Non andresti mai in un ristorante senza mangiare. Quindi perché andare in un bar chiedendo un analcolico? A chiederselo, con questa formula che ricorda un po’ una campagna di pubblicità progresso contro la pirateria (“non ruberesti mai un’automobile…”) è il Mad, cocktail bar di livello in quel di Firenze.
Loro, con una comunicazione irriverente e un tantino psichedelica, fatta di gif e coccinelle che copulano, sul loro sito internet raccontano ai consumatori le regole del gioco: non sono ammessi Spritz, ad esempio (“let us entratain you with something better”, comunicano loro), e in effetti probabilmente anche se non ce lo avessero detto non saremmo mai andati in un posto come il Mad a ordinare uno Spritz, con buona pace di Aperol e prosecchi vari.
Altra regola dal Mad (non scritta, stavolta): non ci si scandalizza per i nomi sopra le righe della loro drink list, fatta di “Puttantour” e “Tra le palme…bocche colme”. E noi, come peraltro è nostra abitudine, non ci scandalizziamo per nulla, per quanto venga da chiedersi con tutta sincerità perché dare dei nomi così brutti e puerili a dei cocktail buoni, che forse non vogliono strizzare l’occhio ai ragazzetti che – giustamente, data l’età – ridono di queste cose come i bambini ridono quando si dice cacca, bensì a un pubblico un po’ più adulto, i giovani non più giovani che spendono volentieri qualche euro in più per una mixology di qualità.
Infine, la regola numero uno (annunciata sul sito nientemeno che da Steve Carell): al Mad non si servono cocktail analcolici. In nessuna occasione, senza nessuna eccezione. Neanche per una donna visibilmente incinta.
La storia di Giada
Ce lo racconta Giada (il nome è di fantasia, ché Firenze è una piccola città): “Ai tempi ero all’ottavo mese di gravidanza, e con il mio compagno decidemmo di prendere un aperitivo al Mad, pensando che chiedere un virgin cocktail, in un posto così specializzato, non fosse un grande problema, vista anche la tendenza generale a lavorare sul tema”, racconta. “Chiedemmo se era possibile avere un analcolico, e mi risposero di no: in effetti c’era scritto sul menu, con una frase che non aveva molto senso riguardante il fatto che chiedere un analcolico in un cocktail bar era come andare in un ristorante senza mangiare”. La frase di cui sopra, appunto. “Che poi semmai sarebbe stato più sensato associare la richiesta a quella di un’ordinazione di carne in un ristorante vegano”, prosegue Giada, regalando gratuitamente al Mad un consiglio di marketing. “Alla fine comunque andammo via senza prendere nulla: è un problema che ho riscontrato in diversi posti, per la verità, ma in un luogo come il Mad non me l’aspettavo, perché non ci vuole molto a creare un cocktail analcolico, quantomeno per una donna incinta che vuole continuare ad avere una vita sociale”.
“È stato davvero fastidioso: mi sono sentita come bullizzata”, dice Giada. “Per me era come se mi avessero detto che in quanto incinta non avevo diritto a farmi un aperitivo fuori. In più devo aggiungere che furono molto scortesi nel comunicarmelo”. In effetti, noi quelli di Mad abbiamo provato a chiamarli, per chiedergli se davvero tra le loro policy ci fosse il negare un analcolico a una donna in evidente stato di gravidanza capitata lì per bere qualcosa con il suo compagno. Non siamo riusciti ad avere una risposta: ci ha risposto Jacopo, che dopo mezzo minuto di conversazione ha comunicato che la musica era alta, che non si sentiva bene, e ci ha semplicemente appeso il telefono in faccia. Lasciandoci senza cocktail e senza risposte.