Esattamente dietro al Duomo, indiscusso simbolo di Milano, sorge una delle tante pizzerie di Gino Sorbillo Lievito Madre al Duomo.
Siamo andati a provarla per voi, ecco la recensione.
Se si pensa al mondo della pizza napoletana, uno dei primi nomi che senza ombra di dubbio vengono in mente è quello di Gino Sorbillo.
Napoletano DOC, appartenente ad una delle famiglie di pizzaioli partenopee più antiche; furono i nonni Luigi Sorbillo e Carolina Esposito a fondare nel 1935 la prima pizzeria nella storica Via dei Tribunali.
Oggi tuttavia Gino Sorbillo è molto di più di un “semplice” pizzaiolo: imprenditore, personaggio mediatico, fondatore della Casa della Pizza a Napoli, insignito Maestro di Arte e Mestieri dalla Scuola Internazionale di Cucina Italiana ALMA, ma soprattutto un gran comunicatore della tradizione e vero e proprio ambasciatore della pizza napoletana nel mondo.
I locali di Gino sono ad oggi ben 10, di cui 3 a Napoli, 4 a Milano, 1 a Roma, 1 a Genova e 1 a New York.
Ci siamo recati nel primo aperto all’ombra della Madonnina a Ottobre 2014, Lievito Madre al Duomo, di concezione molto simile alla storica pizzeria di Via dei Tribunali.
La coda
Sabato sera, ore 19.40, a quaranta minuti dall’apertura.
Il locale è già colmo, il primo turno è stato completato con tutta probabilità all’istante, e resta solo da attendere che i primi finiscano di mangiare; in coda ci sono circa 25-30 persone.
Quando si parla di colossi come Sorbillo e Da Michele, la coda è quasi sempre uno dei primi argomenti, specie nelle filiali partenopee.
Mettetevi il cuore in pace: per politica aziendale, non è MAI possibile prenotare, per nessuna ragione al mondo. A Milano, a onor del vero, la situazione è gestita nel miglior modo possibile: all’arrivo è necessario lasciare il proprio nome e il numero di commensali alla cassa, e attendere il proprio turno fuori (al coperto).
Siamo stati parecchio fortunati: in 15 minuti contati eravamo seduti al tavolo, pronti per ordinare.
Ad altri non è andata così bene; dopo le 20.00 la coda aumenta a dismisura, e i tempi di attesa volano tra i 50 e i 60 minuti.
Alcuni lamentano di essere in fila da tre quarti d’ora, nonostante gli sia stato detto che l’attesa sarebbe stata di 30 minuti.
Nota per il consumatore: in questi casi non è quasi mai colpa del personale, i minuti sono puramente indicativi, e l’attesa dipende da una serie di fattori, primo fra tutti la velocità in cui i commensali precedenti magnano e liberano il tavolo.
Quando vi recate da Sorbillo sapete a cosa state andando incontro, è inutile che ve la prendiate con la povera ragazza all’ingresso; l’educazione, come sempre, viene prima di tutto il resto.
Ambiente e servizio
Il locale è molto semplice, chiaro e illuminato, addobbato dei tanti simboli della tradizione napoletana e di quadri raffiguranti Sorbillo insieme ad altre celebrità del settore culinario.
Non mancano prodotti biologici sugli scaffali e oggetti che richiamano la storia del piatto, come quel contenitore di rame che veniva usato decine di anni fa per trasportare e vendere le pizze a portafoglio.
Il servizio è molto rapido e cordiale, e non ho notato nessun tipo di pressing dovuto alla coda (la mia più grande paura); certo, in alcuni casi potrebbe essere ben più personalizzato, ma non ho riscontrato nulla di negativo.
Il menu
7 antipasti, 7 pizze cotte a legna, 7 pizze speciali (le 7+), 7 birre in bottiglia, 7 vini, 7 dolci e 7 liquori: la carta di Sorbillo è di fatto semplice, con forti richiami alla tradizione e qualche piccolo estro o dedica.
Il cuore del menu è senza ombra di dubbio costituito dalle pizze, dall’Antica Margherita, alla Bufala DOP, fino ad arrivare a qualche gradita re-interpretazione come la Margherita Gialla dedicata a Massimo Bottura, o alla 7+ “Tarallo Napoletano”, realizzata con gli ingredienti del tarallo pepato con mandorle.
La “Pizza di Barbie” ce la potevamo risparmiare.
Con grande sorpresa, Gino Sorbillo si è negli anni dimostrato una personalità sì attaccata alla tradizione, ma comunque disposta al gioco, all’interpretazione, all’inventiva e all’arte; le pizze del suo menu ne sono chiara dimostrazione, in quanto (Antica Margherita a parte) di “classico classico” c’è ben poco.
