La classifica di Forbes dedicata ai 25 chef più influenti d’Italia arriva in un momento particolare. L’ultima presentazione della World’s 50 Best Restaurants non è stata magnanima con la rappresentanza gourmet italiana. Al netto della performance da ottimo “esordiente” di Norbert Niederkofler, con una generica perdita di posizioni e l’esclusione totale di Enrico Bartolini, la prossima edizione dell’evento non sembra promettere grandi rivoluzioni per i nostri colori, e non ci possiamo certo aspettare favoritismi per la nostra posizione di padroni di casa, visto che il red carpet si terrà in quel di Torino.
La risposte della critica è stata pressoché unanime, auspicando -con poco entusiasmo, in verità- un’azione più orchestrata e organica della nostra ristorazione gourmet, con azioni volte a raccontare e rappresentare al meglio i nostri talenti agli occhi degli addetti ai lavori, chef e appassionati che costituiscono l’academy che ogni anno redige la patinata classifica. Sarebbe ora, perché con il talento puro dei singoli, da Romito a Camanini, si è fatto veramente tutto quello che si poteva fare.
In questa congiunzione così delicata ecco entrare in scena Forbes, testata abituata a redigere classifiche di valore, come l’ambitissima “Under 30”, in cui ogni anno si esaltano i giovani talenti in vari settori, dall’intrattenimento alle scienze, che dà il suo contributo alla causa con un’ulteriore classifica, quella dei “25 chef più influenti”, al suo primo anno – deduciamo quindi che ne seguiranno altri – e redatta da la direttrice di La Cucina Italiana Maddalena Fossati Dondero con la collaborazione di Casa Artusi, Accademia italiana di cucina e al Collegio Culinario.
La classifica
Ora, tutte le classifiche sono opinabili, e si fanno anche per questo, per creare dibattito. E ognuno degli chef presenti ha la sua brava giustificazione, sacrosanta ci mancherebbe altro. D’altronde non si può certo dire che i redattori di questa classifica abbiano fatto chissà quale sforzo di fantasia visti i nomi: Bottura, Cannavacciuolo, i Cerea, Crippa… mostri sacri, il cui posto nell’olimpo culinario non è certo in discussione. È il concetto di “influente” che però mi lascia perplesso. L’avessero chiamato “gran galà” o “telegatti della cucina” non ci sarebbe stato nulla di male, ma siamo sicuri che siano questi mostri sacri a stare esercitando oggi un’influenza in cucina, e quindi a modificare nel concreto quello che ci ritroveremo nei piatti gastrofighetti di domani?
Cosa intendiamo per chef influenti? Chi manca tra i 25 secondo noi
Pensando a chi in pochi anni ha cambiato in maniera percepibile il panorama della ristorazione italiana, il primo nome che mi sovviene è quello di Jacopo Ticchi, chef del ristorante Lucio a Rimini, il suo lavoro sulla frollatura del pesce è una delle pochissime vere rivoluzioni propriamente dette che abbiano attraversato la ristorazione, a volte fornendo ispirazione, altre creando epigoni, com’è naturale che sia. Con un nuovo ristorante sul mare in arrivo e già una presenza nella classifica degli Under 30 proprio di Forbes, nessuno ha pensato di includerlo? A
nalogamente si può pensare al lavoro di Edoardo Tilli sulla carne, di Antonio Chiodi Latini sulle verdure, di Marco Ambrosino sull’approccio intellettuale alla cucina.
E se Diego Rossi ha sicuramente lasciato la sua traccia dando di fatto l’avvio alla diffusione delle neo-trattorie, definirlo “outsider” fa un po’ ridere. Sulla presenza di Alessandro Borghese invece temo non ci sia nulla da ridere.
Sia chiaro, non spetta certo a Forbes prendere il comando della situazione e dare ordine alla manovra della nostra compagine stellata, ma ci ha aiutato a intuire un problema: un raduno per una sfilata e un massaggio dell’ego è sempre gradito, speriamo ci sia altrettanta sollecitudine nel ragionare di gruppo, per farsi trovare pronti alla “nostra” edizione della 50 Best e non trovarsi poi a rosicare sul perché il resto del mondo non capisca quanto siamo più bravi di loro.