Il metodo antropologico è l’unico possibile per affrontare un viaggio senza farsi trattare da turista al ristorante, ecco, per esempio come mangiare in Perù senza usare Tripadvisor.
Diciamolo: sui locali turistici TripAdvisor ci azzecca, ma di quelli ruspanti non capisce una mazza. Quando si tratta di trovare un postaccio, un’osteria, una trattoria preferisco il “metodo antropologico“: cioè esco, passeggio, parlo con le persone, mi guardo intorno e alla fine stano una preda. E, avendo una certa sensibilità, la preda sovente risulta succulenta.
Sono molto allenato, quindi IL METODO (mi considero un po’ lo Stanislavskij delle bettole) funziona ovunque, anche ora che sono in Perù. Ieri sera a Cuzco, ad esempio. Verso le ventidue non è tanto fame, è più voglia di qualcosa di buono. Allora mi metto a ciondolare per il centro finché eccola lì, la mia preda: ha l’aspetto di una signora di mezz’età con una marsina rossa, ha un baracchino lungo la strada. La signora contemporaneamente sta al telefono a farsi gli affari suoi con chi le pare, e nel frattempo con un pennellino umetta alcuni spiedini che sfrigolano su un piccolo braciere in mezzo al traffico.
Mi avvicino, quella continua a chiacchierare con chi sa lei e mi guarda. Mi dice: “pollo?” e così evinco che di questi antichucos – così si chiama uno dei classici street food peruviani – ce n’è di diversi tipi. Ma io ho studiato! So che i migliori sono quelli di cuore di vitello. Dunque, fermo, dico “corazon?” e lei mi dice “corazon” (senza mai staccarsi dal cellulare). Fatto sta che per 5 sol, circa un euro e mezzo, prendo uno spiedino di cuore di vitello debitamente speziato che non è buono, è squi-si-to, spopolerebbe in un ristorante d’alto rango. Che gioia. Che felicità. Che modo perfetto di andare a nanna.
IL METODO mi salva anche oggi, che invece sono a Lima, la capitale, una metropoli da quasi 10 milioni di persone. Alloggio in un BB nel quartiere di Barranco, che è la zona del momento, quella in piena gentrificazione. Io la gentrificazione non la disdegno – sempre meglio dell’abbandono – ma è difficile trovare trattoriacce vere là dove sorgono locali organic, bio, design, fusion. Ma io sono MAESTRO del METODO quindi mi basta fermarmi di fronte a una porta senza insegna e capire che quel posto è il mio posto.
Juanito, Lima
E si dimostrerà vero. Ho trovato un’osteria a Lima. Un unico, enorme, lungo stanzone. Un banco bar sterminato. Una vetrina con dentro grandi prosciutti cotti interi. Soffitti altissimi. Per tetto una vetrata che accoglie la luce. Tavoli di legno e zinco. Avventori di tutti i tipi, dall’etilista al turista. Sul menù scoprirò di essere da Juanito, dal 1937. Capisco questo: era un vecchio bar, l’ultima generazione ha provato ad ammodernarlo un po’ nella proposta, per profittare dei ricavi della gentrification e dell’arrivo dei turisti.
Molto bene, Juanito, a noi. Ha due menu, uno da bar, uno da ristorantino. Quello del bar è il più vero. Da questo attingo una porzione di olive al forno (7 sol, circa un euro e ottanta); un panino di jamon de norte, prosciutto del nord, con piccante e cipolla che si dimostrerà squisito (10 sol, circa due euro e mezzo); una birra Cusquena a 7 sol; un Pisco sour che mi arriva simpaticamente decorato con uno smile (15 sol, circa 4 euro). Per non far torto a nessuno, ordino anche dal menù del ristorantino: un imperiale ceviche molto buono (e non così dissimile da quelli buoni che mangio nella mia Torino, a 32 sol, circa 9 euro). Insomma, mi sbronzo mangiando cose molto buone spendendo 74 sol, circa 21 euro, e mi pare d’essere all’Osteria del Sole di Bologna.
Juanito, credo che oggi sia nata una grande amicizia (se passate da Lima andateci, perbacco!). IL METODO ha colpito ancora.