Le Nove Scodelle di Milano è uno dei ristoranti cinesi più conosciuti e apprezzati in Italia. Ci siamo stati e vi diciamo cosa ne pensiamo, in una recensione.
“Che cos’è il genio? È fantasia, intuizione, colpo d’occhio e velocità d’esecuzione.” – se lo chiedevano i mitici Amici Miei di Tognazzi, Noiret e Moschin nella saga omonima.
“Che cos’è l’hype?” – ci chiediamo invece noi, e ci rispondiamo: “È fantasia, intuizione, colpo di c*lo e capacità di convincere tutti che si è i più fichi sulla piazza”.
L’hype è una bestia rara che tutti cercano ma pochi trovano, è la capacità di essere sulla cresta dell’onda spinti da una marea di fan adoranti, il canonico “ragazzo più popolare della scuola” dei teen drama americani.
Sono hype le influencer ferragnesche sui social media, sono hype i birrifici che propinano strani ibridi tra craft beer e pasticceria, sono hype marchi di streetwear che vendono tute di dubbio gusto e alcuni ristoranti e i loro celebrity chef; è hype qualsiasi nome che al solo essere pronunciato faccia sdilinquire le folle in profluvi di “WOOOOW, SIIIIIIÌ, GRAAAANDE” – specialmente chi quel nome l’abbia visto solo su Instagram.
Ma parliamo di locali in cui si mangia: a volte, per scatenare l’hype di un posto, basta che l’idea giusta venga “vestita” nel modo giusto e sia notata dalle persone giuste (o venga loro fatta notare): sembra questo sia accaduto al Le Nove Scodelle di Milano, che pure io che dimoro nella Capitale e raramente ormai orbito in area meneghina ho sentito a più riprese raccontare come fosse un ristorante rivoluzionario per la cucina cinese in Italia.
E in effetti le premesse ci sarebbero tutte: aperto da Agie Zhou, già patron della mitica Ravioleria Sarpi di Chinatown, Nove Scodelle propone piatti regionali del Sichuan realizzati usando ingredienti selezionatissimi (materie prime spesso biologiche, da rinomati produttori per lo più locali), che accompagna a verdure fermentate in casa, birre artigianali alla spina e una sala dal design piacevole. Gli elementi ci sono tutti, giusto? E così, due articoli pubblicati da figure autorevoli e l’hype del ristorante decolla.
Sarà un anno che ne sento parlare. Sarà un anno o più che, ogni volta che parlo con qualche amico di cucine d’Oriente, a un certo punto arriva qualcuno che fa “Eh, ma Le Nove Scodelle…!”. Insomma, l’hype è arrivato, e ha scatenato aspettative alte.
Così durante una tappa a Milano Centrale più lunga del previsto, mi sono fatto coraggio e sono andato a pranzo.
Il locale
È situato su Viale Monza, a poche decine di metri da Piazzale Loreto. Si presenta come una monosala luminosa con tavoli di legno costruiti a mano e affiancati come in un contemporaneo refettorio, l’arredamento è semplice e di gusto, con grandi lampadari in latta a cono traforati con i nove puntini – le nove scodelle – del logo. Alle spalle una saletta privata con un singolo tavolo rotondo accomoda gruppi più numerosi.
Il menu
Si compone di nove portate principali, le “nove scodelle” del nome, che vanno fatte risalire all’età imperiale: il nove è numero del cielo e della dinastia regnante, nove sono i mitici draghi impressi sulle scalinate della Città Proibita che solo l’Imperatore poteva calpestare, nove è il numero massimo che si possa scrivere con un solo ideogramma e nove sono, tradizionalmente, le portate dei più fastosi banchetti – dire “sono a nove scodelle” prelude a un pasto sontuoso. Accanto a queste, tre antipasti e tre “primi” (riso bianco, ravioli, noodles).
Per il pranzo, due formule a prezzo fisso (10 e 15 euro) includono antipasto, portata principale, frutta, acqua e caffè; la seconda anche una birra alla spina o un calice di vino.
Le aspettative sono finora più che corroborate: l’elenco dei fornitori in bella vista, la sala accogliente e ben popolata, le due offerte prix fixe per il pranzo a tariffe incredibilmente concorrenziali, la birra artigianale, lo staff attento e disponibile.
