Leggevo sulla stampa gastronomica internazionale – si legga The New York Times – uno degli svariati articoli-rassegna di inizio anno sulle tendenze appena passate, e le previsioni per l’immediato futuro. dedicato ai menu, intesi proprio come il loro supporto cartaceo. Era dedicato soprattutto all’aspetto tipografico e di impaginazione, ma la cosa mi ha fatto pensare: se anche il menu presentato al cliente fosse un’opportunità di espressione per i ristoranti? Esattamente come una degustazione ben congegnata non deve essere un banale Bignami della proposta alla carta bensì un’entità a sé stante con i suoi modi e tempi, può il menu non essere solo un catalogo e listino prezzi ma raccontare qualcosa di più del suo autore? A quanto pare, la risposta è sì, e la riflessione ha portato spunti molto interessanti.
Il precursore
Come spesso accade nella cucina italiana, chi per primo ha approfondito la tematica è il maestro Gualtiero Marchesi: molti suoi piatti erano già ispirazioni e omaggi a giganti dell’arte, Fontana, Pollock, Manzoni, Malévich, ma per il suo percorso degustazione di sette portate in quel di Bonvesin Della Riva, cercava un modo per raccontarlo a partire dal menù stesso. Si rivolse all’amico pittore cinese Hsiao Chin, a cui aveva già dedicato “Oriente e occidente: riso al curry con code di gambero saltate”, e lui rispose con un’opera che avrebbe fatto epoca, diventando poi il logo del maestro: i sette colori, sette essenziali pennellate che hanno trasmesso, con l’essenzialità e la dinamicità tipiche dell’arte calligrafica orientale, la costante ricerca di etica ed estetica di Marchesi.
I menu artistici
Parlando di pennellate e di ristoratori appassionati di arte, due menù mi saltano subito alla mente: quelli dipinti direttamente da Catia Uliassi e Massimiliano Alajmo, ormai parti integranti degli stessi percorsi gastronomici, oggetti da collezione per i fan e attesi tanto quanto i nuovi piatti in degustazione. Lo chef Padovano appare spesso sui social mentre, pennelli e spatole alla mano, dà il suo tocco personale ad ogni singolo menù negli aggiornamenti stagionali dei percorsi Classico, Raf e Max proposti alle Calandre, e le opere di Catia, artista autodidatta, sono ormai passate dall’impreziosire l’annuale Lab e le pareti dell’amatissimo tristellato di Senigallia ad esposizioni dedicate.
Quando poi il legame tra arte e cucina si fa simbiotico anche nell’ambiente, è ovvio che i media -nel senso più ampio e completo del termine, in questo caso- presentati al cliente diventino a loro volta occasioni di espressione artistica, fino al caso, estremo ma emblematico, della carta dei vini del ristorante di Enrico Bartolini al Mudec. Il tristellato milanese, ospitato all’interno del Museo delle Culture, ha collaborato con l’artista KayKay per rendere la lista vini un’opera d’arte a sé, anche certificata in blockchain.
La materia
Coerentemente con lo stile che ha reso il suo Lido 84 meta di pellegrinaggio gastrofregno da tutto il mondo, Riccardo Camanini usa la cultura e la ricerca storica per rendere l’ultra-classico futuribile, e lo ha fatto anche col suo menù. Un elemento che gli ha fatto guadagnare meno post su Instagram della cacio e pepe in vescica, ma è comunque sintono della grande attenzione al dettaglio e dello spirito innovativo che lo contraddistingue: è stato il primo ad aver lavorato con Toscolano Paper, cartiera artigianale nata da un progetto di recupero e che ora serve molti super stellati e li supporta con progetti di stampa ecologica, carte sostenibili e quant’altro. Il titolare Filippo Cantoni ha raccontato più volte di come anche lo stesso Gualtiero Marchesi si fosse rivolto a lui per sviluppare una carta “aromatizzata” allo zafferano, progetto poi mai realizzato.
Fatto a mano
Chi si occupa del decoro artistico, chi del mestiere artigiano sulla carta, chi fa letteralmente tutto in casa: Luca Natalini di Autem Milano ha deciso che il menù se lo deve scrivere a mano, quotidianamente. Una scelta apparentemente in contrasto con la grande attenzione al design che è evidente nel suo locale, ma che, come tutto il resto, è studiata per veicolare un preciso messaggio, centrale nella concezione del ristorante. Parliamo della centralità della materia, da cui deriva la necessità di un aggiornamento giornaliero, e con cui è coerente la scelta di un supporto materico, invece -ad esempio- di un QR code o un Ipad.