Peccato: se questo sondaggio di Uber Eats fosse uscito prima delle elezioni (o meglio avesse avuto prima questa diffusione) ci saremmo risparmiati tanti mal di pancia, e tanti test su TikTok per decidere cosa votare. I programmi elettorali qui li abbiamo spulciati uno a uno – da quello di Giorgia Meloni a quello del PD, passando per Lega, Azione, M5S e Forza Italia – ma si sa, non è con la testa che si vota: è con la pancia. E allora: il cibo calorico è di destra, la frutta invece è di sinistra / la pizza margherita è di destra, se gourmet è di sinistra (c’è chi l’ha letto cantando e chi mente). Facile, no? Bastava vedere cosa mettiamo in tavola, o ritrovare gli scontrini del supermercato, per capire se votare a destra o a manca (certo poi il problema successivo sarebbe stato quello di rintracciare una formazione di sinistra sulla scheda elettorale, ma questo è altro discorso).
Quello tra cibo e politica è un rapporto complesso e fecondo di suggestioni, e il sondaggio lo indaga da più punti di vista. Per esempio: quali sono i cibi che vengono associati alla politica in generale? Quelli basilari: pasta, pizza, dolci, gelato. Insomma è vero, la politica è tutta un magna magna.
Poi entriamo nello specifico delle appartenenze e degli orientamenti: destra, centro, sinistra. Se guardiamo ai regimi alimentari, gli italiani associano alla destra una dieta ipercalorica, alla sinistra quella fruttariana: è una destra che ricorda assai quella craxiano-berlusconiana, edonista e strafottente della salute; mentre alla sinistra più che una preoccupazione per l’ambiente o la salute, viene attribuita la più estrema e penitenziale delle diete, ci manca solo il cilicio. E al centro? Dieta vegana: mah.
Non sorprende che per gli intervistati la sinistra sia incline alla cucina etnica, mentre destra e centro propendano per quella italiana: decenni di battaglie contro i kebab hanno lasciato il segno. Se guardiamo i cibi, la pizza margherita è di destra, davanti a spaghetti e burger. Al contrario, in cima alla classifica degli alimenti di sinistra c’è il cibo etnico (così, generico), medaglia d’argento parallela agli spaghetti, e al terzo posto il panino, però gourmet. Secondo Uber Eats questa visione “rovescia gli stereotipi”, ma io non ne sarei così sicuro: ci arriviamo tra un attimo.
Infine alla questione su dove s’immagina preferirebbe mangiare un politico, gli italiani vedono quelli di destra bene al fast food o al ristorante (torna l’approccio spensierato e godereccio), quelli di sinistra che ordinano a domicilio o cucinano a casa. L’immagine insomma è quella dell’intellettuale col calzino bucato che pilucca un sushi veg davanti a Netflix, o che se proprio si deve alzare dal divano, a quel punto si mette ai fornelli (dicendo magari con una certa spocchia: vuoi provare la vera carbonara? Te la faccio io).
Esistono stereotipi classici, e stereotipi contemporanei: ma sempre stereotipi rimangono. Certo è che, nel discorso pubblico che va dalle urne alla tavola, il rovesciamento delle categorie merceologico-ideologiche non cessa di stupirci: per cui adesso povero/ignorante/semplice/grezzo/paesano/popolare è diventato di destra e ricco/sofisticato/gourmet/ricercato/internazionale/elitario è di sinistra. Un ribaltamento che è avvenuto, se non nella realtà, almeno nella testa della gente: ma la gente poi vota, appunto.
La cosa interessante, però, viene anche dal metodo con cui è stata condotta quest’analisi: che non è un vero è proprio sondaggio, ma una modalità nuova, basata – come tutto ormai – dal dragaggio di dati su internet. Si chiama WOA (Web Opinion Analysis), e la stessa Uber Eats così la spiega: “Si tratta di uno screening della rete compiuto monitorando blog, forum e i principali social network – Facebook, Twitter, YouTube – con l’intento di captare come gli utenti web si pongono rispetto a un determinato tema. La griglia dei campi di indagine ha aggregato in macro-risposte gli interventi degli utenti sull’argomento di fondo, filtrando la grossa mole di informazioni reperite al fine di ridurle all’essenziale ed essere lavorate per i soli fini analitici che l’indagine propone”.
Insomma è un po’ come quei sondaggi in cui non si chiede all’elettore cosa vota ma secondo lui quale partito vince: questa analisi non mette in correlazione l’appartenenza politica e le preferenze gastronomiche reali, ma quelle presunte. Non emerge cosa mangia chi vota a destra e cosa mangia chi vota a sinistra, ma cosa pensano, cosa scrivono sul web, le persone a proposito di cibo e politica. In definitiva ne esce fuori che, banalmente, gli italiani ritengono che il cibo tradizionale/classico sia di destra e quello nuovo/strano di sinistra. Il festival del pregiudizio insomma: se mai ci fosse stato bisogno di ribadire che siamo un popolo di conservatori, sia a tavola sia nell’urna elettorale, ecco la conferma è arrivata.