Procedo a ordinare, optando per un menu a prezzo fisso con involtini primavera alle verdure fresche per antipasto, ravioli di maiale come piatto forte, ed integro il tutto con la dadolata di coniglio disossato saltata al wok con porro, peperoncino e pepe di Sichuan.
I piatti
E presto ricordo che non tutto ciò che luccica è oro.
Gli involtini primavera vengono presentati cosparsi di una salsa agrodolce che sembrerebbe a base ketchup, analoga per resa a quella che vi rifilerebbero in un all you can eat insieme alle nefaste nuvolette di gambero (scherzo, sobbòne, sobbòne).
L’involtino si presenta freddino e per nulla croccante, rivelando anzi al morso un ostico effetto-cartone che richiede tenacia mandibolare.
La salsa copre tutto e, abbinata a una generale insipidità, annichilisce le verdure presenti nel ripieno che sembrano sparire. Eppure è ben farcito, anche oltre le aspettative: spezzando il secondo rotolino fritto viene fuori un pelazzo nero e ritorto lungo 2cm.
Lo faccio notare ai ragazzi in sala che si offrono cortesemente di sostituire il piatto, ma rifiuto. Al di là dell’incidente, che può capitare, esordio bocciatissimo.
I ravioli di maiale fatti a mano si presentano in una pantagruelica porzione da 10 unità, grandi, pieni, gonfi; conditi da cipollotto tritato e da un’abbondante salsa agrodolce a base di soia, zenzero e aceto di riso.
Anche in questo caso, purtroppo, l’apparenza non ha una controparte gustativa altrettanto gloriosa: la pasta è spessa, per quanto gradevole, il ripieno invece troppo tenue nonostante presente in quantità davvero notevole. In genere mancano sapidità, equilibrio e nettezza nell’espressione dei gusti individuali, che falliscono quindi nel ricreare la coralità di contrasti che si ricerca nella cucina orientale. Strike due.
Ma arriva il piatto forte, la dadolata di coniglio, segnata sul menu con tre peperoncini, il massimo della piccantezza per la scala interna del Nove Scodelle. Il colpo d’occhio è scoraggiante: una marea di peperoncini secchi, saranno duecento, entro la quale occhieggiano qua e là cubetti di coniglio.
Cubetti di coniglio che sono ben cotti e saporiti, se non fossero annichiliti da una dose di pepe di Sichuan tale da cancellare tutto, perfino i contraltari potenzialmente più decisi dell’aglio, dello zenzero, del porro. Comincio a rovistare tra la montagna di cornetti fritti e mangio la carne, ogni tanto un peperoncino (per capire se davvero, secondo loro, dovresti mangiarlo – o se non sia, quell’ammasso di peperoncini buttati lì in maniera del tutto slegata dal piatto, più una trovata coreografica) e giunto a metà riesco a percepire solo il tingling limonoso e pungente del Sichuan che mi asfalta il palato.
Lascio il centinaio di peperoncini non consumati nella ciotola e chiedo il conto, ma sia chiaro che il problema del piatto non è il piccante (dal vicino e concorrente Mao Hunan ho mangiato fino alla fine, decine di piatti, fino ad andare in fiamme), ma il dosaggio di un ingrediente che usato com’è rimane semplicemente incommestibile, inutile, insensato. Strike tre, battitore eliminato.
Era buono il riso bianco, ottima la frutta ed eccellente il caffè: ma la straordinaria cucina, il prodigio degli equilibri, quella super autentica e ben eseguita meraviglia orientale che vi fa pompare posti così e salire l’hype fino alle stelle, dov’è?
I prezzi de Le Nove Scodelle, Milano
Forse nel conto, dato che da Nove Scodelle il pranzo a prezzo fisso, come detto, viene via a una cifra irripetibile per Milano. Alla carta, le portate principali sono prezzate a 10, 12 e 16 euro (ad eccezione del manzo in zuppa piccante a 22), i primi a 7 (noodles) e 9 (ravioli), gli antipasti da 3 a 7 euro. Nonostante la grandissima competitività, in base alla mia esperienza, non abbastanza a giustificare un ritorno.
Informazioni
Le Nove Scodelle
Indirizzo: Viale Monza 4, Milano
Numero di telefono: 02 4967 0957
Orari: Lunedì-Domenica 12-15, 18.30-23
Sito web: https://www.facebook.com/lenovescodelle/
Tipo di cucina: cinese regionale del Sichuan con pretese “alte”
Ambiente: informale
Servizio: informale e cortese