Tra gli anni settanta e gli anni ottanta Wanna Marchi divenne famosa per le sue televendite, durante le quali proponeva prodotti dimagranti tra cui la miracolosa crema “scioglipancia”. Ma la storia dei truffatori e delle truffatrici, che in Italia ha in Wanna Marchi uno dei suoi episodi più eclatanti, è molto ricca. Per citare due casi più recenti, su Netflix c’è il truffatore di Tinder e il caso della ristoratrice di Bad Vegan.
Le Wanna Marchi esistono in tutti i settori, il cibo non farà di certo eccezione. Durante le cene stampa o gli eventi se ne possono osservare alcune pallide imitazioni quando, intorno a un tavolo, sono sedute una serie di persone che conoscete di vista, di firma o di persona, per le quali si sa bene o male cosa fanno, per chi scrivono e quali temi trattano, ma anche un figuro e una figura di cui nessuno sa realmente di cosa campi. Si presentano spesso come giornalisti, influencer, opinion leader, conoscitori, PR, produttori, ammanicati. Non sono Wanna Marchi, certo, ma comunque vivacchiano e parassitano intorno al mondo del cibo, per meriti storici, presunti o reali, per fama che hanno accumulato in una fase della loro carriera e che oggi si è dissipata ma non quanto la loro voglia di esserci, per luce riflessa e supposte conoscenze.
Insomma nel mondo del cibo gli incantatori di serpenti, i venditori di fumo dell’arrosto, come li chiamava un mio collega “i tappezzieri” sono tantissimi. E molti di loro hanno trovato modo di sopravvivere anche dopo il Covid. Cuochi e imprenditori si fanno spesso blandire dalle loro promesse, prima tra tutte quella di entrare in qualche guida importante, di stare in un certo circuito, di vedere articoli pubblicati sulla propria attività. “Pare che ti faccia entrare nella Michelin” è una frase che ho sentito spesso sussurrata di fronte all’esimio sconosciuto che mangia tartine e fa roteare calici di champagne (a proposito di tartine, c’è poi un sottobosco di imbucati cronici ben descritto in questo articolo di Andrea Strafile su Vice). Non a caso te li ritrovi come consulenti, uffici stampa, fotografi, PR, paggetti di corte nei ristoranti a cui succhiano l’anima e i soldi.
Sull’annosa questione delle guide temo si siano celate le più grandi truffe della storia della ristorazione. Nel 2019 fece scalpore il caso di una chef coreana che ha citato in giudizio la Guida Michelin per un consulente che pretendeva di lavorare per la guida e che avrebbe sollecitato un compenso in cambio della promessa di ottenere delle stelle. Ma c’è davvero qualcuno che può farvi entrare, per certo, nella Michelin? Io credo proprio di no. Nelle altre guide? Nemmeno, che io sappia.
Si possono fare segnalazioni, avere conoscenze con i giornalisti, si possono stringere relazioni, si possono usare i prodotti degli sponsor della guida (sì ragazzi, gli sponsor fanno le guide, è così). Ma mai nella mia vita ho avuto la certezza che qualcuno fosse entrato in una guida pagando (parliamo delle grandi guide, non delle classifiche). E se qualcuno promette questo, forse la cosa va indagata meglio. 1) vi invito a scrivermi una mail per raccontarmelo. 2) vi invito a mandare una mail alla casa editrice che pubblica la guida per raccontare che Pinco Pallo vi ha proposto questo e quest’altro. “È vero? è falso?” fatevelo dire.
Poi ci sono tutte le risorse professionali che seguono comunicazione online e offline. Ma tanto è: ormai la comunicazione è arrivata a un tale livello di complessità che non è facile che una sola persona abbia tutti i requisiti che un’azienda sta cercando. Ci sono i PR, che seguono relazioni online e offline, gli organizzatori di eventi, i consulenti, i grafici, i designer, i fotografi, i video maker, i Seo Expert e così via. Però ci sono anche persone che dichiarano di fare un po’ tutto di queste cose. Figure che offrono un servizio e con lo stesso fee portano a cena il compagno di banco con 9k follower, ti fanno scattare le foto da “uno bravo”, ti sistemano il sito con “tuocuggino” e ti accalappiano l’ispettore. A casa mia questo modus operandi significa solo una cosa: tappezziere.
Ecco dunque un prontuario veloce per capire se siete davanti a un venditore di fumo:
- Chiedete in giro referenze sul suo lavoro
- Ragionate per obiettivi (numeri, progetti, risultati concreti o teorici) non alla giornata. Quando pagate qualcuno, sappiate bene cosa state pagando. Da dove partite e dove volete arrivare
- Fatevi un giro su Internet e sui social per capire chi avete davanti. E se vi basate solo sul numero dei likes e dei follower, allora vi serve un corso di recupero.
- Non chiamate i fotografi per farvi l’ufficio stampa e l’ufficio stampa per farvi amministrazione. Ognuno ha un suo ruolo
- E siccome ognuno ha un suo ruolo, se un fotografo vi vende degli articoli di giornale o il cugino architetto o un programma TV con Antonella Clerici, è forse opportuno che vi facciate due domande. Guardate che il multitasking è sopravvalutato, ma di brutto
- Se qualcuno vi vende l’ingresso in una guida, qualsiasi guida, pensateci bene prima di affidargli la vostra tredicesima. Probabilmente non sta dicendo la verità
- Ricordatevi sempre di avere sotto controllo le vostre password e gli accessi a qualsiasi canale porti il nome della vostra attività o il vostro
- Stabilite ogni accordo di consulenza o di tipo commerciale tramite un documento scritto e firmato da ambedue le parti. Le strette di mano sono passate di moda. Poi dopo il Covid sono state bandite per sempre
- Comportatevi bene voi prima di tutto, se volete che lo facciano anche gli altri
Anche perché, se siete disposti a pagare per entrare in una guida, forse anche voi un po’ tappezzieri lo siete.