Sullo spiazzale del mercatino di Natale di Brunico in Alto Adige ci sono diverse stufe a legna. Le canne fumarie sbucano direttamente nel cielo e le fiamme interne offrono conforto e calore ai passanti che si fermano a mangiare una polenta e a bere un vin brulé. Il design, la composizione e la forma della stufa richiama uno scenario casalingo, fatto di calore e nostalgia che aleggia nelle famiglie di molti di noi. Famiglie che hanno lasciato i paesi d’origine per spostarsi in città e hanno abbandonato le stufe in case ormai poco frequentate oppure le hanno sostituite con fornelli più moderni.
Il successo della stufa a legna si deve sicuramente alla doppia funzione di scaldare gli ambienti e cuocere i cibi. Insieme al caminetto, rappresentò per parecchio tempo l’unica fonte di calore casalinga affidabile, il luogo dove i cibi venivano cotti e scaldati. Se negli ultimi anni la cucina sul fuoco ha recuperato un grande interesse sia per uso domestico che nelle cucine dei ristoranti, dallo svedese Niklas Ekstedt all’italianissimo Errico Recanati per citarne solo due, la stufa ha rappresentato il recupero di vecchie procedure di cucina, con strumenti vintage o del tutto nuovi, che si svolgevano di solito all’interno delle mura domestiche.
Carlo Lisi ha fondato nel 2015 un gruppo su facebook dal nome piuttosto chiaro, Amici della stufa a legna. Oltre ad essere un appassionato di stufe a legna, di cucina e di ristoranti, gestisce anche un rifugio sull’Appennino Emiliano, il Rifugio Madioce, dove stufe e camini non mancano. “Il gruppo nasce quasi per caso, fra amici e amanti della stufa, e rimane dormiente per diversi anni. Durante la pandemia è esploso, crescendo di mille persone al giorno” mi racconta Carlo. I motivi sono abbastanza intuibili: le persone stando più a casa hanno tempo e modo di dedicarsi alla stufa, che necessita di cotture in parecchi casi più lente e meno immediate. Una cosa simile è successa con la panificazione. Un secondo periodo di crescita si registra ad aprile 2022. La guerra tra Russia e Ucraina è scoppiata da qualche settimana e si paventano i rischi dell’assenza di gas e della crescita del costo dei consumi energetici. Non a caso quella sulla stufa a legna viene anche chiamata “cucina economica”. Ad oggi (gennaio 2023) il gruppo conta quasi 150.000 iscritti.
Vista la passione per la gastronomia del suo fondatore, e degli altri amministratori coinvolti, Andrea Onofri, Cristian Alippi, Fabio De Angelis e Luciana Mao, e la crescita del numero di iscritti, lo spazio per lo scambio delle ricette si sposta (o meglio, si sposterà) su un neonato gruppo dedicato: Ricette sulla stufa a legna, nato come spin-off proprio per focalizzarsi sulla cucina. “Per ora non ci siamo dedicati al 100% a questa parte” spiega Carlo “ma lo faremo compatibilmente con i nostri impegni a partire dall’estate”.
Da come mi racconta Carlo, che ammette serenamente di cucinare anche sul gas, quella della stufa a legna è un’esperienza completamente diversa. “Quello della stufa è un fuoco più dolce, dove si realizzano cotture meno nervose, con tempi più lunghi. A detta non solo mia, ma di tante persone che conosco e frequentano il gruppo, c’è un gusto diverso. Che sia solo il frutto di una romanticizzazione, non lo escludo” aggiunge. Tuttavia le differenze strutturali ci sono: si usano strumenti specifici, tempi e spazi diversi. Non si tratta solo di usare la vecchia stufa della nonna, con il suo corredo vintage, ma di avere a disposizione anche strumenti innovativi e tecnologici che permettono una cucina più performante. “C’è un’evoluzione continua per la riduzione delle emissioni e dei consumi e maggiore efficienza dal punto di vista del potere termico. Le stufe moderne sono decisamente più sofisticate. Puoi avere una stufa che funziona bene o una che rischia addirittura di essere pericolosa”.
