conquista la stella Michelin al Ristorante Carignano di Torino che ha da poco iniziato l’era Scabin.
Trentasei anni, Miglioli è nomade per la sua innata ricerca di gusti e sapori del mondo che lo hanno portato, nel tempo, a lavorare in Inghilterra, in Francia, a Dubai, in India, in Corea e in Indonesia anche come chef privato. Esperienze che hanno segnato profondamente il suo modo di intendere la cucina alle cui basi di grande tecnica aggiunge quel twist fatto di uno sguardo internazionale capace di trasformare un ottimo piatto in un piatto unico.
Dopo l’esperienza al Carignano terminata durante la prima ondata di covid l’avevamo lasciato al fianco di Marco Sforza, altro chef torinese, prima con il progetto di delivery solidale Sonriso realizzato insieme a Domenico Volgare, poi al Vista Capri di Massa Lubrense (Na) e quindi in Sardegna come chef privato. “Dopo la Sardegna – spiega Miglioli – sono tornato sei mesi a Londra lavorando per la Marvel Movies insieme a una ragazza australiana che aveva due trailers (roulotte) di lusso: qui ero il cuoco per il main cast di Doctor Strange 2 diretto da Sam Raimi, con Benedict Cumberbatch e Elizabeth Olsen. Preparavo menù per otto o nove persone che, su precise richieste, seguivano una dieta vegana o pescetariana. Successivamente per alcuni mesi ho fatto consulenza al ristorante Mogano (che è appena stato inserito nella guida Michelin) del birrificio Ritual Lab di Formello a Roma e quindi sono volato l’India dove, a Mumbai, mi sono avvicinato alla cucina indiana all’interno del cinque stelle lusso Taj Mahal Palace Hotel. Poi Giacarta ancora come chef privato e ora, da un mese, è iniziata l’esperienza all’Amalfi”.
Amalfi a Giacarta
Il locale ha una sessantina di coperti, tre sale private, un bar centrale, una pizzeria e, in primavera, aprirà una succursale sulla costa con un beach club da 250 coperti dedicato sempre alla cucina italiana. “Ho sempre lavorato con una cucina di territorio, ma anche sperimentale e con grande tecnica, mentre adesso mi sto approcciando a una cucina classica in un paese peraltro molto lontano dalle materie prime su cui si bassa la tradizione italiana. È una nuova sfida in cui – spiega Miglioli – adattare gusti e sapori tenendo conto della difficoltà di approvvigionamento: in Indonesia l’import-export è molto difficile, si trovano buoni prodotti dal Giappone che non è lontano, ma nemmeno vicino, e va tenuto presente che è un paese mussulmano per cui animali come il maiale non si usano. Tutto ciò che è italiano ha prezzi esorbitanti: molte cose le prendiamo da Bali dove ci sono numerosi immigrati che hanno aperto aziende piuttosto valide”.
Il menu dell’Amalfi si basa su una cucina italiana all’estero: la portata più richiesta è la pasta che viene preparata in casa con semola di grano duro e acqua; Miglioli realizza anche la pasta ripiena come il raviolo alla Norma al cui interno ci sono melanzana fritta, pomodoro e una base di ragù di agnello speziato al cumino e salsa al parmigiano. “Sto cercando di dare spazio ai classici – aggiunge lo chef torinese – seguendo il mio estro. Mi piace unire le varie esperienze lavorative che hanno contraddistinto la mia vita, mescolando sapori che incontro nei miei viaggi e che mi porto dietro ormai da sempre. Preparare qui una capasanta nappata nel burro mi ricorda la Francia e l’Inghilterra, ma la servo con un curry al latte di cocco che dona una nota diversa e che si lega al territorio. Oltre ai piatti italiani mi piace valorizzare ciò che c’è di locale: per esempio per l’abbinamento di carne e pesce che contraddistingue da anni la mia cucina propongo guance di manzo brasate al vino rosso servite con una quaglia arrostita a base di una salsa al nasi goreng che ottengo frullando il riso locale preparato con soia dolce e una pasta di gambero molto sapida e fermentata”. E poi ci sono il calamaro ripieno di ricotta aromatizzato allo zenzero con i tentacoli impanati nella polenta e una crema di melanzana bruciata, o ancora la pizza preparata con una base biga a cui Miglioli aggiunge topping di cucina o la Panna cotta tropicale al latte di cocco con frutto della passione, mango e ananas arrostita ai profumi del Natale (cannella, chiodi di garofano, pepe nero e anice stellato).
Torino 2023?
“Rientrerò in Europa alla fine del 2023 dopo questo periodo sabbatico che è stata una importante esperienza di vita. Non escludo di tornare a Torino, ma ora è presto per pensarci, mi aspetta un grande lavoro in Indonesia. Intanto sono molto contento per il nuovo punto di partenza di Fabrizio Tesse e anche per il nuovo inizio di Scabin: è indiscutibilmente un cuoco eccezionale e spero sappia valorizzare anche le grandi risorse che ha all’interno del suo team come Francesco Polimeni e Kevin Gardini che erano in cucina al Carignano già quando c’ero io.
Speravo che sarebbe toccata a loro la guida del locale dopo la partenza di Tesse, ma la scelta della famiglia Buratti è stata per un nome forte come quello di Scabin che sicuramente aiuterà a rilanciare l’intero progetto. Torino è sempre nel mio cuore, ma credo che manchi nella sua cucina quel quid in grado di attrarre i viaggiatori, le persone capaci di gusti di esplorazione, di vita, di viaggio. La gente oggi ha voglia di qualcosa di un po’ più “piccante” di quello che si propone normalmente e spero che, pur mantenendo la sua identità, Torino risponda a questa richiesta che potrebbe aiutarla, allargando gli orizzonti anche culinari, a diventare sempre più una meta internazionale”.