Ce la faremo a fare una cosa giusta, ogni tanto? A dare un senso concreto a questo Green Pass che per il momento resta solo uno sgorbio di QR in galleria immagini? Il modello francese – passaporto vaccinale per accedere a ristoranti e bar, così da far leva sugli indecisi – non sembrava niente male: l’annuncio di Macron è stato giudicato subito positivamente dal generale Figliuolo, e la sua efficacia è confermata dai fatti, perché in Francia si è arrivati a due milioni di prenotazioni dopo due soli giorni, è notizia di oggi.
L’ipotesi è tra quelle allo studio del Governo italiano, la settimana prossima è prevista una cabina di regia ma già domani potrebbe esserci un primo incontro informale. Il problema è che Mario Draghi vede allargarsi rapidamente il fronte del no, e siccome il suo esecutivo si regge su un delicato equilibrio che richiede l’appoggio di tutti i partiti o quasi, non è improbabile che ancora una volta le ragioni della peggior politica prevarranno su quelle del buon senso. A pensarci bene sembra assurdo anche stare a parlarne: sembra strano non vedere i centri vaccinali presi d’assalto da orde di cittadini che dopo tanti morti, tanto spavento, pretendono di avere subito la seconda dose e per sicurezza anche una terza. Invece siamo qui a cercare di capire cosa precisamente intendano i no-vax per “dittatura sanitaria” e soprattutto per “diritti umani”.
Ha iniziato subito Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, con un tweet dai toni apocalittici: “L’idea di utilizzare il green pass per poter partecipare alla vita sociale è raggelante, è l’ultimo passo verso la realizzazione di una società orwelliana. Una follia anticostituzionale che Fratelli d’Italia respinge con forza. Per noi la libertà individuale è sacra e inviolabile” (inutile stropicciarsi gli occhi su questa ultima frase, lo ha detto davvero). Poi è arrivato Matteo Salvini, leader della Lega, che ha semplicemente twittato: “Non scherziamo”.
Ma la divisione corre all’interno dello stesso Governo, dato che mentre il Ministro della Salute Roberto Speranza è possibilista e ha parlato di sette giorni per decidere, il suo sottosegretario Andrea Costa, ai microfoni di Radio Anch’io su Rai 1 ha detto: “Per quanto riguarda l’obbligatorietà del green pass, un conto è se parliamo di discoteche o stadi ma per i ristoranti e i bar è eccessivo anche perché si introdurrebbe un elemento economico: pensiamo alla famiglia che va a mangiare una pizza e li costringiamo a pagarsi il tampone. Io credo che su questo sarei cauto”.
E gli stessi deputati M5s in Commissione Affari sociali: l’ipotesi è “prematura e pone interrogativi per coloro che devono forzatamente ricorrere al tampone”. Il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana sembrava favorevole all’inizio, ma poi ha precisato: “Io non ho detto che si debba incentivare il green pass. Ho detto che, laddove è stato previsto, siamo nelle condizioni di poterlo applicare, perché la nostra campagna vaccinale sta andando molto bene. Non è che io chieda l’utilizzo del green pass per andare al ristorante. Ci sono alcune attività per quali è richiesto l’utilizzo del green pass, ma ci sono dei conflitti a livello di garante della privacy. In Lombardia le vaccinazioni stanno andando in maniera eccellente, non ci sono sacche di resistenza. Per cui non abbiamo nessun bisogno di stimolarli con ulteriori incentivi. Noi, se ne avessimo avuto di più, avremmo già probabilmente concluso la campagna vaccinale”. Quindi in Lombardia di indecisi e no vax non ce ne sono, secondo il suo governatore.
Ma le stesse associazioni di categoria non sembrano aver capito la posta in gioco. Per esempio Fipe-Confcommercio, per bocca del suo Direttore generale Roberto Calugi: “La campagna vaccinale va sostenuta, incoraggiata e, possibilmente, velocizzata. Questa è la nostra migliore arma per un ritorno alla stabilità delle nostre vite. Quello che tuttavia non è accettabile è che, per raggiungere l’immunità di gregge, si finisca per penalizzare sempre le solite categorie. I pubblici esercizi hanno pagato più di ogni altro settore nei 16 mesi della pandemia, sia in termini di perdita di fatturati che in termini di posti di lavoro. Andare ancora una volta a pesare sulle nostre attività significa compromettere la ripartenza”. Certo se l’alternativa al green pass obbligatorio fosse il via libera per tutti, se cioè fossimo sicuri di restare in zona bianca per sempre, chi non ci metterebbe la firma? Ma se invece i contagi risalissero, e le regioni tornassero a colorarsi di giallo e rosso, per i ristoranti non sarebbe meglio avere meno clienti piuttosto che chiudere?
[Fonti: SkyTg24, Ansa, HuffingtonPost, Quotidiano Nazionale, Il Giorno]