Siamo stati da Lido 84, il ristorante di Gardone Riviera che ha preso una stella Michelin, a soli sei mesi dall’apertura, per la cucina dello chef Riccardo Camanini, e ha appena vinto un “oscar” ai World Restaurant Awards. In una recensione completa, attraverso il menu degustazione, vi spieghiamo perché sarà la nuova Mecca della gastronomia italiana.
E’ un fenomeno tipico delle dinamiche dell’intellighenzia gastronomica: in maniera alquanto casuale, dettata da nient’altro che un allineamento astrale favorevole, emerge un cuoco in grado di mettere d’accordo tutti. Lo chiamo il dono dell’infallibilità e spetta solo ai prescelti. Non è una questione di visibilità o di successo mediatico: il prescelto non è un cuoco televisivo, è quasi sempre al ristorante, di solito supportato dalla famiglia, e riesce ad esprimere un raro mix di autorialità, ispirazione, crescita, atmosfera, carattere.
I social si tappezzano di registrazioni al suo locale, se vuoi essere un gourmet degno “quel” suo piatto devi averlo mangiato entro l’anno, il rinnovo del menù diventa un appuntamento periodico e solo qualche sparuto morto di fama (per dirla con Dagospia) si permette critiche odiose, venendo giustamente spernacchiato. Giustamente, sì, perché quando un Infallibile si manifesta bisognerebbe solo godersi la sua parabola ascendente e supportarlo col tifo che merita.
E siamo fortunati, proprio mentre il precedente prescelto ascende all’olimpo dei tristellati (dai, lo sapete chi è) un altro gli è già succeduto. Si chiama Riccardo Camanini, il suo ristorante è il Lido 84 di Gardone Riviera, e ha pure la “splendida cornice”. Cosa lo rende l’Infallibile? E una cucina d’autore così illuminata è altrettanto difficile da approcciare per chi vuole solo premiarsi con una magnata di livello?
Po’ esse fero, po’ esse piuma
Chi ha il dono dell’infallibilità è in grado di accontentare sia la critica che il pubblico più generico. Per riuscirci bisogna concepire piatti che abbiano diversi livelli d’interpretazione, che abbiamo qualcosa da dire sia a chi intende il godimento come esclusivamente palatale sia a chi ama scervellarsi. Prendiamo la “Tartare di Seppia con Burro di Anguilla Affumicato, Crema di Topinambur”. Pesce marinato, quindi tollerabile anche per chi non ama particolarmente il crudo, la spuma di tubero rende il tutto rotondo e ruffiano, la nota affumicata ingolosisce il tutto.
Okay, magari siete pure appassionati di cucina giapponese, per cui il fatto che la parte arrostita venga da un’anguilla, rievoca l’unagi (anguilla d’acqua dolce) alla griglia. Molto bene.
Magari siete pure invasati di sushi e viaggiando vi è capitato di affrontare dei nigiri di stile Edomae (quello di Tokyo, il più diffuso) e rendervi conto che le consistenze dei pesci sono molto diverse da come le intendiamo noi. Più varie, tenaci, croccanti. Ad esempio nel caso del Sumi-ika, la seppia appunto, che marinata in sale e zucchero perde liquidi, si concentra in sapore e diventa più interessante al morso. E siamo a tre.
E poi ci sono gastrofregni che amano farsi da stupire da cose non immediatamente percepibili. E realizziamo che questo è un nigiri in cui niente è come sembra. Il riso lo fa la seppia, grazie a marinatura e taglio, il carboidrato è sopra invece che sotto, è crudo ma ha una nota cotta. Ma già al punto uno eravate contenti.
– Il perché dell’ Oscar alla Cacio & Pepe, secondo me
Parlando di accontentare la critica, sono stati da poco assegnati i “World Restaurant Awards”, nuovo premio che ha tutta l’intenzione di porsi come gli Oscar della ristorazione, e in quest’ottica si presenta con una serie di categorie.
Riccardo Camanini ha vinto nella “House Special”, la categoria dedicata alle specialità della casa, ai piatti più rappresentativi insomma, per la sua già mitologica Cacio & Pepe in vescica di maiale. Non è questa la sede in cui discutere di premi e del loro senso, ma una riflessione possiamo farla. Cosa trasforma un grande piatto in un “House Special”, una voce non eliminabile dalla carta, un oggetto di pellegrinaggio?
Un’ipotesi è la creazione di un rito. Un momento che crea aspettativa, di quelli che ti fanno capire che la prossima portata è qualcosa di speciale. Una rifinitura al tavolo, una cloche che si solleva, l’arrivo di attrezzature specifiche, qualsiasi cosa. Ecco, far arrivare al tavolo un’intera vescia di maiale, gonfia di vapori di pecorino, è un apoteosi del piatto ritualizzato.
Uno dei giovani cuochi in cucina (si occupano spesso loro del servizio), la inciderà, mantecherà il contenuto e lo porzionerà davanti a voi, raccontandovi di come la lettura di ricettari dell’antica Roma e la cottura di numerosi polli di Bresse in vescica abbiano dato vita alla cacio & pepe assoluta, definitiva e fatta a Gardone Riviera. Golosità totale, piatto approcciabile da chiunque, liturgia gastronomica: un Oscar lo porti a casa facile.
