A un forestiero come me, Parma si presenta come un città dalle due anime gastronomiche. Da una parte c’è quella superficiale, stereotipata, fatta di ristoranti della tradizione ormai cristallizzate e inamovibili, difese con pervicacia anche di fronte al giusto revisionismo storico che, per un curioso contrappasso, prende le mosse proprio dalla cattedra di Storia del Cibo della sua università: paste ripiene in quantità da contrada Bengodi, anestesie di burro e Parmigiano, lambruschi anacronistici e una peculiare passione per lo Champagne, ché siamo pur sempre nella “piccola Parigi”, condividendo con la capitale francese l’architettura e l’urbanistica di Petitot e una “rive gauche” nell’Oltretorrente.
E c’è una Parma meno immediata, che in qualche modo si difende dal turismo della “City of Gastronomy UNESCO” ma sa e vuole accogliere chi dimostra di volerla scoprire. Un piccolo mondo di osterie, enoteche, botteghe e ristoranti che prendono a partire da un approccio laico al vino naturale hanno sviluppato un rapporto nuovo con la tradizione fatto di confronto, evoluzione e passione per l’artigianalità. In questa gourmap troverete una passeggiata che vi farà scoprire le diverse sfaccettature di questa affascinante personalità parmigiana, con giusto una puntata appena fuori dal centro. Una guida ai migliori ristoranti di Parma, oggi.