Ci siamo: dal 15 ottobre il Green Pass è obbligatorio per tutti i lavoratori. Tra questi, quelli di ristoranti e bar, ma anche di supermercati e aziende della filiera alimentare – dalla produzione alla distribuzione. Il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha firmato due dpcm sui controlli e sulla PA; sul sito del Governo sono apparse delle Faq aggiornate: il quadro generale è un po’ più chiaro anche se dei dubbi e delle perplessità permangono. Per esempio rallentamenti nella logistica e nei trasporti potrebbero portare presto a una mancanza di merci sugli scaffali dei supermercati.
In generale poi potrebbe collassare il sistema dei tamponi: si calcola che i lavoratori non vaccinati siano circa 3 milioni e mezzo (22 milioni di lavoratori, la percentuale generale dei non vaccinati è il 15%), se ognuno facesse come deve un tampone ogni 2 giorni si arriverebbe a 10 milioni di tamponi alla settimana. Vedremo che succede, e non abbiamo pietre di paragone, perché l’Italia è il primo paese d’Europa a introdurre il green pass per accedere a tutti i luoghi di lavoro, pubblici e privati. Solo la Grecia, dallo scorso settembre, ha reso obbligatorio un tampone settimanale per tutti i lavoratori non vaccinati.
A chi si applica
A chi si applica l’obbligo? Ai dipendenti, ovviamente. Ma anche ai datori di lavoro, se svolgono a loro volta mansioni lavorative all’interno dell’azienda. Ed è un caso molto frequente, quello del socio lavoratore, nei ristoranti a conduzione familiare o comunque piccoli.
Inoltre le nuove norme chiariscono che anche altre categorie di lavoratori, per così dire esterni, devono avere la certificazione verde: “i dipendenti delle imprese che hanno in appalto i servizi di pulizia o ristorazione, il personale delle imprese di manutenzione che, anche saltuariamente, accede alle infrastrutture, gli addetti alla manutenzione e al rifornimento dei distributori automatici di caffè e merendine, quelli chiamati anche occasionalmente per attività straordinarie, i consulenti, i collaboratori, nonché chi frequenta corsi di formazione, i corrieri che recapitano posta, destinata ai dipendenti che dovessero riceverla in ufficio (anche i corrieri privati dovranno essere provvisti di green pass se accedono alla struttura)”.
I controlli
Chi fa i controlli? Naturalmente le singole aziende: può essere nominato un responsabile, altrimenti l’obbligo resta in capo al titolare stesso. Ci saranno app specifiche per PA e aziende con grandi numeri. Le aziende piccole, quali tipicamente sono i ristoranti e i bar, continueranno a usare l’app Verifica C19. In ogni caso, ha sottolineato il garante, il controllo “non dovrà comportare la raccolta dati dell’interessato in qualunque forma”
Quando si fanno i controlli? Ovviamente nel momento dell’ingresso al lavoro. Però è previsto il caso di richiesta anticipata: “per far fronte a specifiche esigenze di natura organizzativa, come ad esempio quelle derivanti da attività lavorative svolte in base a turnazioni, o connesse all’erogazione di servizi essenziali”, dice la norma appena approvata, il datore potrà chiedere il Green pass anche con anticipo, fino a 48 ore prima (il che nel caso di certificazione derivante non da vaccino ma da tampone può costituire un problema).
Le esenzioni
Sono previste eccezioni, o meglio esenzioni: i soggetti che non possono effettuare il vaccino. Per loro si sta predisponendo un apposito QR code, analogo a quello che deriva dalla vaccinazione o dal tampone negativo: nel frattempo, si sopperisce trasmettendo la documentazione sanitaria al medico aziendale.
Le conseguenze e le sanzioni
Cosa succede a chi non ha il Green pass? Viene sospeso dal lavoro e a partire dal quinto giorno è senza diritto allo stipendio, e a qualsiasi altra componente della retribuzione, anche di natura previdenziale, avente carattere fisso e continuativo, accessorio o indennitario. Inoltre i giorni di assenza ingiustificata non concorrono alla maturazione delle ferie e comportano la perdita della relativa anzianità di servizio. Non ci sono altre sanzioni né di natura pubblicistica (amministrative, penali) né privatistica (sanzioni disciplinari) e questo è importante perché vuol dire che il lavoratore non rischia il licenziamento neanche nel caso di comportamento continuativo.
Sanzioni sono previste invece per i datori che non effettuano i controlli: dai 400 ai 1.000 euro. In caso di violazione reiterata, la sanzione amministrativa è raddoppiata. La stessa multa è prevista per il datore di lavoro che non predispone le misure organizzative necessarie.
Diverso il caso di chi imbroglia: il lavoratore che in qualche maniera aggira i controlli e si trova in azienda senza Green pass, rischia dai 600 ai 1500 euro, se il datore come deve, effettua la segnalazione alla Prefettura. E non si escludono le sanzioni disciplinari.
Sostituzione del lavoratore senza Green pass
Possibile quindi che si determini una situazione di stallo per i piccoli locali, ai quali potrebbe non bastare essere esentati dal pagare lo stipendio al lavoratore assente: sussisterebbe il problema di restare senza le risorse necessarie. Ma per i gestori di ristoranti c’è uno spiraglio nella norma emessa per le aziende con meno di 15 dipendenti: dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata, il datore di lavoro può sospendere il lavoratore per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, ma comunque per un periodo non superiore a dieci giorni, rinnovabili per una sola volta.
Quando finisce l’obbligo
In teoria, questa storia dovrebbe durare due mesi e mezzo: dal 15 ottobre 2021 al 31 dicembre, data in cui è prevista la fine dello stato di emergenza. Non è improbabile però che quest’ultimo venga prorogato come è già stato fatto varie volte dall’inizio della pandemia.
E le altre restrizioni?
I protocolli e le linee guida di settore contro il COVID-19 restano in piedi. L’obbligo di Green Pass non via venire meno le altre restrizioni e le misure di sicurezza: sanificazione delle sedi aziendali, uso delle mascherine nei ristoranti e nei bar, distanziamento.