Le modalità per cucinare sulla stufa sono tantissime. “È uno strumento molto versatile” spiega Carlo “non c’è niente che non vi si possa cucinare. Si può usare una fantasia enorme”. Tra le tipologie di cottura c’è quella classica sulla piastra superiore, che diventa più a contatto con il fuoco una volta tolti i cerchi della stufa, come si vede fare spesso per la polenta. Poi la parte del focolare vero e proprio, il forno per le cotture, infine il cassetto della cenere “dove si cuoce a temperature più basse. Per ogni ingrediente c’è una tecnica di cottura più indicata”. Mentre il bollitore posto all’interno della stufa, che ripesco dalle memorie di casa, pare sia passato di moda, non si usa più. “Gestite bene, con i giusti tempi, senza bruciare o carbonizzare gli alimenti, queste cotture sono eccezionali”.
Certo, qualche inconveniente c’è o meglio, ci sono cose da imparare come ogni volta che si maneggia il fuoco. “È più difficile avere una temperatura costante rispetto al fornello, c’è una flessibilità maggiore. Serve farsi un po’ esperienza, ti puoi improvvisare di meno. Non apri il rubinetto e trovi tutto pronto”. Poi c’è la questione della legna, dello stoccaggio e dell’utilizzo. “Si comincia piano però si impara presto. La cosa più complessa da gestire è l’accensione, ma adesso ci sono delle soluzioni molto innovative. Molte persone pensano che il fuoco si accenda dal basso, noi nel gruppo sosteniamo da tempo l’accensione dall’alto, mettendo i pezzi di legna più grossa sotto e quelli piccoli sopra. Durante l’accensione con questa modalità la combustione migliora per il fatto che la fiamma non deve occuparsi di riscaldare tutta la pira, oltre a bruciare tutti i fumi”. E la pulizia? “Tutta questione di conoscenza dello strumento e delle tecniche di manutenzione che vanno esercitate periodicamente”.
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Ma quella della stufa non è solo una storia casalinga, come si potrebbe pensare. E se a novembre 2022 la food influencer Diletta Secco usava la stufa di casa per cuocere i suoi necci, gli chef che hanno una stufa in cucina ci sono, anche se sono pochissimi. L’esempio più famoso è quello del ristorante I Cacciatori a Cartosio, dove la chef Federica Rossini usa la stufa a legna del 1952 per cucinare i piatti della tradizione piemontese e della storia di famiglia, come il pollo alla cacciatora e il coniglio al vino rosso con la polenta. A Chamoi, in provincia di Aosta, la polenta cotta nel paiolo sulla stufa a legna è il piatto principe del ristorante Chez Pierina, dove nonna Pierina cucinava dal 1975 le sue ricette casalinghe.
La lunga tradizione delle stufe nell’arco alpino è testimoniata dall’utilizzo tra Germania, Austria, Trentino, Alto Adige, Ladinia e Valtellina del termine “stube” che indica la zona della casa dove risiede la stufa (stube appunto) e si svolge la vita sociale della famiglia. Oggi le stufe dei ristoranti sono ancora presenti come oggetti d’arrendo, ma molto raramente vengono adoperate per cucinare. In qualche foto di appassionati di ristoranti vi sarà forse capitato di vedere la bellissima stufa verde in ceramica con disegni di cervi che si trova nella sala del ristorante St.Hubertus di Norbert Niederkofler.
Sempre in Piemonte, il ritrovamento di una bellissima stufa degli inizi del ‘900 ha definito il nome del ristorante “Il Putagè”, ovvero stufa in dialetto piemontese. Una volta ristrutturata, la splendida costruzione è stata posta al centro del ristorante “per non farci perdere il contatto con le tradizioni” scrivono i titoli. Come dicevamo però, siamo ormai all’estetica e a una destinazione completamente diversa. Mentre negli ambienti domestici la cucina sulla stufa a legna sta tornando di moda, nei ristoranti rischia quasi di scomparire.