Ieri ho partecipato a una cosa molto bella. Sono stato invitato alla cerimonia prenatalizia della sede di San Damiano d’Asti dell’Istituto Alberghiero Penna. San Damiano d’Asti è un piccolo centro di 8401 anime a una quindicina di chilometri dal capoluogo.
La sede dell’alberghiero, qui, ha aperto solo sette anni fa, ma gli studenti sono già centinaia, divisi tra chi studia cucina e chi sala. Ieri erano tutti pigiati nel simpaticissimo cine-teatro Cristallo, una di quelle sale antichissime che sanno di un’Italia che fu.
I professori avevano organizzato una sorta di talk show durante il quale venivano premiati gli alunni più meritevoli, gli studenti presentavano le loro varie attività –un viaggio-studio in Spagna, uno in Francia dedicato alle questioni di genere, un concorso di poesia–, alcuni ospiti del settore raccontavano la propria esperienza, come Elide Mollo, cuoca tutto d’un pezzo del Centro di Priocca.
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In un paio d’ore ho visto docenti molto competenti, svegli e “moderni”, ragazzi motivati, un preside competente, una struttura dignitosissima, un territorio ben disposto: venerdì a un passo dall’Istituto verrà inaugurato il ristrutturato Foro Boario e le libagioni saranno preparate degli studenti.
Però.
Però ci sono un sacco di cose che non vanno. Il programma prevede solo quattro ore di pratica settimanali, e sono poche. In cucina le strumentazioni sono al minimo, mancano tanti degli attrezzi che i ragazzi di oggi dovrebbero imparare a usare. Il preside conduce questa e altre scuole, perché c’è una carenza di dirigenti. In generale le risorse sono troppo poche.
E siamo in Piemonte, vicino ad Asti, in uno dei territori più vocati alla ristorazione e all’ospitalità del pianeta.
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Ma dico io, a costo di fare il petulante, vogliamo investire nella formazione quello che merita?
Non c’è politico che non dica che la cucina italiana è la nostra bandiera e poi gli alberghieri non hanno un roner per seicento allievi, un preside deve rimbalzare da una sede all’altra come una biglia e gli insegnanti arrangiarsi.
Il Ministro Martina che con gli “ambasciatori del gusto” porta la cucina italiana all’estero dovrebbe parlare alla collega Fedeli dell’istruzione: se no nel mondo, fra una generazione, non ci sarà più niente da portare.