È sempre un peccato finire dall’altra parte della barricata, quella che sta di fronte a chi protesta. È sempre un peccato, complice l’età che avanza, non capire il fervore che c’è nelle giovani generazioni, e non capire quant’è bello e giusto e sano che vogliano cambiare il mondo. Quindi cercheremo di non farlo. Eppure, nel giudicare la protesta degli attivisti di Ultima Generazione che ieri hanno organizzato un sit in davanti al ristorante di Carlo Cracco, non possiamo non dire e non dirgli che hanno profondamente sbagliato, e che il loro messaggio, al di là delle intenzioni, non aveva niente di giusto.
Le ragioni della protesta
“Ma vi rendete conto che una singola cena qui costa quanto il mio affitto?“, diceva una di loro, seguita a gran voce da tutti gli altri. Il problema sul tavolo, evidentemente, era la condizione in cui vivono moltissime famiglie italiane, e moltissimi giovani, che faticano ad arrivare dignitosamente a fine mese. L’ultimo rapporto dell’Istat parla drammaticamente di 5,7 milioni di persone distribuite in 2,2 milioni di famiglie che nel 2023 sono arrivate a vivere in condizioni di povertà assoluta: il 9,8 per cento degli abitanti complessivi in Italia e l’8,5 per cento delle famiglie.
E sì, il divario sociale tra chi può permettersi molto e chi non può permettersi niente si sta drammaticamente allargando, e anche questa è una verità. Ma le cose giuste, cari attivisti, mi sembra tanto che finiscano qui. A parte il fatto che se davvero trovi una casa a Milano in affitto al prezzo di una cena da Carlo Cracco (il menu degustazione sta a 215 euro) io avrei la fila di amici che vorrebbero il contatto del proprietario, forse il problema non è di Carlo Cracco, e probabilmente nemmeno di chi ci va a cena.
Il problema, semmai, è che a Milano gli affitti sono impazziti. Il problema è che il costo della vita è sempre più alto, con un impatto sul reddito quotidiano al netto delle tasse tra i più alti d’Europa (72,8% contro una media del 50,1%). Il problema è che gli ammortizzatori sociali non sono sufficienti (l’Istat ha appena stimato che il passaggio dal Reddito di cittadinanza – che pure a moltissimi non convinceva – all’Assegno di inclusione “comporti un peggioramento dei redditi disponibili per circa 850mila famiglie”). I problemi sono tanti, ma di nessuno di questi ci sembra sia responsabile, neanche lontanamente, Carlo Cracco, che pure ieri si è trovato a giustificare in qualche misura i prezzi del suo menu. Ma Carlo Cracco non è Giuseppe Sala, o Giorgia Meloni (o chi per loro), e le risposte non le può e non le deve dare. Le risposte non vanno chieste a un cuoco. I sit in vanno fatti nei luoghi di potere, e non nei luoghi di lavoro.
Peraltro, è Ultima Generazione stessa a sostenerlo, quando nella sua campagna “Il giusto prezzo” (quella legata appunto a una spesa economicamente più sostenibile per tutti, produttori e consumatori) chiede che a pagare il prezzo di questa transizione siano “la finanza, la GDO, i top manager delle multinazionali del cibo e l’industria del fossile“. E no, non leggiamo gli chef da nessuna parte. Nemmeno gli chef con un menu a 215 euro. Ma notiamo invece l’assenza totale della politica. L’attribuzione delle responsabilità è importante, se non si vuole scadere nel più becero populismo e far sì che i messaggi cadano nel vuoto o peggio, facciano il giro e si ritorcano contro se stessi.
Le richieste fatte a Cracco
I contadini vanno pagati correttamente, si sente dire dagli attivisti, che forse non sanno che l’agricoltura deve moltissimo all’alta ristorazione (Carlo Cracco compreso), in termini di correttezza dei pagamenti, di filiera sostenibile e di valorizzazione del prodotto e di chi lo produce.
Senza parlare dell’assurda richiesta fatta dagli attivisti a Carlo Cracco, quella di aprire gratuitamente il ristorante di tanto in tanto ai bisognosi. Come se l’uguaglianza fosse davvero permettere a tutti, eccezionalmente, di cenare in un ristorante in Galleria, e non pretendere che tutti abbiano la stessa capacità di accesso al cibo, al cibo sano, al cibo quotidiano. E come se Carlo Cracco fosse tenuto a fare della beneficenza verso il prossimo, sottraendo a lui, alla sua azienda, ai suoi dipendenti una giornata di lavoro in nome di non si sa bene quale parità sociale. E, cari attivisti di Ultima Generazione, sarebbe bene ricordarsi – sempre – che in un mondo che funziona, in un mondo dove la politica funziona, la beneficenza non dovrebbe esistere. Ed è forse a quello che bisognerebbe tendere, senza pretendere assurdità da un imprenditore della ristorazione preso di mira solo perché particolarmente famoso.
Il menu di Carlo Cracco
Il menu di Carlo Cracco, le chiacchiere di Iginio Massari, le uova di Pasqua , ora perfino le fragole. Ma è mai possibile che il problema sia diventato il libero mercato e non il divario sociale? È mai possibile che, di fronte al tema della povertà, ci si indigni perché c’è chi vende il proprio prodotto a prezzi fuori mercato (che evidentemente tanto fuori mercato non sono, se sul mercato ci stanno benone) e non perché c’è chi – tantissimi – non riesce neanche a fare la spesa al discount?
Quand’è che le due cose sono diventate l’una l’effetto dell’altra? Quand’è che Iginio Massari e Carlo Cracco sono diventati politicamente e socialmente responsabili – al posto di chi governa e di chi prende le decisioni politiche e sociali – dei terribili e deplorevoli divari economici di questo paese?
Sembra il delitto perfetto, effettivamente. L’effetto che si sostituisce alla causa, e il fumo che viene gettato altrove. Ecco, se posso dare ai giovani un consiglio da vecchietta, è proprio quello di continuare a protestare, ma senza farsi distrarre, e concentrandosi là dove è più utile, più giusto e più efficace andare.