Il nuovo ristorante di Christian Milone, chef stellato per Trattoria Zappatori, secondo noi: recensione di Madama Piola a Torino.
Osterie, trattorie, bistrot: stabilite voi quante e quali parole siano state utilizzate dagli chef “stellati” per definire i loro prêt-à-porter, format di ristorazione a prezzi popolari (o almeno, più popolari) che fondamentalmente hanno due scopi: farci gioire di un certo savoir faire senza svenarci e permettere ai suddetti cuochi di fare cassa, dacché il fine dining, notoriamente, è economicamente poco sostenibile.
Solo uno però, aveva avuto l’ardire di utilizzare il termine “piola”, che indica la trattoria popolarissima torinese, quella delle uova sode, del bagnetto verde sulle acciughe, della carne cruda e del vitello tonnato: Enrico Crippa, il celeberrimo di Piazza Duomo ad Alba (CN), che a Torino non opera di certo e che lì, ne La Piola sottostante il tre stelle Michelin, propone antipasti tipicissimi e tajarin da manuale, a patto che si spendano una quarantina di euro a testa e dando in cambio del “supplemento” un servizio tutt’altro che da osteria.
Un paio di settimane fa, nella Torino delle piole, ha osato Christian Milone, stellato di Pinerolo per la Trattoria Zappatori, che in una via non certo blasonata, appena fuori dal centro, ha aperto Madama Piola. Leggo su riviste online più patinate di questa che vorrebbe essere una vera piola, autentica nella cucina e nell’esperienza insomma, e titubo fortemente dal momento che tutti i ristoranti pop di grandi cuochi mi sono parsi versioni semplificate delle loro cucine o tradizioni culinarie ingentilite, molto ingentilite.
Quindi prenoto, non appena mi è possibile (c’è già una lista d’attesa di qualche giorno) e mi ritrovo di fronte a una nonna stilizzata: l’iconografica signora che mi fissa rassicurante tradisce già un progetto comunicativo alieno alle piole e da dietro il suo volto scorgo una cucina a vista, primi piani di agnolotti e cipolle alle pareti degni di super-professionisti dell’immagine e barattoli Bormioli (quelli che classicamente si usano per conservare antipasti di verdure, marmellate e pesce sciroppate) sospesi, usati come lampade.
Luci simboliche, in tutti i sensi, dacché l’ambiente è semi-buio, quasi romantico ed elegantino.
Non troverete nulla di tutto ciò in una piola, ovviamente, ma non mi aspettavo che il fu enfant prodige Christian Milone aprisse una trattoria con vetrinette appannate e profumo di aglio.
Il menu e i prezzi
Quindi mi siedo fiduciosa in un tavolo un po’ sfighello (il bello di recensire in incognito è che ti danno il tavolo accanto alla toilette e puoi fotografare in pace i particolari) che mi si assegna, nonostante al telefono mi fosse stato promesso un posto al banco con i cuochi all’opera, e fisso il menu, convincente nelle proposte, prevedibilmente esoso per essere associato a una vera piola, essenziale nel layout come quello di un’autentica trattoria.
Apriprista a 6 euro, antipasti tra i 10 e i 12, primi piatti tra i 12 e i 15 euro, secondi a 15/16 euro, dolci a 6 e, eventualmente, menu degustazione di tre piatti con dessert a 35 euro.
I piatti provati
Ordino alla carta, evitando salami e tutto ciò che non è cucinato. La polenta fritta che assaggio “nell’attesa” (anche perché la carta vini, o meglio, l’iPad dei vini, mi arriva in ritardo e sto attenendo sul serio) è perfetta: umida all’interno, croccante, dalla crosta sottile.
Scelgo dall’iPad, oggetto culturale che ha fatto la storia delle piole (…), un vino inevitabilmente convenzionale, sbuffando alla vista della selezione birre, tre alternative dell’unico industriale produttore Hibu (una vera piola avrebbe messo la Moretti, il bistrot dello stellato magari metterebbe l’artigianale, qui c’è la birra crafty, che sembra craft ma non lo è), e poi mangio di gusto gli antipasti, ingenerosi nelle porzioni quanto soddisfacenti.
Le lumache alla bourghignonne sono impeccabili e il “Tonnato”, vitello tonnato volutamente sbagliato, dalla nota acida imperante, nonché marchio di fabbrica di Milone, è squisito; si allontana dall’immagine asciuttina e allappante della tradizione, giustamente, con una cottura decisamente più contemporanea e appetibile.
Meglio ancora con il primo, i Plin (leggesi agnolotti al plìn) sono confortevolissimi, per quanto enormi rispetto alla convenzione, dalla pasta giustamente uovosa e dal condimento (burro e salvia) golosissimo; niente foglie a vista, ma il profumo e il sapore sono impressi nel burro con tenacia.
Poi c’è il Bollito, accompagnato da quattro salse, che si presenta come una versione (perdonate la parola) infighettita e ridotta di quello autentico: biancostato, testina rasata, lingua, cotechino e gallina sono accompagnati da una senape dolce, una salsa verde (che vorrebbe essere un bagnèt) dall’aglio pressoché impercettibile e una salsa rossa dal piccante risibile, oltreché da una maionese limonosa quanto poco saporita.
Un peccato, perché le carni sono cotte alla perfezione, il brodo saporito e composito, tanto che me lo bevo dalla ceramica noncurante di chi mi circonda, ovvero una clientela non proprio da piola.
Ordino uno zabaione caldo al moscato con paste di meliga, notando che il Cabaret di Paste tra le proposte viene preso da una pasticceria e non fatto in casa (almeno “non per ora”) e ne sono parzialmente soddisfatta: la struttura spumosa dello zabaione piemontese c’è (ringraziando il sifone, credo) e pure la percentuale alcolica, ma le paste di meliga sono bruttine e meno buone di quanto sperato.
In conclusione
Voi audaci del gusto non aspettatevi una vera piola, non sul serio. Madama Piola è un bistrot, un ristorantino elegante, con una versione ingentilita del bollito misto e una pasta fatta in casa come si deve. Scordatevi i prezzi popolari, la convivialità tipica della trattoria piemontese, le bocce di vino sfuso e i sapori hardcore. Madama Piola è un posto in cui la cucina piemontese viene presa abbastanza sul serio, senza radicalismi, con il peccato di rendere alcuni gusti troppo gentili e la buona dote di una tecnica che le vere piole non possono ragguagliare.
Il conto mi lascia l’amaro in bocca. Al netto di un errore che perdono volentieri, sei polente fritte conteggiate al posto di una (faccio notare che sto pagando troppo e mi viene restituito il maltolto tra le scuse), penso che sarebbe più elegante elencare sullo scontrino le singole voci. Anche perché, pure eliminando cinque polente, non ne vengo a capo. Per farvela breve ci sono cinque euro che non so come ho speso, probabilmente in acqua e coperto, che però non sono indicati sul menu. E io voglio sapere quanto costa l’acqua e quanto si paga di coperto senza doverlo chiedere ad alta voce al tavolo o in cassa. “Scusi, quanto sto pagando per mangiare con questa posata dorata?” è una domanda che non voglio fare.
Informazioni
Madama Piola
Indirizzo: Via Ormea 6bis, Torino
Orari di apertura: aperto in settimana dalle 19.30 a mezzanotte, il sabato e la domenica a pranzo e a cena; chiuso il martedì
Sito web: facebook.com/madamapiola2019
Telefono: 011 020 9588
Tipo di cucina: tradizionale piemontese ingentilita
Ambiente: da bistrot contemporaneo, elegante
Servizio: attento e gentile