E c’è pure il livello superiore, il “Rognone alla Pressa, APICIUS “. Stesso concetto, la lettura del “De Re Coquinaria”, imprescindibile ricettario di cucina della Roma antica, rivisto attraverso le esperienze francesi di Riccardo, il tutto a supporto di un ingrediente decisamente più hardcore. Il rognone (le frattaglie non mancano in casa Camanini) è in tartare, rosato e croccante, ma il piatto è la salsa.
Capite bene che il carico culturale di un piatto concepito con queste prospettive è enorme, e si sente tutto nel sovrapporsi di sangue e grasso, colatura di alici e aceto, sapidità e acidità concentratissime. Ma state –ragionevolmente- tranquilli: il modo per ammansire e arruffianare il tutto c’è, ed è fornito di serie. Un dopante puré di patate con burro e tubero in uguale proporzione.
Non faremo un elenco interminabile di piatti assaggiati in altrettanto lunghi menù degustazione rinforzati, sono le idee che devono passare con forza. A proposito, i menù degustazione sono due: da 75 euro o da 85, ma per provare i classiconi fuori carta bisogna aggiungere 15 euro a parte.
Prezzi comunque molto abbordabili, considerando il costo dei percorsi degustazione dei ristoranti di questo livello.
Ma un’altra chicca ve la lascio, tra le cose più buone mangiate nel 2018 (e poi riprovata qualche giorno fa), oggetto di trasferte da parte dei gastrofregni di tutta Italia, c’è la “Sarda di Lago Affumicata e Fritta, Miele, Rosmarino, Agrumi”. Tra sarda fritta e spiedo bresciano, il pesce d’acqua dolce presentato brutalmente con tutta la testa, come la cucina di caccia più orgogliosa si sta riscoprendo a fare. Come gli uccellini dello spiedo si afferra con le mani e se ne fanno scrocchiare gli ossicini sotto ai denti, riempiendosi le narici di profumi di brace e agrumi.
Camanini, abbiamo un problema (?)
Lo so, non ne potete più di messe cantate per sedicenti chef-divinità di cui si magnificano le lodi in ogni campo della vita, e avete ragione. Esercitiamo della sana critica e cerchiamo qualcosa che non va’, pur tenendo a mente che è dell’Infallibile della nostra generazione che stiamo parlando. Faccio outing: due dei suoi piatti più celebri, lo “Spaghettone, Burro, Lievito di Birra” e il “Riso, Aglio Nero Fermentato, Frutti Rossi” -quest’ultimo in particolare oggetto di qualche “profondo giudizio estetico” non proprio lusinghiero, visto l’impiatto diciamo poco ortodosso- li ho sempre trovati non all’altezza del resto.
Passata la sorpresa del “ehi, questo lievito essiccato sa di nocciola” e “ehi, questo aglio nero sa di funghi”, le forchettate successive spariscono. Buoni, ma ho passato gli ultimi paragrafi a dirvi che nella cucina del Lido 84 c’è molto di più. In realtà ho assaggiato anche altri primi piatti basati su questo concetto, ma nell’ultima visita il risotto “Crescione, uovo e semi di Sambuco” mi ha fatto capire che anche in questo ambito si va verso quella complessità accessibile tratteggiata nel resto del menù. Sono comunque classici intoccabili, assaggiateli e mi saprete dire.
Dolce un po’ salato
E’ il momento di concludere il pasto, e il servizio sembra ingranare un’altra marcia. Bando alla piccola pasticceria anzi, bando a tutto ciò che è piccolo. Sul tavolo arrivano torte intere, e non è un modo di dire. L’ispirazione è quella dei dolci tradizionali e casalinghi: la Torta delle rose, cotta al momento, servita con Zabaione ai limoni del Garda, talmente gonfia ed eterea da essere una monoporzione da sola.
Il pan bagnato con passatina di mora e gelato alla vaniglia, la torta di polenta e arancia al Grand Marnier, il tutto mentre intorno al tavolo girano i ragazzi della cucina distribuendo torrone morbido che staccano da tronchi d’albero veri e propri. Ma anche qui il colpo concettuale è dietro l’angolo, vedi la fulminante “Banana Caramellata, Mandorle, Capperi, Salvia, Caffè, Anice Stellato e Cannella” su cui si potrebbe aprire un dibattito a parte.
A ben vedere, è la versatilità la più grande dote dell’Infallibile. Comunicare la sensazione di avere un repertorio infinito, di poter affrontare qualsiasi tema gastronomico facendolo proprio. Riccardo Camanini passa con nonchalance imbarazzante dal Giappone a Brescia, dal Raccordo Anulare alla Tour d’Argent, dalle frattaglie hardcore a lievi creazioni vegetali, dal minimalismo scandinavo al baccanale romano. Un po’ come il precedente Infallibile è il miglior cuoco di pesce con il miglior menù di caccia che esista. Dai che avete capito di chi parlo. Ebbene, Camanini sarà il suo successore spirituale?
Indirizzo: Corso Zanardelli 196, 25083, Gardone Riviera (BS)
Orari: Pranzo dalle 12.30 alle 14.30, Cena dalle 19.30 alle 21.30. Chiuso lunedì e martedì.
Telefono: 0365 20019