La riviera romagnola d’estate si popola di milioni di turisti che vogliono godersi il mare -non certo il più bello delle nostre coste- e l’ospitalità romagnola, con i suoi bagni e ristoranti, che invece non ha eguali.
Si tratta di un turismo di lunga data perché questo tratto di costa ha la fortuna di avere ampie spiagge sabbiose che sono state predilette fin dagli inizi del Novecento dai benestanti che si concedevano lunghe villeggiature per godere dei “bagni di mare e di sole”.
All’epoca non era che una moda per pochi privilegiati e la costa romagnola era costellata da piccoli centri che vivevano di pesca o, i più fortunati, di produzione di sale, stretti tra gli acquitrini alle spalle e un mare che regalava ben poco.
Le condizioni migliorarono proprio grazie a queste prime forme di turismo e, quando il boom economico portò le masse di bagnanti sulle spiagge, i romagnoli erano pronti per accoglierle, mettendo in campo tutto il loro genio per accontentare chi veniva al mare, ma non solo.
Si può dire che avere spiagge grandi, capaci di ospitare migliaia di persone, e un mare non troppo invitante abbia fatto la fortuna della costa perché gli imprenditori romagnoli si sono dovuti inventare un altro tipo di vacanza tagliata su misura sul turista che non si accontentava della pensione e dell’abbronzatura.
Il frullo dei ballerini sulle piste di filuzzi è stato solo l’esordio e, anche se oggi sconta il secolo abbondante di storia sulle spalle, resiste nelle balere della riviera al suono dell’inno “Romagna mia”. Ma è stato con il fenomeno delle discoteche che si è fatto il salto: la spiaggia era diventata un’optional (tanto si faceva mattina e di giorno si dormiva) e soprattutto non si andava più al mare solo d’estate, con l’effetto di prolungare di mesi la stagione del divertimentificio.
Gli stabilimenti balneari non sono stati da meno e hanno inseguito le mode, rimanendo sempre sulla cresta dell’onda e, se fino a qualche decina di anni fa in spiaggia ci si accontentava del “cocco bello” e della “bomba” al limone portati in spiaggia dagli ambulanti, nel giro di qualche anno l’intraprendenza romagnola ha avuto il sopravvento.
Ormai sempre più bagnanti optavano per gli alberghi a mezza pensione e molti altri non avevano voglia di tornare a casa a spignattare per il pranzo, facendo la fortuna dei piccoli chioschi di piadina posizionati in punti strategici sul lungomare. Nello stesso periodo alcuni bagnini iniziarono a offrire i primi spaghetti con le poverazze, i risotti ai frutti di mare e i fritti misti in stile trattoria con prezzi popolari e vino sfuso che inizialmente non preoccupavano i ristoranti dei dintorni (se volete sapere quali sono i piatti romagnoli da non perdere leggete qui).
In molti casi con l’aumento della domanda l’offerta si è livellata su uno standard medio-basso e molti piatti da casalinghi sono diventati dozzinali. Ancora oggi di solito il pranzo al lido non rientra nelle esperienze memorabili.
Da qualche anno anche su questo fronte sono cambiate le cose e alcuni bagni della riviera si sono adeguati alla richiesta di una cucina più ricercata finendo per attrarre anche i clienti di altri stabilimenti in cerca di un buon piatto pur rimanendo in costume e ciabatte. Insomma la filosofia è piuttosto chiara: se il turista non va al ristorante, il ristorante arriva in spiaggia. Sono nati così i bagni “gourmet” dove l’offerta di una gastronomia più “alta”, classicamente di pesce, si sposa con un clima informale che accompagna il cliente dalla brioche mattutina fino alla cena, quando si chiudono gli ombrelloni e la spiaggia regala la sua brezza serale.
A partire dal 2017 un’ordinanza regionale ha permesso di effettuare orari più elastici e l’apertura tutto l’anno, finendo per avvantaggiare i concessionari degli stabilimenti balneari (anche a discapito degli storici ristoranti che non si trovano sul mare).
Per capire come stanno le cose ne abbiamo visitati tre tra i più famosi della riviera, tutti rigorosamente a pranzo, e ve li raccontiamo qui, con i prezzi e i nostri consigli