L’Antica pizzeria da Michele di Napoli, meglio conosciuta come Michele ai Tribunali, è un posto unico al mondo. O no? Da dieci anni ormai la leggenda della pizza è diventata un marchio in franchising, Michele in the World: partendo da Tokyo hanno aperto via via più di trenta locali dagli Usa all’Arabia Saudita passando per il Regno Unito, e ovviamente su e giù per l’Italia. Solo a settembre 2022 sono partiti quattro punti Antica pizzeria da Michele: Genova, Bari, Trieste e Torino, quello che siamo andati a visitare (come sempre in incognito) per questa recensione.
Quindi, dicevamo: può un posto che basa gran parte della sua fortuna e della sua fama sull’unicità e la non replicabilità dell’esperienza – le ore di fila, i tavoli condivisi, il menu ridotto alle sole margherita e marinara, la velocità del servizio e del pasto – oltre che indiscutibilmente su un’ottima pizza; può un posto del genere poi far leva sul proprio nome per replicarsi in tutto il mondo? Evidentemente è quello che pensa la famiglia Condurro, che dal 2012 ha aperto il franchising, ed è anche quello che il resto del mondo vuole, dato il successo riscontrato. (Che poi a volte, per noi che siamo pignoli, la realtà non sia totalmente all’altezza delle aspettative, come notavamo nelle recensioni di Michele a Milano e a Firenze, è altro discorso.)
D’altra parte è una strada che tutti i nomi mitologici della pizza napoletana hanno intrapreso negli ultimi anni: sono sbarcati ai quattro angoli del mondo (e anche qui a Torino) marchi come Starita, o Sorbillo. La strada che ha scelto Michele in The World è quella di uno stretto controllo di qualità su materie prime e prodotto finale, e soprattutto – per risolvere il paradossi di cui sopra – quella di non provare a replicare gli elementi che rendono Michele ai Tribunali unico. Perciò oltre ad alcuni punti fermi di sostanza (la pizza a ruota di carretto) e di organizzazione (no alle prenotazioni), nelle pizzerie col marchio di Michele si trova un vero e proprio menu, composto di varie pizze oltre il binomio margherita-marinara che caratterizza la sede originale, e anche di altro oltre le pizze, come i fritti e i dolci. Niente di strano, appunto la struttura di una pizzeria normale – come quella di Napoli non è.
Michele a Torino si trova all’inizio di via San Quintino: due passi dalla stazione di Porta Nuova, centralissimo. Il locale è composto da tre sale – al centro di quella di mezzo, il forno e il laboratorio sono a vista da tutti e 4 i lati – più il dehors: 100 coperti esatti, 70 dentro e 30 fuori. L’ambiente è moderno senza fronzoli, evita sia la paccottiglia pseudofolkloristica che le pretese minimal-contemporanee (o l’originalità autocelebrativa e forse autoironica che caratterizza Sorbillo).
Il menu di Michele a Torino
Il menu dell’Antica pizzeria da Michele a Torino si trova comodamente sulle tovagliette di carta che sono già al tavolo. Gli antipasti (7) sono incentrati sul fritto. Le pizze (14) sono quasi tutte molto classiche, anzi le particolarità vengono proprio dalla tradizione: la cosacca, la Marita (mezza marinara mezza margherita), la margherita con doppia mozzarella che è un po’ il marchio di fabbrica di Michele nonché l’unica variante concessa nella sede partenopea.
(A proposito di varianti: non si fanno modifiche alle pizze, una scelta giusta ma finora poco diffusa nelle pizzerie pop, e anzi appannaggio caratteristico, nonché bersaglio di strali polemici, di alcuni locali gourmet. Come cambiano i tempi, a volte addirittura in meglio.)
Quattordici pizze, dicevamo, compresi il calzone e la pizza fritta (in realtà un battilocchio, calzone ripieno fritto): l’unica concessione alla ricercatezza, nonché alla gastronomia locale, è la Truffle con crema di tartufo. Prezzi torinesi più che pop: 7 euro la marinara, 7,50 la cosacca, 8 la margherita, ma poi si sale solo fino a 12 euro per le due più care.
Insalate di bandiera (3), dolci appaltati a due nomi noti della pasticceria napoletana: Cuori di Sfogliatella e Casa Infante. Carta birre piattissima (Peroni e una private label), vini affidati per lo più a una cantina partenopea (Salvatore Martusciello).
I fritti e le pizze di Michele
Il fritto misto propone una carrellata di tutti i pezzi a menu: in stile napoletano, le dimensioni sono dal normale all’abbondante. La montanarina è delicata e profumata, forse leggermente indietro di cottura, non croccante ma asciutta. Altrettanto buono il crocché, morbido e gustoso. La frittatina di pasta – il menu promette una classica, arriva invece una special con mortadella e crema di pistacchio – è bella saporita ma alla lunga allappa un po’. L’arancino ha un ripieno di ragù e provola al cuore, separato dal resto che rimane un po’ secco. Nel complesso comunque fritture promosse, con qualche margine di perfezionamento ma godibilissime.
La pizza di Michele è proprio come uno se la immagina, anzi di più: ruota di carro non rende l’idea, sembra un mulino, una macina gigante. Scenografica senz’altro, anche se difficile da gestire, perché non sporge un po’ dal piatto, ma quattro dita buone da tutti i lati. D’altra parte, è per questo che si viene qui, no? L’impasto è sottilissimo, ben cotto con la classica maculatura leopardata, ma nessun punto crudo e scarse bruciacchiature. La Marita: nella parte marinara l’amalgama di sapori e consistenze è perfetto. Un po’ meno nella parte margherita, probabilmente per via della mozzarella troppo abbondante e troppo spessa, che prevale su resto e rimane un po’ rigida, non perfettamente fusa (e se ce ne mettono tanta sulla normale, chi sa quella con doppia mozzarella, allora).
Conto e digestione
Il conto di Michele, come si immaginava dai prezzi, con i 2 euro di coperto e i 2 di caffè supera i 25 euro: vero è che l’antipasto abbondante si presta più a una condivisione, ma sarebbe comunque difficile restare sotto i 15. La digestione porta un po’ di sete ma nessuna pesantezza, se non nell’immediato.
Opinione
Michele in the world non è Michele a Napoli, ma propone comunque una dignitosissima pizza (e i fritti pure non scherzano).
PRO
- Il servizio gentile e veloce.
CONTRO
- I prezzi base non proprio popolari.