La Francia replica piccata alla “50 Best Restaurants“, classifica dei migliori ristoranti planetari, accusata di snobbare la grandeur transalpina, con una lista in cui 5 dei 10 chef migliori sono francesi.
“La Liste“, che aggrega i 1.000 ristoranti migliori del mondo in base ai punteggi ottenuti da 4.000 locali in 200 guide e siti web (comprese Michelin, Gault-Milau ma pure New York Times, Washington Post, Zagat, Yelp, Forbes e sì, anche TripAdvisor), è stata presentata giovedì scorso da Laurent Fabius, ministro degli Esteri francese, nientedimeno che.
Il ristorante numero uno della 50 Best Restaurants, El Celler de Can Roca di Girona, in Spagna, è soltanto al 6° posto della classifica francese, dove il 1° posto va al Ristorante de l’Hotel de Ville di Crissier, in Svizzera, gestito dallo chef francese Benoit Violier.
Gli altri francesi presenti nella top ten sono il ristorante Guy Savoy di Parigi al 4° posto, la Maison Troisgros di Roanne all’8°, l’Auberge du Vieux Puits a Fontjoucouse al 9°, e al 10° posto il ristorante con sede a Tokyo del celebre chef transalpino Joel Robuchon.
Anche nella 50 Best Restaurants i ristoranti francesi presenti sono 5 (primo è il Mirazur di Mentone al posto numero 11) ma in tutta la classifica.
Per quanto riguarda gli italiani L’Osteria Francescana di Massimo Bottura, numero 2 nella 50 Best Restaurants, è al 18° posto de Le Liste.
Al 22° posto si trova Le Calandre dei fratelli Alajmo, La Pergola di Heinz Beck è al 36°, Dal Pescatore al 61°, Reale di Niko Romito al 74°, Piazza Duomo di Enrico Crippa al 78°, La Madia di Pino Cuttaia al 83°, Uliassi al 86°, Da Vittorio dei fratelli Cerea a Brusaporto al 90°, St. Hubertus di Norbert Niederkofler al 91°, e al 100° Vissani.
“Le classifiche internazionali non sono sempre trasparenti o obiettive, l’attitudine a sminuire la Francia è evidente”, ha fatto dire a un suo consulente il ministro degli esteri francese, “mentre questa, finalmente, è una lista oggettiva della gastronomia internazionale“.
La Liste è il prodotto di un algoritmo (chiamato Ciacco, come il ghiottone dell’Inferno nella Divina Commedia) che converte i punteggi di guide e siti web usando un sistema di voto in centesimi, 80 per la qualità del cibo, 20 per carta dei vini e ambiente combinati (?) sviluppato da Antoine Ribaud, figlio di Jean Claude, a lungo esperto di gastronomia per il quotidiano Le Monde.
La graduatoria comprende 127 ristoranti giapponesi, 116 francesi, 97 americani, 73 cinesi, 50 spagnoli e tedeschi, solo 13 italiani. Questa la top ten:
1. Ristorante de l’Hôtel de Ville, Crissier, Svizzera
2. Per Se, New York
3. Kyo Aji, Tokyo
4. Guy Savoy, Parigi
5. Schauenstein, Fürstenau, Svizzera
6. El Celler de Can Roca, Girona, Spagna
7. Kyubey, Tokyo
8. La Maison Troisgros, Roanne, Francia
9. Auberge du Vieux Puits, Fontjoncouse, Francia
10. Joël Robuchon, Yebisu Garden Place, Giappone
La trascurabilità dell’iniziativa, se non proprio la sua ridicola corbelleria, è stata stigmatizzata prima di tutto in Francia.
“Una classifica comica che disonora i nostri cuochi migliori”, ha commentato Alexandre Cammas, fondatore di Le Fooding, una guida dei ristoranti che ha grande seguito in Francia. ” Con La Liste sono i migliori chef francesi che perdono, mentre la critica internazionale guadagna nuovi argomenti per prenderci in giro”.
Ora, per quanto indifendibile sia la 50 Best Restaurant (i voti sono pilotati, genere “tu fai votare questi ristoranti che io faccio votare quelli che mi indichi”, i giurati non sono tenuti a dimostrare di aver visitato i ristoranti votati), l’idea di una casta di critici in culotte che con metodi discutibili estrae dal cilindro un’altra classifica inattendibile dove la Francia, ullallà, ritorna come per magia in cima al mondo, dà la misura della crisi di quella che fu la migliore gastronomia del mondo.
Senza contare le continue accuse di eccessivo franco-centrismo rivolte negli anni alla Michelin, non proprio una guida qualunque vista la notorietà e la diffusione in 20 paesi europei, due città negli Stati Uniti, New York e San Francisco, 3 città in Giappone, Tokyo, Osaka e Koito, più Hong Kong e Macao in Asia.
[Crediti | Link: New York Times]