Ecco, forse di troppo “classico” ci sono c’è la lista delle birre, con una referenza e una soltanto (Baladin, sempre quella) a difendere il comparto artigianale. A guardar bene, siamo di fronte a uno dei rari casi in cui la birra artigianale non viene nemmeno segnalata in quanto tale, come se la cosa non interessasse affatto o peggio, come non rappresentasse un valore aggiunto.
Piuttosto convenzionale la “carta” dei vini, standard assoluto per bevande analcoliche e liquori. Nota di merito per i dolci, di cui 3 su 7 del celeberrimo Sal de Riso.
In ultimo, la piccola carta con primi piatti, insalate e fritti, con menzione d’onore per le “Croquette” e le frittatine di pasta.
Nel complesso, il menu è poco immediato e un po’ confusionario: tra storytelling e sponsorizzazioni si rischia di perdere il filo del segno, o il senso delle priorità.
La pizza di Lievito Madre al Duomo
Siamo nella napoletanità più totale, inutile dirlo.
La pizza di Gino, specialmente quella dei brand “Lievito Madre” è quanto di più tradizionale possibile: ruota di carro, dimensioni generose (280-300 g a panetto, con i quali si arriva tranquillamente ai 40 cm), cornicione presente ma poco pronunciato e la classica maculatura tipica della cottura violenta.
L’impasto stesso, logicamente, deriva dalla ricetta classica della verace pizza, con qualche piccola variante: l’aggiunta di lievito madre, l’utilizzo di una farina 0 biologica del Mulino Caputo e soprattutto il raggiungimento delle 24 ore di riposo, abbastanza atipiche per la tradizione ma piacevolmente in accordo con la panificazione moderna.
L’impatto, all’arrivo della pizza, lascia abbastanza a bocca aperta: stesura da manuale, cornicione uniforme in tutta la circonferenza e pasta fina al centro in egual misura.
Sulla cottura, purtroppo, qualcosa stona, fattore sicuramente dovuto al gran numero di coperti nel locale: l’impasto non è perfettamente asciutto (sebbene manchi poco), e la base risulta leggermente indietro nella parte centrale e troppo avanti in corrispondenza del bordo.
Inevitabile è l’incontro ravvicinato all’effetto gomma a circa metà esperienza, e ad una leggera sete post-cena.
Il grandissimo pregio della pizza di Sorbillo, però, sono gli ingredienti della farcitura.
L’Antica Margherita è a dir poco perfetta nel suo equilibrio, bilanciata, profumata e balsamica, con picchi entusiastici dovuti al pomodoro e all’olio.
Interessantissima anche la Margherita Gialla, dedicata a Massimo Bottura: la sapidità equilibrata di conciato romano e provola misto latte di bufala smorza e accompagna egregiamente la dolcezza del pomodorino giallo.
E la Delizia al Limone di Sal de Riso è sempre una gran certezza; i dessert, dopotutto, meglio farseli arrivare che prepararli “in casa”, se non si ha la certezza di raggiungere determinati risultati.
I prezzi
Anche in questo caso, la media milanese è ampiamente rispettata.
L’Antica Margherita costa 8.30 euro, la Margherita Gialla 10,80, mentre le 7+ vanno dai 9.20 ai 12 euro.
Le birre vanno dai 5 ai 7 euro, si spazia 14 ai 55 euro per i vini, 3,50/ 4 euro per i fritti e tutti i dolci costano 6,50 euro.
I 2 euro di coperto (caspita!) completano il conto.
La pizza di Gino Sorbillo è tradizione pura, la miglior interpretazione ad oggi sulla piazza nella sua forma più antica e sfacciatamente napoletana.
L’esperienza compensa la spesa, su questo non c’è dubbio; ma vale davvero la pena, nel 2019, farsi un’ora di coda per mangiarsi una pizza che di speciale, mi duole dirlo, ha solo il nome?
Io dico di no.
Informazioni
Pizzeria Lievito Madre al Duomo
Indirizzo: Largo Corsia dei Servi 11 (C.so Vittorio Emanuele), Milano
Numero di telefono: 02 45375930
Orari di apertura: tutti i giorni dalle 12.00 alle 15.30 e dalle 19.00 alle 23.30
Sito Web: https://www.sorbillo.it/
Tipo di cucina: pizza napoletana a ruota di carro
Ambiente: informale
Servizio: rapido e cordiale, poco personale
Voto: 3.3/5