Cosa dire che non sia già stato detto del Glam, ristorante all’interno di Palazzo Venart a Venezia, due stelle Michelin, eccellenza all’interno della vasta galassia di Enrico Bartolini, che non sia già stato detto?
Cosa aggiungere di nuovo e di inedito nel recensire la cucina (e anche la figura) di Donato Ascani, chef alla guida di uno dei ristoranti migliori d’Italia? Dall’apertura, nel 2016, la crescita gastronomica – ma anche culturale, verrebbe da dire – è stata incessante e l’impressione che se ne ricava è quella di un progetto che si srotola attraverso una narrazione ed uno stile decisamente coerenti.
Ristorante Glam: l’ambiente
Il contesto all’interno del quale si trova il Glam è quello di Palazzo Venart, ex Palazzo Bacchin delle Palme, protagonista di un restauro raffinatissimo (trabeazioni in legno, pavimenti alla veneziana, boiserie orientaleggianti e pregiati velluti, che si aggiungono ad affreschi del Rinascimento, caminetti in marmo, arredi d’epoca) che l’ha trasformato in un hotel 5 stelle luxury di proprietà della catena taiwanese Ldc. Gioiello nello scrigno è il Glam: una sala di dimensioni contenute, oggetto di un recente rinnovamento che ha visto abbandonare le iniziali spatolature argentate e dorate, a favore di una scenografia parietale che richiama una giungla e che gioca – in piena coerenza con il resto delle scelte stilistiche e cromatiche – con colori neutri, gradazioni che vanno dal marrone al bianco passando per il seppia e il beige, riuscendo contemporaneamente a restituire raffinatezza senza tradursi nella banalità dell’arredo d’interni di abitazioni in serie che obbediscono a criteri di quiet luxury.
Come si arriva al Glam
Tra le due modalità di accesso è difficile dire quale offra la sponda migliore alla cucina: se da un lato infatti l’approdo acqueo dal Canal Grande e attraverso uno splendido giardino è certamente la più scenografica – oltre ad essere un riferimento al passato, quando ai palazzi cittadini si accedeva via acqua – dall’altro, percorrere la stretta calle Tron e vedere svelato attraverso un cancello l’altro giardino, protagonista del quale è una profumatissima magnolia, non è da meno, permettendo di scorgere la sala del Glam dalle vetrate.
La cucina, i piatti e la sala
Un passato all’Alma con Gualtiero Marchesi, poi quattro anni da Crippa al Duomo di Alba e un periodo con Lopriore ai Tre Cristi di Milano, infine l’incontro con Enrico Bartolini: il curriculum di Donato Ascani ne racconta solo in parte il talento, che se è trasversalmente riconosciuto, qui a Venezia si è tradotto non solo in piatti che riescono contemporaneamente a rivelare complessità esecutiva, purezza dei sapori e intelligibilità sia per gli addetti ai lavori che per la clientela, ma anche a trarre da Venezia e dalla laguna un ulteriore aspetto di una identità che sembra quasi esaurita, in alcuni casi vivendo dei fasti nel passato e finendo per ripiegare su sé stessa.
Questo si traduce sia nella capacità di riscrivere la storia di certe ricette classiche (è il caso del popolare tramezzino e del fegato alla veneziana, che qui diventano un boccone raffinato - anche esteticamente – con alici marinate, olive, limone e persel da una parte e una cialda ai semi antichi con il fegato dall’altra) dando loro una freschezza inedita, sia nell’utilizzo di ingredienti “poveri” (il piatto più iconico, le acquadelle in salsa, nasce dal recupero di un pesce in genere scartato), sia nell’abbandono di una certa narrazione ormai stantia (le spezie e il passato della città.
Qui le spezie ci sono – un esempio è il ras el hanout nella zuppetta di cetriolo – ma non sono strillate né teatrali). Ascani insomma, è riuscito a far raccontare a Venezia ancora qualcosa, evitando ripetizioni e ovvietà. A ciò si aggiungono uno sguardo alle proprie origini, una buona dose di ironia mescolando alto e basso, nobilitando interiora e rendendole regali (è il caso dei conchiglioni e frattaglie di mare), e una finezza compositiva che non obbedisce solo a canoni estetici ma è capace di dare ad essi un contenuto ed una sostanza che rimane a lungo (la taccola con pecorino, capetonde e nepitella ne è un esempio).
E se in alcuni casi le proposte catturano il palato per morbidezza di consistenze e sapori (il panino con tartare di branzino e salsa ponzu ma anche spaghetti e risotto) dall’altra Ascani si prende i suoi bei rischi con toni amari che riesce a dosare con cura (gli agretti di laguna, yuzu e fasolari o il radicchio di Chioggia cotto, fiori di finocchietto e salsa acida condita con grani di senape e cannolicchi). Oltre all’uso delle affumicature, magistrale è infine il lavoro sui vegetali, con gli orti lagunari eletti a giardino delle delizie: meritano una menzione le zucchine con salsa acida e caviale di aringa e la melanzana fritta con sesamo e basilico.
Si potrebbe continuare, trovando non solo conferma di una mano da fuoriclasse ma anche la capacità di stupirsi nel momento in cui si è convinti di aver trovato la chiave di lettura. Il menu (ogni carta è un pezzo unico, che vede i disegni di un autore e acquarellista veneziano, Luigi Divari), in uno stile che rispecchia appieno il basso profilo e la modestia di Ascani, è un semplice e asciutto elenco, che elimina articoli e imbarazzanti aggettivi possessivi e tiene solo gli ingredienti. Due le possibilità di degustazione “Arte, orti e laguna” (250 euro) e “I classici del Glam” (280 euro), cui in verità si aggiunge un “Istintivo”, oppure alla carta.
Menzione per il servizio di sala, affidato alla precisione e sobrietà di Davide Bravetti, e per quello della cantina, che vede la bravura non comune di Ottavio Venditto, capace di muoversi agevolmente tra grandi nomi, come di uscire dal classico abbinamento cibo-vino per proporre tè, sakè o, cocktail, divertendosi, non sovrastando il cliente ma cogliendone al volo propensioni e attitudine.
Opinione
Due stelle Michelin all’interno di Palazzo Venart a Venezia, il ristorante Glam – parte della vasta galassia firmata Enrico Bartolini – grazie alla mano dello chef Donato Ascani, rappresenta uno dei migliori riferimenti non solo lagunari ma dell’intero panorama nazionale. La carta rappresenta la capacità di saper cogliere i tratti distintivi e meno ovvi della laguna coniugandoli con riferimenti che escono dai confini locali spaziando entro i confini nazionali. La cura estetica non è un mero esercizio di stile ma conferma quando a livello gustativo e sensoriale la cucina riesce ad esprimere, facendosi comprendere ed apprezzare sia dagli addetti ai lavori sia dalla clientela.
PRO
- Piatti accessibili a ogni livello, gastronomico e culturale