E anche questa Guida Michelin 2020 è andata: lo so, lo avete pensato anche voi. Un minuto prima eravate tesi e ansiosi come alla finale dei mondiali, e quello dopo aver letto la lista delle stelle 2020 il Riccardo Garrone che è in ognuno di noi si è palesato. Sì, anche questa Michelin se la semo levata dalle palle. Evviva.
I colleghi compiaciuti per le stelle acquisite dai ristoranti del loro paese, i selfie tra cuochi, i selfie tra cuochi e giornalisti, la diretta online con gli assessori del piacentino che parlano della food valley. Bottura entusiasta. I post social sgrammaticati di chef che sentitamente ringraziano.
Quello che ancora non ci siamo levati dalle pal** e di cui non ci siamo ancora alleggeriti, però, è la ridda di polemiche che inevitabilmente la segue. È ancora un po’ presto per il solito elenco di schede sbagliate, segnalazioni di locali chiusi e varie sviste di pubblicazione spacciate per complotti ai danni di questo o quel ristoratore/scena gastronomica, per cui concentriamoci su questioni più concrete e utili, e cerchiamo di capire quali segnali ci ha lanciato quest’anno Bibendum.
Il nuovo tre stelle: Enrico Bartolini al MUDEC, Milano
Niente da dire, Bartolini ha fatto il Bartolini. Metodico, disciplinato, perfezionista e inesorabile. Lo è sempre stata la sua cucina, in cui i piatti evolvono costantemente secondo ferree logiche tecniche e non su ispirazioni o sprazzi creativi, e l’uomo agisce in totale coerenza. Anche se nella sua prima incarnazione nell’Oltrepò Pavese la prima stella gliel’hanno fatta sudare (e lui non mancò di esprimere il suo disappunto), lo stile Bartolini è ormai un ecosistema di talenti e imprenditorialità, e la seconda stella al Glam di Venezia è lì a dimostrarlo.
Forse non è stato il tristellato più coraggioso che potessero scegliere per dare un segnale forte, ma sicuramente uno tra i più dovuti, sulla classe non si discute, ed è riuscito là dove non è riuscito Cracco (e nemmeno il Sadler dei tempi d’oro): a Milano torna un tre stelle.
Il non due stelle
Ok, ora diventa una questione di principio. La mancata seconda stella al Lido84 di Gardone Riviera grida vendetta. Dalla cucina di Riccardo Camanini escono piatti ormai iconici (quante “sarde alla brace” abbiamo visto negli ultimi mesi?), e quest’anno anche il resto del mondo se n’è decisamente accorto. Qualsiasi ipotesi avessi potuto azzardare per il 2019, quest’anno sarebbe solo pretestuosa. Davvero un mistero, e dire che un segnale di discontinuità rispetto alla stereotipata e pachidermica Michelin l’hanno dato eccome.
I non più due stelle
Condivido il pensiero di Marco Bolasco, che ha visto nel declassamento di Casa Vissani a Baschi e di Al Sorriso a Soriso (entrambi hanno perso una stella su due, ndr) la volontà di trasmettere un messaggio forte e chiaro: non ci sono intoccabili. E il Gianfrancone nazionale non ha certo mancato di far pervenire una sua pacata e lucida analisi della situazione: “La Michelin è una vergogna italiana” e lui non vuole confrontarsi “Con altri chef né essere giudicato da ispettori messi in piazza dai francesi”.
Nord vs Sud
Sembrerebbe l’anno della consacrazione della ristorazione del Sud, viste le tantissime nuove stelle, ma manca ancora il bersaglio grosso. Gennaro Esposito vince il premio “mentor chef”, ma un nuovo bistellato e men che meno un tristellato (e i candidati non mancherebbero) ancora non si vedono. E non tocchiamo nemmeno il discorso pizzerie.
Stelle d’oriente
Quando i ristoranti etnici sono apparsi nella lista dei Bib Gourmand 2020, è diventato lecito chiedersi con anche maggior insistenza se degli altri rappresentanti delle cucine del mondo potessero finalmente ricevere il macaron. Per me la risposta era ovviamente sì, con Wicky’s (Milano) e Serica (sempre Milano) nella mia personale pole position, e invece niente.